è iniziato il fermo biologico

Dal primo agosto è cominciato il fermo biologico. È questa una misura indispensabile per il ripopolamento del mare, ma, dato il momento di particolare

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Dal primo agosto è cominciato il fermo biologico. È questa una misura indispensabile per il ripopolamento del mare, ma, dato il momento di particolare criticità per il mercato ittico che, complice anche la complessa situazione del comparto, rischia di schizzare con i prezzi. Aumenti che rischiano di arrivare anche a 3-4 euro al chilo per il prodotto. La legge sul fermo taglia in due le marinerie d’Italia: da Trieste a Bari le flotte rimarranno nei porti dal 1 agosto al 30 settembre, mentre da Brindisi a Imperia per tutto il mese di ottobre. In questo frangente l’approvvigionamento dei mercati si sposta da una parte all’altra dello stivale e, con la logica dell’asta, acquista chi è disposto a pagare di più, scaricando i rincari sull’acquirente finale. Il fermo, che, oltre a dare un po’ di tregua ai nostri mari, serve anche per mantenere redditizie (più o meno) le imprese di pesca, è un istituto della metà degli anni novanta: i primi anni coincisero con l’escalation che portò alle operazioni militari in Kosovo. Pesce azzurro, ma anche merluzzi, totani, polpi, seppie e triglie diverranno merce preziosa, l’arrosto di mare e le fritture rischiano di divenire più pesanti per il portafoglio o, in alternativa, di subire cambi di identità: «Aumenta in questo periodo anche l’importazione del prodotto – spiega Giuseppe Spinosa, vicepresidente nazionale dell’Anapi (associazione imprenditori piccola pesca) – da ogni parte del mondo». Per cui il consiglio è: occhi aperti e rivenditori di fiducia. L’altro aspetto del fermo è quello legato alle imprese: negli ultimi anni le marinerie pugliesi hanno visto ridursi drasticamente il numero di imbarcazioni e di addetti. Da Manfredonia, dove le imbarcazioni erano più di 500 ed oggi sono meno della metà, fino a Molfetta patria di imbarcazioni di grosso tonnellaggio che ha visto ridursi la flotta fino ad un 30% di quella attiva fino a 7-8 anni fa. Situazioni simili sono quelle di Mola di Bari, Monopoli e Gallipoli, dove pure i numeri restano stazionari, e sono in continua mutazione quanto a specificità delle imbarcazioni, oltre che in estrema difficoltà sul piano economico. «Alle difficoltà che il settore vive – denuncia Spinosa – si aggiungono ritardi nel riconoscimento delle integrazioni per i fermi biologici. Ad oggi molti lavoratori non hanno ricevuto i fondi relativi al fermo dello scorso anno». Da un paio di anni, riconoscendo la situazione complicata del comparto, il fermo prevede un risarcimento economico sia per le imprese (gli armatori) che per i lavoratori. Una cassa integrazione, prevista esplicitamente per alcuni contratti nazionali, esclusa formalmente ma poi riconosciuta anche per il settore della cooperative di pesca. Ma proprio questi ultimi lavoratori sono ancora in attesa dei soldi. «I primi anni – conclude Spinosa – i soldi dei fermi i marinai li ricevevano a Natale. Oggi ad un anno di distanza, ancora non vedono nulla e intanto devono fermarsi nuovamente».
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