Puglia, la Xylella frena la corsa: meno piante infettate

Nell’ultimo monitoraggio, effettuato dall’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia e datato 18 luglio, è stato segnalato che la popolazione dei

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Nell’ultimo monitoraggio, effettuato dall’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia e datato 18 luglio, è stato segnalato che la popolazione dei vettori della Xylella si è ridotta, con un decremento della densità dei vettori in tutte le aree campionate. Un dato certamente positivo, che, però, non deve far abbassare la guardia.

IL VETTORE SPUTACCHINA Con cadenze ravvicinate e regolari, i tecnici dell’Osservatorio effettuano campionamenti sulla presenza degli insetti in oltre cento siti. Gli insetti vengono esaminati, con l’obiettivo di verificare se qualche individuo ha la Xylella. «La Xylella da sola non si muove – spiega Salvatore Infantino, dirigente dell’Osservatorio fitosanitario – perché il batterio non ha strutture proprie di movimento». Il vettore, ovvero il mezzo con il quale il batterio si sposta, è un insetto, la sputacchina che gli permette di cambiare zona, con quello che si chiama «trasporto attivo». «Perché si sposti – spiega Infantino – c’è bisogno di questo insetto, in teoria se non ci fosse, non avremmo il problema della Xylella in Puglia. L’insetto si muove con le proprie forze, ma nell’ordine di poche centinaia di metri. L’aspetto fondamentale è che può essere trasportato dall’uomo, dalle macchine, dai mezzi meccanici e quindi sono veicoli di diffusione dell’infezione imprevedibili». «In teoria – aggiunge ancora Infantino – una persona va con la macchina in una zona colpita e la sputacchina si attacca ai vestiti, poi risale in macchina e magari scende alla stazione di servizio, trova una pianta ospite e diffonde la malattia».

L’IMPORTANZA DEI MONITORAGGI «Quello che possiamo fare – continua Infantino – è stare sul territorio e cercare di fare il monitoraggio nel miglior modo possibile, poi è chiaro che speriamo di poter ridurre la velocità di diffusione della malattia».

Il dato aggiornato, come detto, indica un decremento della densità dei vettori, in tutti i siti dove è stato fatto il campionamento. «Questo non vuol dire che abbiamo risolto il problema, ma è un dato che, assieme ad altri, ci permette di ragionare sul fatto che la velocità di diffusione della malattia si sia ridotta in modo significativo».

I DATI DELLA CAMPAGNA 2022-2023 Dati alla mano, facendo un confronto con i primi anni dell’emergenza (2013-2014), «il tasso di piante infette che si rilevava allora era del 3,5%-4% – ricorda il dirigente – cioè si trovavano quattro piante positive su 100 piante analizzate. Oggi siamo scesi allo 0,13% quindi questo vuol dire che abbiamo una riduzione della velocità di diffusione della malattia».

A conforto di questa tendenza, ci sono i dati della campagna di monitoraggio 2022-2023 chiusa il 30 giugno scorso. Sono state campionate 266.366 piante – un monitoraggio estremamente capillare, che vede un primato della Puglia in Europa – e, tra queste, 365 sono state quelle individuate come positive, con 316 abbattimenti. I conti sono presto fatti: in passato si trovavano 3-4 piante positive ogni 100 e cioè 30-40 piante ogni 1.000, oggi c’è una pianta positiva ogni 1.000 campionate.

Un risultato raggiunto grazie «all’efficacia delle misure fitosanitarie obbligatorie, una lotta che facciamo contro una fase del ciclo biologico dell’insetto – sottolinea Infantino – quando è ancora sul terreno, nella vegetazione. Facciamo le elaborazioni e in questa maniera riduciamo la densità della popolazione. E poi facciamo i trattamenti con prodotti chimici, quest’anno ne abbiamo fatti fare due, quando l’insetto va sulle piante, più o meno dopo la metà di maggio. In questa maniera qua riduciamo il rischio di diffusione della malattia».

IL FUTURO Adesso occorre pensare al futuro, il che vuol dire continuare a convivere con la malattia. Nelle zone del Salento ormai compromesse, per esempio, l’idea è sostituire le varietà di piante suscettibili con varietà resistenti oppure impiantare specie diverse, anche per una rigenerazione del territorio. «Che non significa solo piantare l’ulivo – aggiunge Infantino – ma anche altre colture. C’è già un pezzo del territorio dove si deve convivere. Quando facciamo il contenimento, già di per sé questo significa che non possiamo eradicare l’organismo nocivo, quindi già è una forma di convivenza con la malattia. Se noi non intervenissimo con le misure di contenimento e di eradicazione – conclude – la malattia si svilupperebbe non solo in Puglia, ma anche nelle altre regioni d’Italia e di Europa molto più velocemente. La Puglia, assieme alla Calabria, produce il 60% dell’olio italiano: se ci fosse un problema anche in Calabria, oppure in Toscana, è chiaro che i danni sarebbero ancora più seri».

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