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Che ne sarà del trasporto pubblico provinciale e cittadino? La risposta al quesito è diretta conseguenza dell’interlocuzione in corso tra Regione Puglia e Provincia di Foggia. Il 25 marzo scorso è stato redatto l’aggiornamento del Piano di bacino. Ieri a Bari, presso l’Assessorato ai Trasporti, si è tenuto l’ennesimo incontro per definire la ripartizione delle risorse relativamente ai cosiddetti “Servizi minimi”. Assente il presidente della Provincia, per conto di Palazzo Dogana si son presentati il consigliere delegato Gino Fusco e il dirigente Giovanni D’Attoli. Già in una nota indirizzata nel giugno scorso all’assessore regionale Giovanni Giannini, Gatta aveva espresso una serie di perplessità in ordine al redigendo piano regionale. Tre le criticità a cui dare risposta: i servizi al cittadino, i livelli occupazionali e la sperequazione tra la provincia di Foggia (che subirà tagli) e le province di Lecce e Bari (che beneficeranno di incrementi).
PIANO “DISTORTO”. Gatta ha bocciato su più fronti il redigendo documento regionale. Anzitutto, questo sarebbe in contraddizione con il nuovo piano di bacino approvato (“La nuova definizione dei livelli dei servizi minimi modifica i presupposti sui quali sono stati sviluppati i piani” scrive Gatta). Ed è questo un primo, centrale, punto di doglianza. Quindi, “l’intera metodologia utilizzata dalla Regione Puglia per calcolare i livelli di servizi minimi è basata sull’ipotesi di rigidità (e non elasticità) della domanda di trasporto”, “in particolare essa consiste nell’aver ipotizzato che il numero degli utenti del trasporto pubblico rimanga immutato indipendentemente dal livello e dalla qualità dei servizi erogati”. La stima, peraltro, sarebbe basata sui dati Istat 2011 quando siamo nel 2019 e la pianificazione è proiettata nel 2029. “Ne deriva, che non è assolutamente detto che la sostituzione dei servizi su gomma con quelli su ferro assicurino l’invarianza della domanda”. “E’ molto probabile che la variazione dei livelli di accessibilità, così come delineata dalla presente proposta per l’Ato Fg, possa generare un travaso di utenti dal trasporto pubblico alla vettura privata”. C’è di più. Perché “non emerge alcuna azione volta a favorire l’integrazione modale tra ferro e gomma”.
I TAGLI e le criticità in Capitanata. “Con riferimento ai livelli dei servizi urbani proposti per l’Ato Fg si evidenzia che la riduzione complessiva ammonta ad un valore medio di circa 27% con punte del 73% (nel comune di Monte Sant’Angelo) e del 75% (comune di Mattinata)”. Vero è che “la riduzione dei servizi su gomma può essere bilanciata dall’incremento dei servizi su ferro” ma “negli otto comuni della Provincia di Foggia non esistono alternative di sistemi di trasporto urbano su ferro che possano bilanciarne la perdita”, il che genera inevitabilmente “l’abbandono del mezzo pubblico a favore del trasporto privato”, con tutto ciò che consegue anche in termini di peggioramento della qualità della vita e ambientale (congestioni, incidentalità, inquinamento) e di aumento di costi unitari del servizio di TPL. I tagli, insomma, lo renderebbero “non economico” sotto diversi punti di vista. La Puglia ne risentirebbe anche in sede di riparto nazionale dei fondi.
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