Il denaro sta diventando il mezzo attraverso cui tutto ha un valore, un prezzo, anche ciò che non ha prezzo, non è quantificabile, quali i valori di o
Il denaro sta diventando il mezzo attraverso cui tutto ha un valore, un prezzo, anche ciò che non ha prezzo, non è quantificabile, quali i valori di onestà, libertà, etica, la politica. Il denaro è simbolo di potere e di potenza, è valore guida dell’esistenza umana, è, come ha ben dimostrato Serge Viderman, espressione dell’ambivalenza dell’uomo, il quale viene al mondo fragile, nudo e misero (non potrebbe sopravvivere senza le cure parentali) e diventa potenzialmente dominatore del mondo stesso; venuto al mondo vivo è già promesso alla morte, che cerca di superare con il successo, il potere, il denaro accumulato.
La questione, quindi, del rapporto tra denaro e politica è molto complessa, perché tocca il senso dell’esistenza umana, i sentimenti ed i valori più profondi, personali, intimi e sociali, dall’etica alla fede, al rapporto con il divino (la ricchezza come prova della benevolenza divina) e con la sua negazione, dato che il denaro si propone esso stesso come nuovo dio. L’analisi completa, quindi, richiede competenze e discipline diverse; perciò in questa sede si farà un esame parziale e limitato ad un approccio socio-antropologico.
IL TEMA è SENSIBILE, INDETERMINATO, QUASI UN TABù.
Ciò nonostante anche tale approccio è difficile per due ragioni fondamentali: 1) è un tema di ricerca sociale cosiddetto sensibile (come la sessualità), vissuto e considerato perlopiù come fatto intimo e privatistico ed anche come un tabù, come un qualcosa di cui non nominare pubblicamente invano, da tenere segreto perché sacrale. C’è in ciò un richiamo a quella antropologia profonda che è dentro ciascuno di noi, per cui la ricchezza non va ostentata, comporta invidia sociale, allontana la Fortuna-Tyche, la dea bendata, e perciò può produrre sfortuna, disgrazia divina. 2) il rapporto tra denaro e politica si muove perlopiù in modo non sempre esplicito e nell’opinione pubblica della città si materializza sotto forma, molto spesso, di episodi ed esempi, anche precisi e documentati ma fatti in modo anonimo, a tu per tu, anche perché si temono ritorsioni. Tutto ciò distorce e deforma quella realtà e quel fondo di verità che è pur presente, poiché in un paese ci si conosce tutti (quasi). Resta, comunque, una ambiguità ed indeterminatezza, chiaribile solo dai diretti interessati e protagonisti.
Nonostante tutte queste difficoltà la questione del rapporto fra denaro e politica va esaminato a tutti ii costi poiché ha un ruolo centrale e dominante nel determinare la possibilità o meno di una democrazia partecipata, di una competizione elettorale e politica non distorta e falsificata dall’uso enorme e spropositato del denaro, sia nella sua fisiologica necessità sia nella sua forma impropria ed illegittima. Partiamo utilizzando la tecnica socio-antropologica dei testimoni privilegiati, in questo caso Riccardi e Cascavilla che come fari hanno recentemente, sia pure parzialmente, illuminato la questione.
Successivamente ne approfonderemo gli aspetti etici-valoriali, quelli amministrativi-politici e quelli socio-antropologici e di mentalità.
ALCUNE DICHIARAZIONI DI RICCARDI E CASCAVILLA.
In occasione delle recenti primarie PD, il candidato Sindaco Riccardi ha pubblicato sui giornali la sua dichiarazione dei redditi 2013, affermando che “nel rispetto della trasparenza, nelle stesse identiche modalità, sperò che altri comunichino la propria situazione reddituale e patrimoniale”. È da ritenere sicuramente positiva tale iniziativa, specialmente se si supera l’implicito ed occasionale atteggiamento di sfida e si inserisce in modo sistematico e continuo nella logica del fare politica fondata sulla trasparenza. C’è in questa presa di posizione la consapevolezza del peso che il denaro e le risorse finanziarie hanno nell’influenzare l’opinione pubblica ed il relativo orientamento elettorale. Così si sfonda una porta d’acciaio chiusa da tempo, si rompe un tabù e si entra in quella auspicata e necessaria pubblicizzazione delle risorse che un politico utilizza e/o acquisisce nel corso della sua attività politica, tanto più se questa è svolta come lavoro e professione. Tutti i politici dovrebbero farlo; consiglieri ed assessori comunali e regionali, parlamentari del territorio, tutti quelli che svolgono un incarico retribuito su nomina politica in enti, organismi pubblici e società partecipate, all’inizio ed al termine del mandato. Ciò avrebbe un valore enorme, etico e politico, indipendentemente dal fatto che sia possibile un qualche mascheramento. Ciò sarebbe un atto di trasparenza che potrebbe rompere lo stereotipo negativo sui politici e rappresentare un inizio di un modo sano di fare politica. Del resto esiste una normativa che lo prevede ma che, purtroppo, è rimasta disattesa sulla carta poiché non sono previste sanzioni agli inadempienti.
L’ACQUA DELLA TRASPARENZA VA FATTA SCORRERE NELLA VALLE VERDE DEL PUBBLICO.
È ovvio che chi inizia e procede in questa direzione potrà ricavarne un indubbio vantaggio politico in termini di maggior credibilità. Una volta iniziato, tuttavia, questo percorso non può essere fermato, occorre procedere con passo svelto e regolare lungo la ripida salita della coerenza, sapendo che non si può più chiudere la porta aperta, pena la distruzione del sé e di ogni valore. L’acqua della trasparenza va fatta scorrere dalla diga fino in fondo nella verde valle del pubblico, per cui bisogna aprire anche le altre porte chiuse, altrimenti quest’acqua può rompere gli argini e travolgere tutto. Perciò, volendo procedere con continuità e coerenza su questa strada, è necessario che i protagonisti (Riccardi ed altri) rispondano alle domande della cittadinanza, già poste. Quanto è costata realmente la campagna elettorale delle amministrative 2010, aldilà di quando formalmente ed eventualmente scritto nell’apposita modulistica? Come e da chi sono venuti i fondi? È come sono stati usati? Perché non rendere pubblico il relativo bilancio? Gli stessi interogattivi si pongono in riferimento alla recente campagna elettorale per le primarie del PD del 21/12/2014. È opportuno che i chiarimenti e le informazioni in merito ricevute verbalmente dall’entourage di G. Prencipe e di Riccardi vengano rese pubbliche direttamente dagli interessati. Le stesse domande si pongono in riferimento alla prossima campagna elettorale per le amministrative 2015, di fatto già in atto.
La politica stessa guadagnerebbe tanto se tutto questo potesse diventare un costume.
I CONTRIBUTI ECONOMICI DEI POLITICI AL PROPRIO PARTITO.
Riccardi nell’indicare il versamento di euro 150 mensili al PD, implicitamente, pone un altro aspetto del rapporto tra denaro e politica. Nella tradizione, in particolare nella storia della sinistra, i politici con un incarico retribuito avevano l’obbligo di versare al partito una quota rilevante di tale somma (almeno la metà, se non l’intera somma, detratte le ritenute fiscali) per finanziarne le attività politiche, formative e sociali. Oggi c’è ancora questa sana tradizione? Che dimensioni e caratteristiche ha? Senza voler ingerirsi nella vita di un partito sarebbe importante rendere pubblico e trasparente i termini concreti di tale problematica. L’auto finanziamento del partito aveva ed ha un valore pratico ed ideale che va mantenuto e salvaguardato. Che ne dicono i vari partiti? Avranno il coraggio di esprimersi pubblicamente?
Nella seconda parte sarà affrontata la questione dei costi della politica ed i relativi aspetti socio-antropologici e di mentalità.
Silvio Cavicchia
Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”
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