Arcivescovo Moscone: “ci sono troppe armi sul nostro territorio che lo trasformano un far west senza set cinematografico,”

Cari fratelli e sorelle devoti della Madonna di Siponto, cari concittadini di Manfredonia che apprezzate e curate la città, care persone amiche ed inn

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Cari fratelli e sorelle devoti della Madonna di Siponto, cari concittadini di Manfredonia che apprezzate e curate la città, care persone amiche ed innamorate della bellezza del territorio garganico e del calore del suo popolo:

BUONA FESTA patronale della nostra Regina 2023!

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante tempio, la Basilica del Santuario Nazionale dell'Immacolata Concezione e testo

 

La festa è buona e vera, non solo se ricordiamo e ripetiamo con scadenza annuale e ricchezza di tradizioni culturali le date di fine agosto, che attirano e muovono i cuori degli abitanti e di chi continua a sentire le sue radici in Gargano e vi ritorna per giorni di vacanza, ma se si rafforzano le proprie relazioni famigliari, amicali, civili ed ecclesiali.

La festa è buona e vera, se oltre al rallegrare esternamente ed al luccicare di insegne luminose e manifestazioni folkloristiche, porta ogni anno alla presa di coscienza della propria situazione comune (tanto di città che di Chiesa), se muove le coscienze e stimola a progetti e decisioni che migliorano la città, la Chiesa, il popolo ed il territorio.

La festa è buona e vera, se aumenta la responsabilità di ognuno, secondo le proprie condizioni socio-economiche, la propria capacità professionale e di rapporto con la fede, verso il bene comune facendoci sentire tutti cittadini di una sola città, e figli e fratelli di una Chiesa che continua a fare sua la sfida dell’annuncio del Vangelo.

La festa è buona e vera, se ci fa tutti più cittadini coesi dalla comune costituzione e impegnati nella salvaguardia della legalità, e se permette, a chi si sente discepolo di Gesù, di essere tra il popolo e sul territorio fermento dei valori cristiani e testimoni della possibilità di vivere qui ed ora le Beatitudini!

A queste condizioni, che ho accennato in forma di affermazioni ipotetiche, ma possibili (si tratta di periodi ipotetici della possibilità), lego il valore della festa che si rinnova annualmente con impegno e fantasia creativa; e solo a queste condizioni mi sento di augurare a tutti ed ognuno BUONA FESTA … e mi sento di affermare, che lo “spettacolo” religioso e civile della processione che ha attraversato la città esprime l’anima vera ed autentica di Manfredonia e dei manfredoniani.

Allora a tutti, senza escludere nessuno, accogliendo anche chi è diventato manfredoniano per vocazione, per occasione di lavoro, o per migrazione, costretto ad abbandonare il suo paese d’origine per trovare una nuova patria in Capitanata: BUONA FESTA!

Anche la Regina di Siponto, che abbiamo portato festosamente per le vie e piazze della nostra città, accompagnandola con musiche, canti e preghiere, è giunta qui, secoli fa da “Migrante”: ha attraversato il Mediterraneo dalle coste del Medio Oriente per approdare e trovare accoglienza e fare casa a Siponto! BUONA FESTA, allora, o Maria, nostra Madre e Regina!

Siamo a trent’anni dalla salita al cielo del Venerabile don Tonino Bello: vescovo e profeta del nostro tempo e del nostro popolo e territorio di Puglia. Riprendo velocemente quanto ho accennato l’anno scorso in questa occasione, per poi passare ad uno sguardo su avvenimenti e situazioni che chiedono la partecipazione di tutti e impegno per trovare soluzioni degne, secondo legalità e spirito del Vangelo. Manfredonia e il Gargano tutto devono allargare il loro senso di cittadinanza e di Chiesa e si scopriranno più veri, più belli, più buoni: non perderanno nulla, ma scopriranno la ricchezza che proviene dall’accoglienza e dalla fraternità.

Tra le più belle definizioni che don Tonino Bello dà di Maria c’è “donna del silenzio e dell’ascolto”. Sì, perché Maria ci insegna a fare spazio alla parola dell’altro: sia se a parlare è Dio o l’uomo, la trascendenza o la storia. L’ascolto è all’origine tanto del pensiero che della fede, ma anche della politica e di ogni impegno educativo, sociale e civile. Senza ascolto non vi è né scienza, né fede, né autentica vita sociale, non vi è vera democrazia, non si sviluppa la cittadinanza attiva, ma solo delega o indifferenza reciproca. Perciò, seguiamo Maria “donna dell’ascolto” e impariamo da Lei l’arte di ascoltarci l’un l’altro. L’esercizio dell’ascolto è fondamentale per la ricerca del bene comune e la costruzione di una corretta vita organizzata tanto a livello civile che ecclesiale. Non c’è sviluppo e futuro né per la città, né per la Chiesa, che si radica in un territorio particolare, se non si fa costante e sincero esercizio di ascolto e di accoglienza. Chi cerca solo l’individuale o il “di parte” non costruisce né la città né la Chiesa, ma le usa e sfrutta nascondendo i propri interessi dietro la maschera di un ingannevole impegno civile e di una farisaica testimonianza di religiosità ammantata di tradizionalismo.

Desidero riportare sta sera all’attenzione due avvenimenti, che ci hanno scosso in questo 2023, e che sono segno della nostra precisa realtà storica dell’oggi e della geografia sociale in cui si è suddiviso il territorio. Tempo storico e territorio di cui tutti siamo responsabili custodi, ma di cui rischiamo di diventare ciechi ed indifferenti, voltando lo sguardo in altra direzione, come il sacerdote ed il levita della parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37). Non ci può essere nulla, che accade nella nostra città e territorio, che non ci possa interessare, che non faccia appello alla responsabilità di coscienza di ciascuno, che non ci spinga ad intervenire e lavorare per rimuovere il negativo e trovare soluzioni concrete capaci di generare un futuro positivo e portatore di speranza e vita dignitosa.

Il primo avvenimento risale al 23 gennaio, nel rigore dell’inverno, nel ghetto di Borgo Mezzanone. È un dramma legato all’immigrazione: due nostri fratelli, Ibrahim e Queen, giovani immigrati provenienti rispettivamente dal Gambia e dal Ghana, sono morti nel sonno per le esalazioni di monossido di carbonio provenienti da un braciere di fuoco, acceso per combattere il freddo della notte nella baracca ove vivevano.

Questo grave fatto è ancora una volta espressione di quel dramma estremo che perdura da anni nelle campagne del nostro Tavoliere e in particolare nel cosiddetto “ghetto” di Borgo Mezzanone, ove in condizioni insopportabili vivono circa 1500 migranti, occupati nell’agricoltura e in piccoli altri lavori. Le loro condizioni di vita, al limite dell’umano, sono una autentica vergogna che deve riguardare tutti, non solo la Parrocchia locale e le Caritas, che offrono un soccorso nell’immediato cercando di offrire migliorie e un po’ di dignità a quanti hanno trovato “casa” sulla pista. Ma in queste “case” di fortuna, inaccoglienti ai rigori dell’inverso ed all’arsura dell’estate, con scadenze ravvicinante vediamo morire di stenti, miseria e mancanza di sicurezza troppe persone.  Serve per i fratelli e sorelle migranti un piano serio di accoglienza, che permetta loro di usufruire di case sicure, servizi sociali appropriati ed ambienti comuni per rendere la loro vita dignitosa e degna: sono lavoratori delle nostre terre ed imprese, meritano tutte le garanzie, come qualsiasi cittadino. Non possiamo ricordarci di loro solo quando succedono disgrazie come la morte di Ibrahim e Queen. Ibraim Queen, quanto a religione mussulmani, quanto a cittadinanza del Gana e Gambia, per l’Italia immigrati “economici”, nella realtà “martiri” della globalizzazione dello scarto. Non è più possibile che ogni inverno, sulla pista, un fuoco acceso per la necessità di riscaldarsi provochi incendi che immolano vittime sacrificali alla logica della legge del libero mercato ed al neo-liberalismo capitalista!

Il secondo avvenimento risale all’11 luglio, nel torrido dell’estate del Tavoliere, e questa volta le vittime sacrificali sono due fratellini Stefan e Daniel di 6 e 7 anni, di nazionalità romena, annegati in una vasca per l’irrigazione dei campi nell’agro di Fonterosa. È un dramma tremendo legato alle condizioni che segnano l’immigrazione (non solo quella che chiamiamo “clandestina”, ma anche quella che sembra ammantarsi di legalità). Di fronte a una tragedia di questo tipo, come ho detto durante l’omelia dei funerali, dobbiamo domandarci e scuoterci il petto per quanto di una mentalità da Erodi in tempo di globalizzazione infetta la nostra economia e legislazione. Diventa sempre più necessaria la presa di coscienza responsabile dell’opinione pubblica e l’impegno concreto delle Istituzioni civili per trovare vie di soluzione agli enormi problemi delle zone periferiche della grande pianura del Tavoliere, ove ormai con scadenze ravvicinate vediamo morire di stenti, miseria, mancata custodia di minori e mancanza di sicurezza troppe persone, addirittura dei bambini! Mi domando: parte dei fondi del PNRR non potrebbero essere indirizzati per intervenire sulle strutture presenti sul Tavoliere rendendole degni luoghi di abitazione e lavoro? Oltre a migliorare situazioni sociali di miseria, ridarebbero dignità e vita al territorio del Tavoliere recuperando un patrimonio edilizio, datato nel tempo, ma parte del paesaggio ed a servizio della nostra fiorente economia agricola.

E su questo dramma, di Stefan e Daniel, lasciatemi dire anche questa sera, che si è trattato di una autentica sconfitta della nostra società, e che, come ha scritto Antonio Mira su Avvenire del 14 luglio “era brutta la cattedrale di Manfredonia mezza vuota ai funerali dei due piccoli … la città deve imparare a piangere”!

Ed ora, dopo le due icone di tragedie nella carne di nostri fratelli e sorelle immigrati, di bambini innocenti, aggiungo due denunce su temi che continuano a dimostrarsi deboli, ma che con la presa di coscienza e l’impegno di tutti possono invertire la marcia e “trasfigurare” il nostro popolo e territorio.

Primo tema: il lavoro, diritto e dovere di ogni cittadino secondo la Costituzione italiana, dignità e vocazione di ogni essere umano secondo la Bibbia. Il nostro territorio ha un bisogno estremo di lavoro e contemporaneamente lo struttura su debolezze inaccettabili.

  • Continua la piaga del Caporalato. Si tratta di uno sfruttamento organizzato del lavoro, che diventa a volte quasi come un “ramo d’azienda”. Non riguarda solo l’agricoltura e le “agromafie”, ma tocca in modalità sfumate vari ambiti lavorativi: dall’edilizia al turismo stagionale, fino all’assistenza e salute delle persone … addirittura aziende SRL e finte “cooperative” che si alimentano del caporalato. Ci sono casi di caporalato “quasi per necessità”: alcune ditte, non riescono a sostenere i costi d’impresa in particolari situazioni, come quelle ambientali sempre più imprevedibili per i cambiamenti climatici, possono richiedere manodopera urgente che non si trova sul mercato legale.
  • Il territorio ha bisogno di lavoro, come del cibo e dell’acqua, lo deve costruire e favorire con scelte e politiche appropriate. Qui la disoccupazione giovanile tocca il 48%, funzionano male i Centri per l’Impiego ed il reclutamento della manodopera. Ci vuole come un nuovo “umanesimo del lavoro”. Bisogna creare lavoro che non solo permetta di “sopravvivere”, ma che faccia crescere e dia prospettive di sviluppo e futuro ai lavoratori, perché esiste ed è in crescita quello che si chiama lavoro povero! Tutto legale, con contratti formali, ma sottopagato, riservato a categorie di persone già indigenti ed a disagio per i motivi più vari e costretti ad accettare contratti da fame ed insufficienti a reggere vita e famiglia. Si tratta di falsa elemosina e di forma di sfruttamento che vanta la patente della legalità. Anche questo va denunciato e stanato dalla nostra popolazione e dalla nostra economia. Un lavoro di questo tipo non fa bene a nessuno, se non a chi ha trovato forme “legali” di latrocinio.
  • Ogni posto di lavoro perso, sottopagato corrisponde ad una persona e famiglia consegnata in braccio ai caporali; ogni posto di lavoro non prodotto è uno spazio di potere regalato alla geografia dei caporali. La chiusura di una fabbrica od impresa al Sud per favorirne una al Nord (situazioni verificatesi anche sul territorio delle nostre amministrazioni civili) non solo è una vergogna, ma un crimine, perché si è approfittato l’utilizzo di denaro pubblico per interessi privati.

Secondo tema: il sostegno all’ambiente e la scommessa sulla legalità come garanzia di un’economia integrale che salva e cura territorio e popolo.

  • È dovere ovunque ed in particolare nella nostra Provincia saper coniugare il binomio “sostenibilità economica” – “sostenibilità ambientale” per arrivare alla “sostenibilità sociale”. Esiste ciò che chiamerei obiettivo del “prezzo minimo” per i prodotti agricoli ed ittici. Serve ad evitarne sia lo spreco dei prodotti che l’abbattimento dei costi tagliando solo sul salario del personale impiegato. Va programmata sapientemente la produzione per non essere dipendenti dalla “Grande distribuzione organizzata”, che porta gli imprenditori ad avere sempre più prezzi del prodotto in ribasso. Serve una politica che aiuti a puntare sull’economia del M.A.S.: mare, agricoltura, servizi alla persona; tre settori in cui il nostro territorio può presentarsi all’avanguardia. Ricordiamoci che l’Agricoltura sana e professionale è “presidio” dell’Ambiente, come la Pesca sana e responsabile è “presidio” del Mare. Solo una sana Agricoltura e una Pesca responsabile possono essere “presidio” e sviluppo-volano dell’imprenditoria turistica di cui il Gargano è ormai da decenni regione con vocazione e missione riconosciuta a livello internazionale.
  • All’attenzione all’ambiente va collegata la difesa e sviluppo di una mentalità che sceglie la logica della legalità. Perché la legalità eserciti la sua forza positiva e di autentico volano di sviluppo socio-economico e di costruzione della cultura del bene comune, vanno sconfitte il commercio della droga/ghe e il facile uso delle armi. In Gargano c’è troppa droga e sostanze tossiche che condizionano le relazioni e impongono poteri marci e condizionanti il territorio inquinandolo di omertà e malavita organizzata. Circolano troppe armi in Provincia di Foggia (cfr. ricordo la sparatoria dell’anno scorso proprio al termine della processione; gli episodi di tentato omicidi a San Giovanni Rotondo e a Cagnano, il recente omicidio a Mattinata; i numerosi gesti di intimidazioni con l’uso del fuoco o bombe carta un po’ ovunque …). Ripeto, ci sono troppe armi sul nostro territorio che lo trasformano un far west senza set cinematografico, ma con la violenza come strumento per controllare le relazioni e decidere scelte che fanno capo alla strategia della paura favorendo pochi a scapito di tutti!
  • Perché le Istituzioni, civili ed ecclesiali, siano di aiuto e capaci di prossimità – specie nei confronti dei più deboli e bisognosi – sono chiamate a verificare regolarmente la coerenza tra le loro finalità e le loro azioni, tra ciò che propongono e ciò che attuano. Anche la nostra Chiesa locale necessita continuamente di esaminare sé stessa per verificare la propria fedeltà al Vangelo per non perdere di credibilità o diventare controtestimonianza. Esaminare sé stessi può essere una pratica dolorosa, ma è la condizione per riconoscere il male che si può causare, essere disponibili a chiedere perdono e a riparare secondo giustizia. Quanto affermo vale per ciascun cristiano impegnato nella Chiesa e vale in particolare per noi sacerdoti: la gente ci vuole bene e questo indica non solo l’affetto nei nostri confronti, ma anche la nostra grande responsabilità nei suoi confronti. Ogni volta che notizie che ci riguardano – quelle che sono diffuse correttamente e sostenute in maniera fondata – dicono che noi sacerdoti abbiamo compiuto del male, abbiamo l’urgenza della verità, pronti a chiedere perdono se abbiamo inferto ferite e disponibili a perdonare se siamo stati ingiustamente colpiti.

Proviamo allora, cari cittadini e cittadine di Manfredonia, cari fratelli e sorelle di questa Chiesa locale, a sognare una città e Chiesa nuova che generino vita, speranza e futuro e mettiamo tutto il nostro impegno perché il sogno diventi realtà. La festa patronale ci renda città e Chiesa in ascolto ed annuncio del Vangelo. Così offriremo alla Madonna la corona di cui risplende ed è adorna. Così possiamo continuare ad elevare a Lei la preghiera che ci rende tutti responsabili e coesi in unità:

“O Madonna di Siponto, vieni, sii coronata regina. La corona è di oro purissimo, come il cuore dei tuoi figli che te l’offrono!”.

Ad ognuno di noi il compito di offrire alla Vergine, alla Chiesa ed alla città un cuore di oro purissimo ricco di solidarietà e responsabilità! Ci sentiremo Figli di un unico Dio, Abitanti della “Casa comune”, Cittadini del futuro.

Amen!

+ p. Franco Moscone crs

Arcivescovo

Manfredonia, 31 agosto 2023

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