GLI ANNI IN CUI NON SIAMO STATI DA NESSUNA PARTE

DEPORTAZIONE: una parola terrificante che richiama situazioni disumane consegnate alla storia degli orrori umani. Contesti che parevano ormai supe

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DEPORTAZIONE: una parola terrificante che richiama situazioni disumane consegnate alla storia degli orrori umani. Contesti che parevano ormai superati, cancellati da una coscienza naturale finalmente matura, solidale, comprensiva. Invece no. Gli atti propri di quella parola immorale sono ancora operanti. Al mondo c’è ancora chi pratica la deportazione. «Solo che si tratta di africani già immigrati in Europa, negli Stati uniti d’America, che vengono rimandati indietro con la forza: un turpe traffico che avviene di notte quando non si vede quello che accade».
AD APRIRE uno squarcio su quelle storie è Lucio Cascavilla che assieme a Mauro Piacentini hanno impresso nelle sequenze di un film-documentario alcune di quelle storie estrapolate da un mondo di “invisibili” miserando e dolente che si agita sulle rotte della migrazione. “The years we have been nowhere” ovvero “Gli anni dove siamo stati da nessuna parte” è un film senza veli su una realtà nascosta, girato senza retorica e compiacenze opportunistiche, live. Una storia fatta di tante storie reali, analizzate con quella sensibilità particolare che i due Autori hanno maturato nelle loro esperienze di migranti per scelta in Cina, Inghilterra e Africa, Sierra Leone dove risiedono da cinque anni come operatori della Cooperazione.
IL DOCUFILM di poderosa intensità sociale che ha avuto una accoglienza straordinaria in Italia e all’estero, suscitando un forte interesse per una storia inedita, ignorata dalla cinematografia ufficiale. Significativo il prestigioso premio assegnatogli al “Remi silver award” al WorldFest – Houston international film festival. Ma non meno indicativa è l’accoglienza riservatagli nelle varie sale cinematografiche. Che finalmente è arrivato anche a Manfredonia dove sarà proiettato sabato 7 ottobre alle ore 21 al Teatro “Lucio Dalla” presenti i due coautori.
LA STORIA-DENUNCIA del film si dipana lungo le vicende di Sulemain, Fatima e Patrick estrapolate da una folla di racconti simili: originari della Sierra Leone e costretti a lasciare la loro patria in cerca di un futuro migliore. Le cronache contemporanee dicono a quali peripezie vanno incontro irte di pericoli che speso si materializzano in tragedie. Ma quando riescono a raggiungere una meta dove sono riusciti, a suon di sacrifici, a realizzare una vita “normale”, ecco sopraggiungere problemi burocratici di polizia che li sradicano dalla nuova tranquilla posizione per essere scaraventati con la forza indietro da dove erano scappati. Una vera deportazione.
UN DRAMMA nel dramma. «Si ritrovano – annota Cascavilla – doppiamente abbandonati: una volta dall’occidente dove si erano creati una nuova vita ma sono stati deportati a casa, è un’altra dai loro ritrovati compatrioti che li ritengono un fallimento. Il fine di questo film – rilevano gli Autori – è quello di portare all’attenzione pubblica un problema umanitario di grandi e pericolose dimensioni».
Michele Apollonio

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