Uno studio multicentrico internazionale, a cui hanno collaborato in Italia l'Università del Piemonte Orientale, l'Irccs Ospedale San Raffaele di Milan
Uno studio multicentrico internazionale, a cui hanno collaborato in Italia l’Università del Piemonte Orientale, l’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, l’Università degli Studi di Milano, la Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza e l’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, condotto su oltre 22.000 persone con sclerosi multipla (SM) ha scoperto la prima variante genetica associata a una progressione più rapida della malattia, che nel tempo può privare i pazienti della loro mobilità e indipendenza.
La sclerosi multipla è il risultato dell’azione del sistema immunitario che attacca erroneamente il cervello e il midollo spinale provocando riacutizzazioni dei sintomi (ricadute) e degenerazione a lungo termine (progressione) accumulando disabilità. Nonostante lo sviluppo di trattamenti efficaci per le ricadute, nessuno può tuttavia prevenire in modo affidabile l’accumulo di disabilità.
Il lavoro è stato il risultato di un’ampia collaborazione internazionale di oltre 70 istituzioni di tutto il mondo, guidate da ricercatori dell’University of California San Francisco (Usa) e dell’Università di Cambridge (Regno Unito) i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
Per lo studio, due grandi consorzi di ricerca sulla Sclerosi Multipla, l’International Multiple Sclerosis Genetics Consortium (Imsgc) e il MultipleMS Consortium, hanno unito le loro forze consentendo ai ricercatori di tutto il mondo di mettere in comune le risorse necessarie per iniziare a identificare i fattori genetici che influenzano l’andamento clinico della malattia.
In Italia, la ricerca è stata coordinata da Sandra D’Alfonso, docente di Genetica medica presso il Dipartimento di Scienze della salute dell’Università del Piemonte Orientale, in collaborazione con Maurizio Leone, neurologo ricercatore in staff alla Direzione Scientifica della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e coordinatore di Progemus (network italiano di centri SM), Filippo Martinelli Boneschi, docente presso dell’Università degli Studi di Milano, e Federica Esposito, responsabile del laboratorio di Genetica Umana delle Malattie Neurologiche presso l’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano.
Precedenti studi avevano dimostrato che la suscettibilità o il rischio di SM deriva in gran parte da disfunzioni del sistema immunitario e alcune di queste disfunzioni possono essere trattate, rallentando la malattia. Ma “questi fattori di rischio non spiegano perché, a dieci anni dalla diagnosi, alcune persone con la SM siano sulla sedia a rotelle mentre altri continuino a correre maratone”, ha spiegato Baranzini, professore di neurologia presso l’Ucsf e co-autore senior dello studio.
Dopo aver setacciato oltre sette milioni di varianti genetiche, i ricercatori ne hanno trovata una associata a una progressione più rapida della malattia. La variante si trova tra due geni senza precedente associazione alla SM: uno coinvolto nella riparazione delle cellule danneggiate, l’altro aiuta a controllare le infezioni virali.
I risultati di questo studio costituiscono i primi indizi per affrontare la componente del sistema nervoso della SM e suggeriscono che la resilienza e la riparazione nel sistema nervoso determinano il corso della progressione della malattia.
I ricercatori italiani coinvolti nello studio sottolineano come “questo lavoro rappresenta un’importante svolta nell’ambito della medicina di precisione, in quanto potrebbe, per esempio, portare all’uso di terapie più aggressive sin dall’inizio in quei soggetti portatori di varianti genetiche sfavorevoli per la progressione. Inoltre, la conoscenza di questa variante e dei due geni in prossimità della variante potrebbe permettere di sviluppare nuovi farmaci che agiscano sul meccanismo d’azione di questi due geni e rallentino la progressione della malattia”.
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