Dove c’è famiglia c’è casa. Cacciati dai genitori dopo il coming out, i ragazzi nelle strutture Lgbtqi+

La famiglia non è sempre il nido che accoglie. Sebbene nelle Case di accoglienza Lgbtqi+ vengano ospitate anche persone trans vittime di tratta, r

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La famiglia non è sempre il nido che accoglie. Sebbene nelle Case di accoglienza Lgbtqi+ vengano ospitate anche persone trans vittime di tratta, rifugiati da luoghi di guerre o da Paesi dove l’omosessualità è un reato punito con la pena di morte, la costante di queste storie è una famiglia italiana, senza distinzioni geografiche o sociali, che rifiuta una figlia o un figlio per un orientamento sessuale o un’identità di genere diversi da quello che un genitore vorrebbe. Cominciamo dai dati sull’omofobia. In Europa una persona Lgbtiq+ su cinque ha vissuto o vive come senzatetto a causa del proprio orientamento sessuale. Una persona su tre, in Italia, ha subito minacce e molestie, secondo dati Fra. Per accogliere queste persone, soprattutto giovani, in una società ancora intrisa di pregiudizi, sono nate alcuni anni fa le prime Case di accoglienza Lgbtiq+. Oggi si può trovare questa mappa arcobaleno online, grazie ad un progetto realizzato da Gaynet e finanziato dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali  “unicar” istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.La mappa comprende 43 strutture (Case di accoglienza e Centri antidiscriminazioni), per 75 posti letto in tutto, ancora troppo pochi. Le richieste di ospitalità superano di circa dieci volte la disponibilità – sottolinea il presidente di Gaynet Rosario Coco – e la loro distribuzione non è omogenea: solamente 10 posti letto si trovano a sud di Roma. Scendendo lungo la penisola le ultime due Case si trovano a Napoli.Dal 2007 in Italia esiste Gay Help Line, una linea nazionale contro l’omolesbobitransfobia. Sono 21 mila i contatti annuali: almeno il 50% delle richieste di ascolto e di supporto arriva da ragazzi che hanno subito rifiuti in famiglia o bullismo a scuola e tra gli amici dopo aver fatto coming out (la dichiarazione della propria identità sessuale) o dopo aver subito un outing (la dichiarazione dell’identità sessuale di altri).In aumento risultano le richieste da persone trans e non binarie, soprattutto giovani: sono il 16% delle chiamate al contact center. “È giusto mandare ai giovani il messaggio che non sono loro ad essere sbagliati, mentre lo è qualsiasi forma di oppressione del proprio modo di essere”, spiega Alessandra Rossi, coordinatrice di Gay Help Line.

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