Un anno dopo la strage di mafia, la comunità si stringe attorno alla famiglia Luciani

Ore 8.15. Pathos e dolore questa mattina presto alla Stazione di San Marco in Lamis dove un anno fa, 9 agosto 2017, sono stati trucidati Luigi e Aurel

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Ore 8.15. Pathos e dolore questa mattina presto alla Stazione di San Marco in Lamis dove un anno fa, 9 agosto 2017, sono stati trucidati Luigi e Aurelio Luciani, per la commemorazione e la deposizione di corone per i due fratelli, vittima di mafia insieme alle loro famiglie.

Sono successe tante cose, la comunità sammarchese si è stretta attorno alla famiglia Luciani e ha fatto il suo dovere. La mafia garganica non ha avuto la giusta considerazione, oggi c’è invece consapevolezza. Ma è un fenomeno che non abbiamo ancora sconfitto”, ha detto il sindaco del Comune garganico Michele Merla, che ha annunciato di aver in animo di realizzare una edicola monumentale nel  Cimitero di San Marco in Lamis in onore dei fratelli Luciani in collaborazione con la Bcc.

Il sindaco Michele Merla, il collega sangiovannese Costantino Ciavarella, il consigliere regionale Napi Cera e gli altri intervenuti

“Non ci devono essere più fenomeni del genere. I cittadini del territorio non devono più morire barbaramente come è successo a queste due belle persone- ha continuato-  sono venuto nell’ultimo mese tre volte e ogni volta il silenzio dà il senso dell’ingiustizia che è accaduta”.

Presenti anche il referente di Libera Sasy Spinellie il presidente del Consorzio per la Bonifica della Capitanata Giuseppe De Filippo numero uno di Coldiretti. “Essere qui significa portare la testimonianza di Aurelio e Luigi e costruire l’impegno. Ringrazio la comunità di San Marco perché si è stretta attorno alla famiglia Luciani, aiutandola nella richiesta di verità e giustizia. Il nostro impegno deve andare oltre la scia emotiva”, il commento di Spinelli. “Questa è una terra di mafia, da tanto tempo. L’istituzione della DDA e il presidio continuo delle forze dell’ordine sono l’unica via d’uscita- ha rilanciato De Filippo- I cittadini andrebbero più spesso dai Carabinieri e dalla Polizia se fossero sicuri e certi della certezza della pena e del follow up. Questa è una provincia in cui i mafiosi vivono insieme a noi, li vediamo al bar. Se la mafia ti minaccia o ti incendiano qualcosa, non viene un amico a darti una mano ma viene a chiederti se sei stato minacciato. Di 27 amici usciti dal Liceo, solo 3 sono rimasti a Foggia. È un problema emergenziale, che va affrontato in maniera emergenziale: esiste una mappatura precisa delle famiglie mafiose. Il cittadino ha bisogno di certezze. È un dolore immenso, ma la mafia è anche quando noi giriamo la testa, il timore che non ci fa reagire” .

Anche il consigliere regionale Napoleone Cera ha avuto parole di cordoglio. “Commemorare i fratelli Aurelio e Luigi Luciani, alla presenza delle autorità e di tanti cittadini, è il segno che il progresso civile e sociale di una comunità non può essere fermato dalla cieca barbaria di killer senza scrupoli. A marzo la manifestazione nazionale di Libera a Foggia aveva mandato un chiaro messaggio alle associazioni criminali: la Capitanata non si sarebbe piegata alla paura e all’omertà. San Marco in Lamis ha sconfitto i briganti, sconfiggerà anche i criminali“, ha commentato.

 

 

 

 

Un anno dopo, la strage di mafia del 9 agosto 2017 alle 9.45 è ancora senza colpevoli. Per uccidere il 52enne manfredoniano Mario Luciano Romito, scarcerato 6 giorni prima, sono stati eliminati anche il cognato Matteo De Palma che gli faceva d’autista e i due innocenti, i fratelli di San Marco in Lamis Luigi e Aurelio Luciani, agricoltori di 47 e 43 anni, che percorrevano la Pedegarganica a bordo di un pick-up Fiorino, diretti verso i loro campi. Il pick-up dei fratelli Luciani è stato crivellato di colpi di mitra: due proiettili calibro 7.62 di Kalahnikov a testa e nuca per Luigi Luciani, il fratello Aurelio cercò di fuggire, scendendo dall’auto, percorrendo qualche metro, prima di essere raggiunto dai colpi.

La Dia nella sua relazione dà qualche prima lettura sulla strage, che non ha un carattere esclusivamente garganico, ma va inserita in una logica di espansione della Quarta Mafia.  Lo scopo era eliminare Mario Luciano Romito boss dell’omonimo. Ma si legge: “La strage è avvenuta in un territorio non nuovo a fatti di sangue ma estraneo alla “competenza” del clan Romito. Il boss assassinato, figura di primo piano della mafia garganica stava guidando un percorso espansionistico e di consolidamento del clan, potendo in ciò contare su una consolidata alleanza con strutture malavitose di Mattinata; e su importanti appoggi criminali anche in altre aree del foggiano, compreso il capoluogo, dove aveva come punto di riferimento il clan Moretti/Pellegrino/Lanza. Mario Luciano Romito era rimasto unico vertice del gruppo criminale dopo l’uccisione del fratello avvenuta durante la faida con il clan Libergolis degli anni passati, in seguito alla scissione tra la famiglia Libergolis di Monte Sant’Angelo e Romito di Manfredonia, a seguito del presunto ruolo di informatore che alcuni componenti di quest’ultima famiglia assunsero con i carabinieri”.

Le commemorazioni proseguiranno nel pomeriggio a San Marco in Lamis, prima con una Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo Vincenzo Pelvi alle 18.30 nella Chiesa dell’Annunziata e poi con un momento di riflessione in Piazza Madonna delle Grazie alle 19.45.
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