Il 2022 è stato l'anno più secco in Europa da quando ci sono rilevazioni scientifiche (seconda metà dell'800): al primo posto per estensione delle are
Il 2022 è stato l’anno più secco in Europa da quando ci sono rilevazioni scientifiche (seconda metà dell’800): al primo posto per estensione delle aree colpite dalla siccità, al secondo posto per riduzione della portata dei fiumi.
Il 63% dei fiumi europei l’anno scorso è stato al di sotto della media 1991-2020, ed è stato il 6/o anno consecutivo di portate sotto la media per i corsi d’acqua del continente.
Lo rivela il rapporto annuale di Copernicus, il servizio Ue di osservazione della Terra, “European State of the Climate 2022”.
Nell’inverno 2021-2022, gran parte dell’Europa ha avuto meno giorni di neve della media, in molte regioni per meno di 30 giorni. In primavera, le precipitazioni sono state sotto la media in molte zone, con il mese di maggio meno piovoso della storia. La mancanza di neve invernale e l’estate calda hanno portato a una perdita record di ghiaccio dai ghiacciai delle Alpi, più di 5 km2.
La scarsità di piogge è continuata nell’estate, con ondate di calore eccezionali che hanno portato a siccità estesa e prolungata. Secondo Copernicus,
il Sud dell’Europa ha avuto il numero più alto mai registrato di giorni con “stress termico molto forte”, e il trend in tutta Europa è in crescita. Unico aspetto positivo, nel 2022 la quantità di radiazione solare ricevuta dal continente è stata la più elevata in 40 anni, con un trend in crescita nello stesso periodo.
Le temperature medie in Europa negli ultimi 5 anni, dal 2018 al 2022, sono state di 2,2 gradi Celsius sopra i livelli pre-industriali 1850-1900. Il rapporto diffuso oggi ribadisce i dati sul clima europeo già anticipati da Copernicus a gennaio. L’anno scorso è stato il secondo anno più caldo mai registrato in Europa da quando ci sono rilevazioni scientifiche: 0,9 C sopra la media storica 1991-2020, record superato solo dal 2020. Il 2022 ha avuto l’estate più calda mai registrata: 1,4 C sopra la media trentennale.
A livello mondiale, gli ultimi 8 anni sono stati i più caldi mai registrati, e le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto il livelli più alti mai rilevati dai satelliti: 417 parti per milione per l’anidride carbonica e 1.894 parti per miliardo per il metano. Nel 2022 la temperatura media nel mondo è stata 1,2 gradi sopra i livelli pre-industriali. L’Accordo di Parigi del 2015 sul clima prevede di mantenere la temperatura sotto 2 gradi dalla media pre-industriale 1850-1900, e la Cop26 di Glasgow ha abbassato questa soglia a 1,5 gradi.
Allarme scioglimento dei ghiacciai
Intanto la perdita di ghiacci in Antartide e Groenlandia tocca un nuovo record: negli ultimi 30 anni è quintuplicata, raggiungendo 7.560 miliardi di tonnellate, l’equivalente di un gigantesco cubo di ghiaccio con lati di 20 chilometri. Lo scioglimento di questa enorme quantità contribuisce ora a più di un quarto dell’innalzamento globale del livello del mare, corrispondente a circa 21 millimetri dal 1992, mettendo a rischio le regioni costiere di tutto il mondo. Sono i dati che emergono dal nuovo rapporto della collaborazione scientifica internazionale Imbie (Ice Sheet Mass Balance Intercomparison Exercise), finanziata da Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Nasa, utilizzata anche dal Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc).
Il nuovo studio, guidato dall’Università britannica di Leeds, ha coinvolto 68 esperti provenienti da 41 tra centri di ricerca e organizzazioni e si è avvalso delle misurazioni compiute da 17 missioni satellitari di Nasa ed Esa, come quella del programma europeo Copernicus. D’ora in poi, il rapporto Imbie verrà aggiornato ogni anno, per garantire alla comunità scientifica i dati più recenti a disposizione.
Le calotte polari hanno perso ghiaccio ogni anno da quando è iniziato il monitoraggio dei satelliti, nel 1992. Il picco è stato raggiunto nel 2019 quando, a causa di un’ondata di caldo nella regione artica, si sono registrati 612 miliardi di tonnellate di ghiacci in meno: di questi, 444 miliardi di tonnellate sono andati perduti nella sola Groenlandia.
All’inizio degli anni 90, lo scioglimento delle calotte glaciali rappresentava solo una piccola frazione (5,6%) dell’innalzamento del livello del mare. Da allora, però, lo scioglimento è aumentato di cinque volte ed è ora responsabile di oltre un quarto (25,6%) di tutto l’innalzamento. Se la perdita di ghiacci continuasse con lo stesso ritmo, l’Ipcc prevede che, entro la fine del secolo, Antartide e Groenlandia causeranno un aumento del livello globale del mare compreso tra 148 e 272 millimetri.
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