Etichette agroalimentari trasparenti, l’obbligo d’origine divide la Puglia. Da febbraio le confezioni di pasta e riso dovranno essere corredate da in
Etichette agroalimentari trasparenti, l’obbligo d’origine divide la Puglia. Da febbraio le confezioni di pasta e riso dovranno essere corredate da informazioni dettagliate sulla provenienza e tutto dovrà balzare agli occhi senza sforzi.
«È una scelta decisa e compiuta insieme al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda – afferma il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, annunciando la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei due decreti – che anticipa la piena attuazione del regolamento europeo 1169 del 2011. Il nostro obiettivo – assicura – è dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, rafforzando la tutela dei produttori e dei rapporti di due filiere fondamentali per l’agroalimentare made in Italy. Non rinunceremo a spingere ancora in Europa perché questi provvedimenti vengano presi per tutta l’Unione».
I decreti prevedono, a partire dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, una fase di 180 giorni per l’adeguamento delle aziende al nuovo sistema e lo smaltimento delle etichette e confezioni già prodotte. Quindi, l’obbligo definitivo scatterà il 16 febbraio per il riso e il 17 per la pasta.
In particolare, il decreto prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere in etichetta queste diciture: 1) Paese di coltivazione del grano, cioè il nome della nazione in cui il cereale viene coltivato; 2) Paese di molitura.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: «Paesi Ue», «Paesi non Ue», «Paesi Ue e non Ue». Infine, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come per esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: «Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue».
Per quanto riguarda il riso, invece, il provvedimento prevede che sull’etichetta devono essere indicati: 1) il Paese di coltivazione del riso; 2) lo Stato di lavorazione; 3) la nazione di confezionamento. Se le tre fasi vengono effettuate nello stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura «Origine del riso: Italia». Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: «Paesi Ue», «Paesi non Ue», «Paesi Ue e non Ue».
Secondo Gianni Cantele, presidente di Coldiretti Puglia, «con i due decreti interministeriali che introducono l’obbligo di indicazione dell’origine del riso e del grano per la pasta in etichetta si mette fine all’inganno dei prodotti importati dall’estero e spacciati per made in Italy».
Di tutt’altro avviso Onofrio Giuliano, presidente della Confagricoltura di Foggia, indiscusso granaio d’Italia: «Il nostro giudizio è positivo, ma avremmo auspicato un processo di etichettatura europeo, e cioé l’estensione a tutti i Paesi comunitari». «In pratica, l’obbligo che sorgerà da febbraio – osserva – varrà solo per il prodotto confezionato nel territorio italiano e distribuito nel mercato interno. Ma, in attesa che il provvedimento venga esteso a tutta l’Ue, la situazione ci soddisfa, anche se non al cento per cento».
Sulla stessa lunghezza d’onda, Francesco Divella, procuratore della «F. Divella Spa» di Rutigliano, a Sud di Bari. «Un produttore di pasta greco, per esempio, potrà – spiega – continuare a vendere in Italia senza dovere indicare l’origine della materia prima in etichetta. Ciò – denuncia – va contro i principi portanti dell’Ue, che fa della libera circolazione delle merci e della concorrenza leale le proprie colonne portanti. La legge obbliga di fatto, insomma, solo chi produce in Italia».
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