Duro richiamo della Corte dei conti al Ministero sull’Autorità portuale

Ribadendo le notazioni critiche già formulate nei precedenti referti, richiama l’attenzione del Ministero vigilante sulla necessità che la posizione

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Ribadendo le notazioni critiche già formulate nei precedenti referti, richiama l’attenzione del Ministero vigilante sulla necessità che la posizione dell’Autorità portuale di Manfredonia venga al più presto definita. Appare infatti indubbio che, in assenza di personale proprio, di idonei strumenti operativi e gestionali e di ridottissimi volumi di traffico, la gestione commissariale in atto non sembra rispondere agli scopi per cui sono state istituite le Autorità portuali”.
E’ il severo e circostanziato giudizio che la Corte dei conti ha sintetizzato nelle conclusioni della corposa “Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Autorità portuale di Manfredonia” varata il 14 luglio scorso. Una Relazione dettagliata che passa in rassegna tutti i vari aspetti di un ente che ha tradito completamente gli scopi per cui venne istituita orsono la bellezza di dieci anni. Ma l’aspetto più sconvolgente è quello di essere arrivati al decimo anno dalla istituzione peraltro improvvisata di questa Autorità portuale e dobbiamo ancora assistere alle reiterate “notazioni critiche già formulate nei precedenti referti” della Corte dei conti e al richiamo del “Ministero vigilante sulla necessità che la posizione dell’Autorità portuale di Manfredonia venga al più presto definita”. Una situazione assurda divenuta lo zimbello degli addetti ai lavori che hanno ripetutamente e aspramente denunciato quello che ancora qualche giorno fa il Corriere della sera ha definito “il caso clamoroso dell’Autorità portuale di Manfredonia” retto peraltro non da uno, ma da due commissari.
Dieci anni persi che hanno finito per penalizzare completamente lo scalo marittimo di Manfredonia in spregio alle unanimemente esaltate sue caratteristiche tecniche e dotazioni logistiche. In tutti questi anni solo una sequela di proclami privi di una qualsiasi azione operativa. Il risultato è la colpevole fuoriuscita di Manfredonia dal mercato dei traffici marittimi. Un sistema portuale di grande respiro, dal passato glorioso per traffici e occupazione, punto di riferimento fondamentale dell’economia non solo locale, ridotto ad un inutile orpello del golfo.
Una situazione di grave degrado che compromette anche le chance che potrebbero venire dall’attuazione dell’ormai prossima riforma portuale che prevede la soppressione di questa AP e la consequenziale confluenza del porto nella Autorità portuale di Bari ovvero del Levante. I progetti di rilancio delle attività dei porti pugliesi sono quanto mai allettanti. C’è un gran fermento di iniziative. E Manfredonia? Nulla si sa e si propone sul come questa struttura portuale potrà essere impiegata. I referenti istituzionali e imprenditoriali del territorio (locale ma anche provinciale) continuano a tacere, a disinteressarsi sulle possibilità di riattivazione funzionale del porto industriale e delle opportunità che offre. Iniziative non mancano. Manca la dovuta considerazione fin’ora rimasta in ombra dietro l’alibi dell’Autorità portuale. Ma non è più tempo degli indugi e delle mistificazioni: è indispensabile agire realisticamente e lungimiranza per innescare quei processi operativi che cominciano a venir fuori dalla crisi. Occorre che si decida se il porto debba continuare a rimanere una suppellettile inutile e allora a quel punto prima di vederlo finire in fondo al mare, sarebbe più onesto optare per la sua demolizione subendo tutte le conseguenze che la cosa comporta, ovvero debba essere considerata – è il sentimento corrente – una risorsa straordinaria da riportare alle sue funzioni di via aperta allo sviluppo, un trampolino di lancio per rinnovare e potenziare l’economia e restituire a Manfredonia il ruolo che la storia le ha assegnato ed i secoli hanno consolidato.
Michele Apollonio

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