In Puglia oltre 700mila persone soffrono di dolore cronico

Sono oltre 700mila i pazienti in Puglia colpiti da dolore cronico lieve o moderato non oncologico, a fronte dei circa 13 milioni di pazienti stimati i

Presidio di assistenza e unità di cura per pazienti gravi, due inaugurazioni a Monte Sant’Angelo
Previsioni meteo
Covid: l’Alto Adige da lunedì sarà zona gialla

Sono oltre 700mila i pazienti in Puglia colpiti da dolore cronico lieve o moderato non oncologico, a fronte dei circa 13 milioni di pazienti stimati in Italia.

- RIPRODUZIONE RISERVATA

Parliamo di malati soprattutto anziani, con più di 60 anni ma anche di una quota appartenente a fasce anagrafiche più giovani, affetti da cefalea, dolori articolari, stenosi vertebrali, risentimenti dei nervi spinali, scoliosi e altre affezioni della colonna, del ginocchio, dell’anca o della spalla.Dopo gli anni della pandemia, si è registrata un’impennata dell’uso e abuso dei farmaci antinfiammatori per il controllo dei sintomi del dolore cronico. Sono questi i dati emersi nel corso della tavola rotonda su ‘Dolore cronico, appropriatezza prescrittiva e corretta informazione’, che si è svolta a Bari organizzata da Motore Sanità, a cui hanno partecipato specialisti, farmacologi, medici di medicina generale e rappresentanti delle istituzioni. Tra di loro Filippo Anelli, presidente della Fnomceo e dell’Ordine dei medici e odontoiatri di Bari e Domenico Novielli presidente di Federfarma Regione Puglia. Un recente studio, condotto su una popolazione di oltre 9 milioni di assistiti, ha evidenziato un elevato uso inappropriato e fuori indicazione dei farmaci. In tale contesto, la medicina generale riveste un ruolo fondamentale nella prescrizione appropriata dei farmaci.
    In Puglia i consumi, in linea con le altre regioni del Sud e in misura più marcata rispetto alle regioni del centro e del nord, avvengono sulla scorta di una ricetta del medico e dunque a carico del servizio sanitario nazionale, mentre il resto dei consumi è come detto frutto di autonome decisioni.
    “L’appropriatezza è un principio fondamentale richiamato in tantissime norme – ha sottolineato Anelli – e interessa principalmente i medici. Il medico di famiglia fa la differenza: siamo la professione più apprezzata in Italia, ma la cultura dominante rimanda a un’idea in cui il risparmio e la negazione di erogazione di farmaci legata a un carattere economico abbia la priorità, mentre è sempre l’appropriatezza clinica il nostro faro”.

COMMENTI

WORDPRESS: 0