Arrestata la moglie di Troiano, tra i latitanti più pericolosi d’Italia e braccio destro del boss Raduano

L'altroieri i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Foggia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare appli

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L’altroieri i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Foggia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare applicativa della misura degli arresti domiciliari, emessa dalla sezione del Riesame delle Misure Cautelari del Tribunale di Bari dopo il rigetto del ricorso per Cassazione, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo, che ha diretto e coordinato le indagini dei militari dell’Arma, a carico della moglie del latitante Gianluigi Troiano, ritenuta – allo stato del procedimento – gravemente indiziata di favoreggiamento aggravato dall’agevolazione dell’associazione mafiosa.

Questa mattina, dinanzi al Tribunale Collegiale di Foggia, presieduto dal dott. Mario Talani, è iniziato il processo a carico di Antonello Scirpoli, alias “Musulin”, 21enne di Vieste, accusato di aver favorito la latitanza di Gianluigi Troiano, braccio destro del boss Marco Raduano, 39 anni, detto “Pallone”, a capo dell’organizzazione criminale nella città di Vieste.

In particolare, gli investigatori dell’Arma, nell’ambito delle ricerche del 30enne di Vieste, evaso dagli arresti domiciliari con applicazione del ‘braccialetto elettronico’ circa un anno e mezzo fa da Campomarino, dove era sottoposto a tale misura cautelare dal Gup di Bari per reati di criminalità organizzata di matrice mafiosa, attraverso complesse ed articolate investigazioni, dirette e coordinate dalla Dda di Bari, come accertato in fase di indagini preliminari, hanno ricostruito la contestata attività di favoreggiamento posta in essere per garantire la latitanza del marito da parte della 23enne viestana.

In concorso con altri due soggetti già destinatari nel dicembre scorso della misura della custodia cautelare in carcere per la medesima contestazione, avrebbe offerto appoggi logistici, coperture, veicoli per gli spostamenti, ospitalità, schede telefoniche, denaro e beni di ogni genere a favore del coniuge, aiutandolo in questo modo a sottrarsi alle ricerche dell’Autorità Giudiziaria, il tutto, sempre secondo le contestazioni degli inquirenti, con l’aggravante di aver commesso il fatto allo scopo di avvantaggiare l’associazione mafiosa di appartenenza del latitante, riconducibile a Marco Raduano, quale articolazione operativa su Vieste del clan ‘Lombardi-Ricucci-La Torre’, evitandone così l’arresto e consentendo inoltre al gruppo criminale di poter fare affidamento sullo stesso per continuare ad operare sul territorio.

Dopo la cattura i militari dell’Arma hanno ristretto ai domiciliari la donna, madre di tre bambini piccoli, in attesa delle successive fasi processuali.

Sono poi tuttora attivamente in corso da parte dei militari dell’Arma le indagini per il rintraccio del super latitante inserito nell’elenco dei primi 100 di massima pericolosità in Italia, nonché ulteriori accertamenti per verificare l’eventuale coinvolgimento di altri soggetti “vicini” al viestano nella relativa attività di favoreggiamento.

Proprio ieri, il Gup del Tribunale di Bari, a seguito di giudizio abbreviato, ha condannato il 21 enne di foggia Luciano Calabrese (destinatario in precedenza della misura cautelare della custodia in carcere), ad una pena di tre anni di reclusione, oltre all’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni, in aderenza quindi alle richieste della Dda di Bari.

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