Pensioni, troppe uscite anticipate: in media a 64,2 anni, numeri da incubo. L’allerta Inps: «Così il sistema è a rischio»

In Italia i lavoratori vanno in pensione mediamente a 64,2 anni. È quanto risulta dal XXIII Rapporto annuale dell'Inps. “L’elevato livello di sp

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In Italia i lavoratori vanno in pensione mediamente a 64,2 anni. È quanto risulta dal XXIII Rapporto annuale dell’Inps. “L’elevato livello di spesa per pensioni riflette due caratteristiche del sistema previdenziale italiano. La prima – spiega il Rapporto – riguarda l’età di pensionamento: nonostante l`età per l`accesso alla pensione di vecchiaia sia a 67 anni, il livello più alto nell`Unione europea, l`età effettiva di pensionamento è ancora relativamente bassa (64,2), a causa dell’esistenza di numerosi canali di uscita anticipata dal mercato del lavoro”. Il secondo elemento che fa lievitare la spesa è “la generosità del sistema, che può essere misurata in termini di tasso di sostituzione delle pensioni, ovvero di rapporto tra pensione e ultimo stipendio percepito prima del pensionamento”. Va tenuto conto che le riforme adottate negli anni ’90, con introduzione del sistema di calcolo ‘contributivo’ “sono state implementate gradualmente”, quindi l’effetto “sta iniziando a farsi notare solo ora”

I volumi degli utenti e i dati economici e finanziari del bilancio dell’Inps sono rappresentativi di questo ruolo: 16 milioni di pensionati, oltre 26 milioni di lavoratori assicurati e 1,8 milioni di imprese. I dati di bilancio sono ancora più espliciti: nel 2023 il totale delle entrate accertate dall’istituto è stato pari a 536 miliardi di euro, di cui 269miliardi sono costituiti da entrate contributive (+5,1% rispetto al 2022) e quasi 165 miliardi da trasferimenti correnti dalla fiscalità generale (+3,3% rispetto al 2022). Le uscite complessive sono state pari a 524 miliardi di euro, di cui 398miliardi destinati alle prestazioni istituzionali (+4,6% rispetto al 2022). 

Al 31 dicembre 2023 i pensionati erano circa 16,2 milioni, di cui 7,8 milioni di maschi e 8,4 milioni di femmine. L’importo lordo delle pensioni complessivamente erogate era di 347 miliardi di euro. Sebbene rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), le femmine percepivano il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 153 miliardi di euro contro i 194 miliardi dei maschi. È quanto emerge dalla relazione annuale dell’Inps.

+35% assegno degli uomini su donne

L’importo medio mensile dei redditi pensionistici percepiti dagli uomini era superiore a quello delle donne di circa il 35%. Per quanto riguarda il genere dei beneficiari, l’incidenza delle prestazioni previdenziali sul totale delle liquidate è maggiore per i maschi rispetto alle femmine, che invece beneficiano in misura maggiore di pensioni e assegni sociali e trattamenti di invalidità civile. Il divario di genere per le prestazioni liquidate nel 2023 è stabile al 27%. I divari più elevati si riscontrano nelle regioni dove gli importi medi delle prestazioni sono più elevati. In Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, le donne percepiscono un trattamento che è inferiore a quello degli uomini di oltre il 30%. I divari più contenuti si registrano in Calabria, Sardegna e Campania. Se si escludono i trattamenti assistenziali che, tipicamente, hanno differenziali di genere più contenuti, il divario tende ad aumentare in media di 3 punti percentuali; se inoltre si escludono anche le pensioni al superstite, che hanno importi medi relativamente bassi e di cui beneficiano principalmente le donne, il divario scende al 28% in media, con notevoli differenze tra regioni.

Pensioni 2023 più alte al nord, sotto 1.100 euro al sud

 Nel 2023, le regioni ove le prestazioni previdenziali hanno rappresentato la stragrande maggioranza delle liquidate sono la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige (oltre il 95%), seguite dalle altre regioni del Settentrione (esclusa la Liguria) e dalla Toscana, dove la quota è superiore al 60% delle liquidate. In termini di importi medi, i trattamenti più elevati sono stati corrisposti in Lombardia, Trentino e Lazio (oltre 1.400 euro lordi al mese), seguite da Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Emilia-Romagna (oltre 1.300 euro). Gli importi più bassi si registrano in Calabria (sotto i 1.100 euro) e nelle regioni del Mezzogiorno. Tra le prestazioni liquidate in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna oltre la metà sono trattamenti assistenziali, principalmente invalidità civili.

Stock pensioni invariate in 2023, +7,1% assegno mensile

Nel 2023, lo stock di pensioni è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2022. I pensionati erano circa 16,2 milioni, di cui il 52% erano femmine e l’importo lordo della spesa pensionistica era poco sotto i 347 miliardi di euro, di cui 338 miliardi di euro per pensioni erogate dall’Inps. Oltre la metà della spesa pensionistica totale è stata per pensioni di anzianità e anticipate, seguite da pensioni di vecchiaia e pensioni al superstite. Le prestazioni assistenziali (agli invalidi civili e pensioni/assegni sociali) hanno assorbito l’8% del totale. Rispetto al 2022, l’importo lordo mensile medio delle prestazioni è aumentato del 7,1% per effetto almeno in parte della perequazione, per cui gli importi del 2023 sono stati rivalutati sulla base dell’indice Istat del costo della vita che ha registrato un aumento dell’8,1%. Per quanto riguarda il flusso di nuovi beneficiari di trattamento pensionistico, le prestazioni liquidate dall’Inps nel 2023 sono state pari a circa 1,5 milioni, un livello analogo a quello del 2022. In termini di composizione, le prestazioni assistenziali liquidate nel 2023 sono cresciute del 5,7% rispetto all’anno precedente, mentre quelle previdenziali sono diminuite del 4,7% per effetto di una forte riduzione delle pensioni anticipate (-15,5%), in parte legato al progressivo inasprimento dei requisiti delle quote che erano state introdotte temporaneamente a partire dall’anno 2019 con Quota 100.

Le stime relative all’andamento di fecondità, speranza di vita e flussi migratori fanno presagire un aumento di questo rapporto e, quindi, un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi evidenti per l’equilibrio del sistema previdenziale, soprattutto in presenza di livelli di spesa previdenziale di per sé elevati. Un ulteriore fattore di rischio per l’equilibrio del sistema pensionistico è la recente pressione inflazionistica che negli ultimi due anni ha fatto crescere la spesa previdenziale per effetto degli adeguamenti delle prestazioni all’aumento del costo della vita. D’altra parte, la crescita economica modesta non ha consentito un aumento della contribuzione per far fronte alla spesa più elevata.

Violenza donne, liquidate 2.772 domande di reddito di libertà

Al 31 maggio 2024 risultano pervenute dai Comuni, tramite l’apposito servizio online messo a disposizione dall’Inps, 6.489 domande di ‘reddito di libertà ‘destinato alle donne vittime di violenza in condizione di povertà, senza figli o con figli minori, seguite dai centri antiviolenza. Di queste 2.772 risultano accolte e liquidate, attraverso l’utilizzo delle risorse stanziate a livello nazionale per un budget complessivo di 13.550.400 euro. È quanto riporta l’annuale Rapporto dell’Inps. Il contributo erogato è pari ad un importo massimo di 400 euro mensili pro capite ed è concesso in un’unica soluzione per un periodo massimo di dodici mesi. Esso è finalizzato a sostenere le spese per assicurare l’autonomia abitativa, riacquisire l’autonomia personale, supportare il percorso scolastico e formativo dei figli e delle figlie minori.

Assegno unico, nel 2024 importo medio di 175 euro per figlio

Le risorse trasferite alle famiglie con l’assegno unico, che ha razionalizzato le diverse prestazioni e agevolazioni per i figli a carico, sono state pari a 13,2miliardi nei dieci mesi di erogazione del 2022, per salire a 18 miliardi in tutto il 2023. Nei primi due mesi del 2024 la spesa per l’assegno unico è stata pari a quasi 3,3 miliardi. La spesa è sempre stata elevata e in crescita, spiega il Rapporto, sia per effetto dell’allargamento della platea di beneficiari, sia per l`adeguamento degli importi alla crescita del costo della vita. Infatti, secondo quanto disposto dalla norma istitutiva, gli importi dell’assegno e le relative classi di reddito Isee per il 2023 sono stati incrementati dell`8,1%, e per il 2024 del 5,4%: conseguentemente gli importi medi per ciascun figlio sono passati da 147 euro del 2022 a 162 euro nel2023 e a 175 euro nel 2024.

Fava: offrire ai giovani opportunità di lavoro regolare

“Per avere un sistema previdenziale solido occorre offrire ai giovani opportunità di lavoro regolare, riducendone i tempi di transizione sia dal sistema di istruzione e formazione al lavoro che da una occupazione all’altra, con adeguate misure di politiche attive del lavoro”, ha detto il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, presentando il XXIII rapporto annuale. “Dobbiamo preventivamente potenziare la dote di competenze acquisite nella formazione iniziale per raggiungere l’obiettivo di aumentare la produttività del lavoro – ha proseguito -dobbiamo lavorare per ridurre il mismatch formativo, ricostruendo il circuito della fiducia nel futuro perché la pensione di domani si costruisce con il lavoro di oggi”.

In Italia ci sono 10,4 milioni di giovani tra i 18 e i 34 anni, quelli che lavorano sono circa 7 milioni; di questi l`80%presenta contributi stabili nell’ultimo quinquennio, coprendo mediamente circa l`80% dell’intero periodo. I restanti, da ritenersi precari o addirittura senza una copertura assicurativa, “possono essere sostenuti da ammortizzatori sociali tra i più inclusivi e generosi dei Paesi dell`Unione europea o da strumenti di inclusione sociale e lavorativa come il supporto alla formazione e il lavoro – ha aggiunto Fava – indipendentemente dalla loro condizione occupazionale, tutti i giovani fruiranno di un sistema pensionistico interamente contributivo, per cui informarli del suo funzionamento non solo è utile, ma realizza un diritto-dovere dello Stato”.

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