Ecco la pasta fresca lanciata da Lino Banfi

  «Mi piacerebbe tando…di aprire un ristorante di orecchiette!», recitava Lino Banfi a tavola con Edwige Fenech, nell’iconica commedia all

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Canosa di Puglia in festa per il compleanno di Lino Banfi - Notizie -  Ansa.it

 

«Mi piacerebbe tando…di aprire un ristorante di orecchiette!», recitava Lino Banfi a tavola con Edwige Fenech, nell’iconica commedia all’italiana “Sabato, domenica e venerdì”. Nel 1979 la “strada delle orecchiette” di Bari, così come la conosciamo oggi, non esisteva ancora, tantomeno la pasta fresca pugliese aveva fatto il giro del mondo, conquistando i palati di americani e asiatici. Le orecchiette, però, erano già protagoniste indiscusse della tradizione regionale, le uniche capaci di farti sentire veramente a tavola nel Tacco d’Italia. Molto di più di un semplice piatto di pasta, le piccole orecchie sono infatti l’emblema stesso delle radici pugliesi, simbolo di una cultura gastronomica che attraversa secoli di storia. Le teorie sulle loro origini sono diverse e spesso contrastanti. Secondo alcune fonti sarebbero nate in Provenza nel periodo medievale; altri ritengono abbiano fatto la loro prima apparizione a Sannicandro di Bari, sotto il dominio normanno-svevo, nate dalla fusione gastronomica con un pilastro della tradizione culinaria ebraica: le orecchiette di Haman. C’è poi chi ne fa risalire la prima testimonianza in un archivio di San Nicola di Bari, datato 1500. In un atto di successione il proprietario di un panificio che lascia in eredità l’attività a sua figlia, nella dote matrimoniale lasciata alla giovane donna, menziona proprio la sua capacità a fare le “recchjetedde”. Insomma, qualunque sia la vera origine delle tanto amate orecchiette, c’è che è la Puglia la loro culla riconosciuta, la città di Bari in particolare, dove vengono ancora preparate artigianalmente dalle massaie del posto. Due le varianti essenziali della stessa pasta: le orecchiette classiche, piccole e rugose, con una forma che ricorda quella di un orecchio e le “chiancarelle” o “strascenète”, una versione più rustica, realizzata appunto “strascinando” la porzione di pasta sul piano con un coltello. Fare le orecchiette a mano è un rituale che ha del poetico e che si tramanda da secoli nelle famiglie di Bari e non solo. Pochi e semplici ingredienti e l’identità pugliese è servita nel piatto: farina di semola di grano duro, sale e acqua. Oggi, universalmente diffuse e riconosciute, sono ritenute un vero e proprio tesoro della cultura gastronomica regionale, un must da preparare con le cime di rapa o alla “porca puttèna”, quest’ultime coniate dallo stesso Banfi. Ambasciatrici dell’italianità nel mondo, le orecchie di pasta hanno perfino una loro “controparte” dall’altra parte del mondo, più precisamente in Cina, dove le “orecchie di gatto”, versione più piccola rispetto alle baresi, vengono servite in zuppa o in brodo.

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