“I FANOJE ALLA VEGILIE DE SANDA CUNGETTE” DI FRANCO RINALDI

Leggiamo uno scritto di Franco Rinaldi, appassionato di storia e delle tradizioni prettamente sipontine, sui falò alla Vigilia dell’Immacolata Con

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Leggiamo uno scritto di Franco Rinaldi, appassionato di storia e delle tradizioni prettamente sipontine, sui falò alla Vigilia dell’Immacolata Concezione.

“Mi ricordo da ragazzo, che qualche giorno prima della Festa dell’Immacolata Concezione, si andava di casa in casa a far la cerca della legna: “a legna pa fanoje a Sanda Cungètte” o “a legne pa fanoje alla Cungètte” per il falò alla vigilia di Santa Concetta.

Per la questua della legna, si faceva prima il giro delle case di tutto il mio quartiere (abitavo vicino la chiesa di S.Michele); poi si andava presso “i frabbeche”  presso i cantieri edili dove erano in costruzione nuove abitazioni, per reperire “i sbadacchje avanzande” pezzi di legno che i carpentieri lasciavano a terra inutilizzati dopo la costruzione delle strutture per le abitazioni.

La raccolta della legna continuava presso le botteghe dei carradori “i maste carrire” (per la verità in quei giorni il capomastro si faceva trovare fuori della bottega ”pu staiule mmene” per paura di essere derubato del legname accatastato fuori della bottega); poi ci si recava presso le botteghe dei falegnami “i putoje i falegneme”: da “maste Dumeneche i Moneche”, da “maste Luigge a iatte”, da “maste Marcòcce veciune u lavandjine”, a raccattare “i vambogghje” (i trucioli) e pezzetti di legno che servivano per accendere “a fanoje”; infine, si andava “a mere u purte” (zona Molo di Levante) presso i cantieri navali, a chiedere (si fa per dire) i pezzi di legno di scarto sparsi nel cantiere vicino le barche in costruzione. Per la verità, il più delle volte venivamo inseguiti e presi a mal parole dai calafati, che erano gelosissimi del loro legname.

Man mano che la legna veniva portata nel punto stabilito per il falò, solitamente “ammizze i quatte candùne” veniva accatastata a mò di piramide.
I falò in tutti quartieri della Città venivano accesi verso le 20,30 alla vigilia dell’Immacolata Concezione.

La sera dell’accensione del falò la maggior parte delle persone del vicinato dove aveva luogo l’antico rito uscivano di casa e si riunivano intorno al fuoco. Ci si scaldava e nel contempo si scherzava, con il crepitio della legna che ardeva velocemente; dalle fiamme, che si innalzavano verso il cielo, fuoriuscivano “i sfaille” che scoppiettavano “pericolosamente” sulle teste dei convenuti. Quando la fiamma si abbassava, i ragazzi più coraggiosi si divertivano a saltare sul fuoco entrando in competizione tra loro e dicendo “’Nzi bbune a zumbè sopu fuche”, redarguiti continuamente dalle mamme e dalle nonne. Man mano che il fuoco si consumava, consuetudine voleva che sotto la cenere si mettevano a cuocere patate e cipolle e si arrostivano le sponsali  “sopa a radichele misse sope a nu trepide de firre”.

Prima di rientrare nelle proprie abitazioni, le donne riempivano con una paletta il proprio braciere di tizzoni ardenti e cenere  per riscaldarsi durante la notte. Ci si lasciava intonando una antica cantilena: ”…Tezzone e carevone ognune ognune ai chese lore, se tò n’ji ‘nde ne vè, passa a morte e te vone a pegghjè” (ripetuta per  tre volte).

In tutte le chiese si teneva e si tiene tuttora la Novena “a Nuoje” all’Immacolata Concezione.

Il rito dei falò alla vigilia dell’Immacolata Concezione continua tuttora  a Manfredonia presso la chiesa di S.Giuseppe a Monticchio, presso il quartiere “Croce” e presso il quartiere della case popolari della parrocchia di S.Carlo, dove grossi falò vengono accesi in onore dell’Immacolata.”

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