Il 12 agosto è la Giornata mondiale dedicata a questi giganti, veri e propri “giardinieri”. Non solo, infatti, disperdono e aiutano la germinazion
Il 12 agosto è la Giornata mondiale dedicata a questi giganti, veri e propri “giardinieri”. Non solo, infatti, disperdono e aiutano la germinazione di molti semi, mangiando più di cento frutti di alberi differenti, e permettendo la diffusione di specie arbustive arboree in ambienti aridi come quelli della savana, ma sono anche dei potenti bulldozer in quanto calpestano cespugli, abbattono alberi e creano sentieri e radure. La loro azione facilita la presenza di alberi a crescita lenta con alta densità di legno, che sequestrano più carbonio dall’atmosfera rispetto alle specie di alberi a crescita rapida, il cibo preferito dagli elefanti. Inoltre con la loro azione da “ingegneri” modificano l’ambiente, creando spazi e habitat idonei alla presenza di molte altre specie.
In Africa due specie: di savana e di foresta
Non tutti sanno che in Africa esistono due specie di elefante: il più famoso elefante di savana (Loxodonta africana) e il meno conosciuto e di dimensioni ridotte, elefante di foresta (Loxodonta cyclotis). Le due specie sono state valutate separatamente dalla IUCN nella “Red List” delle specie minacciate di estinzione per la prima volta nel 2021. In precedenza le due specie venivano considerate come una sola, classificata come “vulnerabile”. Oggi l’elefante di savana è classificato come “in pericolo” e l’elefante di foresta risulta addirittura inserito tra le specie in “pericolo critico”, ovvero con elevato rischio di estinzione a breve termine.
Il numero di pachidermi di entrambe le specie nel continente africano è drasticamente diminuito: dai 12 milioni stimati circa un secolo fa ai 415.000 individui riportati nell’ultimo censimento su larga scala. Se la popolazione dell’elefante di savana ha subìto una riduzione del 60% negli ultimi 50 anni, va ancora peggio per l’elefante di foresta, la cui popolazione negli ultimi vent’anni è passata da 270.000 esemplari a meno di 75.000.
Alcuni dati sottolineano come gli elefanti di foresta siano dunque davvero in una situazione critica. La popolazione infatti, tra il 2002 e il 2011, nella sola area centro-africana, ha subito un declino del 62% e una riduzione del proprio areale del 30%. Questo drammatico declino è ulteriormente peggiorato dal 2011 al 2015 con una perdita di popolazione fino al 90% in alcuni territori.
Perdita di habitat e bracconaggio le minacce
Ma anche l’elefante di savana è in pericolo a causa dall’effetto delle attività umane. Gli effetti della crisi climatica, con il conseguente aumento in numero e intensità delle ondate di caldo e siccità, provoca la scomparsa di grandi aree umide e la necessità di sempre più grandi spostamenti per trovare acqua. Poi c’è il bracconaggio, che resta ad oggi la causa principale del declino di entrambe le specie di elefanti africani: nonostante dal 1989 la CITES abbia regolato il commercio d’avorio e dal 2018 la Cina, primo mercato al mondo per richiesta, ne abbia vietato commercio e detenzione, si stima che proprio a causa delle zanne ogni anno vengano uccisi oltre 20.000 elefanti. Negli ultimi anni il fenomeno delle uccisioni illegali si è ulteriormente esteso per la sempre più diffusa presenza di gruppi terroristici, che spesso gestiscono il commercio illecito di parti di animali selvatici, che rappresenta una importante fonte di guadagno per queste organizzazioni criminali. Oltre al mercato dell’avorio, oggi molti elefanti vengono uccisi a causa del conflitto che il plantigrado può creare con le attività (in primis agricoltura) di alcune comunità locali. Oltre alle uccisioni dirette, tra le cause del declino c’è anche la perdita di habitat dovuta all’intensificazione di attività antropiche come l’agricoltura o la realizzazione di infrastrutture.
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