LA MAFIA DEI PASCOLI DIETRO IL ROGO DI VIESTE. IPOTESI RAFFORZATA DALLE DICHIARAZIONI DEL PENTITO RADUANO

Magari per capire di chi già la mano che dà fuoco al Gargano e perché lo faccia, seminando panico, distruzione e interrogativi si potrebbe chieder

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Magari per capire di chi già la mano che dà fuoco al Gargano e perché lo faccia, seminando panico, distruzione e interrogativi si potrebbe chiedere una… consulenza all’ex boss viestano Marco Raduano, ergastolano reo confesso di una dozzina di omicidi, pentitosi a marzo, al momento il più importante collaboratore di Giustizia della mafia garganica.

 Se il movente del rogo di 4 giorni fa a Vieste con l’evacuazione di 800 villeggianti dovesse riguardare l’affare pascoli, il pentito ha spiegato come anche quello è uno dei tanti business dei clan. Ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Bari, che gli chiesero del riciclaggio di soldi sporchi nei pascoli, Raduano rispose: “I soldi di tutte le rapine che i miei ex complici fanno ai portavalori, li investono nell’acquisto di mucche che hanno al pascolo, nel territorio interno del Gargano.

Ogni componente del clan Lombardi/Ricucci/La Torre” (ex gruppo Romito in guerra con i Libergolis) “aveva un patrimonio di 200/300 mucche a testa. E non gravavano come spesa perché non è che andassero a comprare fieno, mangime in quanto le avevano libere nei territori. Dove pascolavano? In tutto il Gargano. Avete presente la mucca sacra di un’usanza in Calabria? Noi ce l’abbiamo sul Gargano.

La vacca sta libera su tutto il territorio, può andare sulla strada, nei terreni privati, demaniali, boschivi. E nessuno può dire niente perché si sa a chi appartiene il bestiame. Ogni famiglia mafiosa ha la sua fetta di territorio che controlla: la si usa come titoli per avere soldi dallo Stato, dalla Comunità europea, e inoltre consente di occupare il terreno. Noi con le mucche occupiamo un intero bosco dove poi siamo padroni di andare, riunirci, incontrarci, nascondere auto, mezzi, armi. Diciamo che la mucca apre la strada al controllo della zona. I proprietari dei terreni non dicono niente? Mai visti”.

Nella ricerca del movente degli incendiari – è una delle domande principali a cui deve dare risposte l’inchiesta aperta dalla Procura della repubblica di Foggia (le indagini sono affidate ai Carabinieri forestali di stanza nell’area del parco nazionale del Gargano) sul rogo doloso a Vieste – interessante rileggersi l’analisi di qualche anno fa dell’allora Corpo forestale dello Stato che fu incaricato dal Governo di svolgere un’indagine estesa a tutto il Paese sulle principali cause degli incendi boschivi suddivise in 5 categorie: naturali, accidentali, dubbie, colpose, dolose.       I

Su quest’ultimo fronte il ventaglio di causali è quanto mai ampio: a cominciare dagli interessi della criminalità organizzata, la cosiddetta mafia dei terreni, per svariati motivi; ci sono poi i roghi appiccati per aprire o rinnovare pascoli a spese del bosco; per recuperare terreni agricoli per la coltivazione e/o per attivare contributi comunitari; per guadagnare dalla scomparsa della vegetazione ai fini di coltivazioni agricole o di speculazioni edilizie; persino la speranza d’essere assunti in squadre antincendio; vendette o ritorsioni contro enti pubblici; conflitti tra proprietari terrieri; rappresaglie contro vincoli imposti in aree protette; volontà di deprezzare aree turistiche.

Tutte domande aperte e che hanno già avuto qualche risposta nelle prime risultanze delle indagini dei Carabinieri forestali del Parco nazionale del Gargano, a parte quelle tra le righe nelle deposizioni del bos di Vieste Marco Raduano, ora pentito, già a capo dei pericolosissimi clan della mafia garganica.

lagazzettamezzogiorno

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