Città dove si vive meglio (o peggio) in Italia: Pordenone batte tutti, Milano sul podio con Siena. Crotone e Reggio Calabria ultime.

Dove si vive meglio in Italia? Pordenone è la provincia che guida la classifica 2024 del 'Ben Vivere'. Bolzano perde, per la prima volta in sei an

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Città dove si vive meglio (o peggio) in Italia: Pordenone batte tutti,  Milano sul podio. Crotone e Reggio Calabria ultime. Top e flop, la  classifica completa

Dove si vive meglio in Italia? Pordenone è la provincia che guida la classifica 2024 del ‘Ben Vivere’. Bolzano perde, per la prima volta in sei anni, la prima posizione sul podio, scendendo di nove gradini fino al decimo posto. Il primato, dunque, passa a Pordenone (+1 posizione rispetto al 2023), il secondo posto è occupato da Siena, che sale di quattro gradini, e terza in classifica è Milano (+1).

Le città dove si vive meglio in Italia: le top in classifica

La classifica è stata presentata il 5 ottobre a Firenze nel corso del Festival Nazionale dell’Economia Civile. Si tratta della sesta edizione del ‘Rapporto sul Ben Vivere e la Generatività delle province italiane 2024‘: la ricerca è coordinata da NeXt Economia, con il supporto del Festival Nazionale dellpEconomia Civile, di Federcasse Bcc-Cr e di «Avvenire» e il finanziamento di Fondo Sviluppo. Nella top 10 ci sono quattro nuovi ingressi: Trieste – quarta (+19), Rimini – settima (+23), Udine – ottava (+11), Parma – nona (+2). Ad uscirne, invece, sono le province di Bologna (-3), Prato (-8), Gorizia (-3) e Ancona (-11). A completare la Top 10 Firenze (stabile al quinto posto) e Trento in sesta posizione (+1).

Le città dove si vive meglio: le flop in classifica

Ai piedi della classifica si collocano alcune delle province del Sud Italia:   Crotone e Reggio Calabria occupano rispettivamente l’ultimo e il penultimo posto. Taranto perde due posizioni rispetto al 2023 e scende al terzultimo gradino. Nella Flop 10 anche Caltanissetta (+1), Foggia (+3), Catania (-3) e Napoli (+3).

 

Alla presentazione della classifica hanno preso parte Sergio Gatti (direttore generale Federcasse-Bcc), Vincenzo Pacelli (professore associato in Economia degli intermediari finanziari Università degli Studi di Bari) e Salvatore Capasso (direttore del Dipartimento Cnr di Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale). «C’è un genere di finanza, quella dello sviluppo, che si pone come obiettivo l’inclusione finanziaria – ha detto Gatti – Questa è fondamentale nelle transizioni in corso, come dimostra il fatto che in Europa sia obbligatoria l’inclusione ambientale, ma probabilmente servirebbe più attenzione anche per quella sociale. Ora c’è bisogno di capire cosa accade nei territori accanto a questa progressione, che deve senz’altro essere virtuosa, ma che come ogni cambiamento ha un costo. Proprio per questo, questo VI Rapporto, rispetto a quelli precedenti, punta molto di più sulle proposte di policy».

 

Per Pacelli, «i mercati oggi sono il perno dello sviluppo economico mondiale, perché guidano il capitale, determinando gli investimenti. Pensiamo ai prezzi delle materie prime o quelli influenzati dalle meccaniche speculative. Se in origine l’economia finanziaria era a supporto di quella reale, oggi non è più così e questo accentua disuguaglianze di ricchezza, di reddito, di potere e di sviluppo. I mercati finanziari sono armi di chi ha il potere di usarli per generare disuguaglianze e trarne profitti, i cui strumenti sono anche elementi come conflitti e crisi».

 

Capasso ha spiegato: «Con la complessità e la crescita economica, l’economia diventa sempre più specializzata. Indicatori di sintesi specifici sono fondamentali, perché catturano dati che quelli di sintesi generali – come il Pil – non riescono a percepire. Qualità del lavoro, impatto ambientale e salute sono solo alcuni di questi elementi. Ci sono ovviamente ancora margini di miglioramento per questi indicatori grazie alle nuove tecnologie, che usano grandi database e permettono di catturare e strutturare dati in maniera più sofisticata».

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