Questa volta a finire in zona rossa nel primo bimestre 2023 con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale sono Umbria, Marche, Piemo
Questa volta a finire in zona rossa nel primo bimestre 2023 con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale sono Umbria, Marche, Piemonte, Puglia e, per la prima volta, il Veneto. In zona arancione: Toscana, Sardegna, Emilia Romagna, Liguria e Lombardia. In zona bianca: Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Basilicata, Molise, Trentino Alto Adige.
“Lo scenario definito dalle nostre elaborazioni rileva ancora una diffusa emergenza, da Nord a Sud del Paese. E ciò che preoccupa sempre di più in questa nostra mappatura è, ancora una volta, l’incidenza di mortalità dei giovanissimi lavoratori. Quelli che hanno un’età compresa tra i 15 e i 24 anni: più di tre volte superiore a quella dei colleghi che hanno un’età compresa tra i 35 e i 44 anni. Anche in termini assoluti, poi, la tragicità della situazione delle nuove generazioni è più che evidente. Sono infatti 9 su 100 le giovani vittime registrate sul lavoro tra gennaio e febbraio. Stiamo parlando di nove ragazzi con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni”. Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, rileva così i dati più drammatici dell’ultima analisi condotta dal proprio team di esperti.
Nel dettaglio dell’indagine dell’Osservatorio mestrino, infatti, si scopre che l’incidenza di mortalità minima viene rilevata tra i 35 e i 44 anni (pari a 0,9 infortuni per milione di occupati), mentre nella fascia dei più giovani, ossia tra 15 e 24 anni, l’incidenza è più che triplicata e arriva a 3,5 infortuni mortali ogni milione di occupati, ed è ancora più elevata nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni (11,6) e nella fascia di lavoratori 55-64enni (6,9).
Altrettanto significativo il dato relativo agli stranieri deceduti in occasione di lavoro: sono 10 su 73. Anche qui l’analisi sull’incidenza infortunistica svela chiaramente come gli stranieri abbiano un rischio di morte sul lavoro superiore rispetto agli italiani. Gli stranieri infatti registrano oltre 4 morti ogni milione di occupati, contro 3 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati.
È la Lombardia a piangere il maggior numero di vittime (14) in occasione di lavoro. Seguono: Piemonte (10), Veneto (9), Emilia Romagna (7), Toscana e Puglia (6), Marche (4), Umbria e Campania (3), Sardegna, Liguria, Sicilia e Lazio (2), Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e Calabria (1). A Foggia il 18 gennaio Rocco Romano è morto sul lavoro schiacciato da un mezzo pesante (i dettagli).
Nel primo bimestre del 2023 è il settore Trasporti e Magazzinaggio a far registrare il maggior numero di decessi in occasione di lavoro: sono 14. Seguito dalle Costruzioni (9) e dalle Attività Manifatturiere (8). La fascia d’età numericamente più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è sempre quella tra i 55 e i 64 anni (33 su un totale di 73). Le donne che hanno perso la vita in occasione di lavoro da gennaio a febbraio 2023 sono 3; mentre in 4 hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro. Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 10, mentre sono 6 quelli che sono deceduti a causa di un infortunio in itinere. Il lunedì e il mercoledì sono i giorni della settimana in cui si è verificato il maggior numero di infortuni mortali nel primo bimestre dell’anno: rispettivamente con il 20,5% del totale degli infortuni mortali in occasione di lavoro e il 19,2%.
Le denunce di infortunio sono in diminuzione del 29,1% rispetto a fine febbraio 2022. Erano infatti 121.994 a febbraio 2022. Nel 2023 sono scese a 86.483. E la flessione più evidente è quella rilevata nel settore della Sanità (lo scorso anno erano 19.786 le denunce, mentre a fine febbraio 2023 sono diventate 4.184). E continua ad essere altrettanto importante il decremento registrato per le denunce nel settore dei Trasporti: passate dalle 11.225 del 2022 alle 3.926 del 2023. In tutti questi numeri è molto probabilmente determinante la diminuzione delle denunce di infortunio per Covid: secondo le stime lo scorso anno nel periodo gennaio-febbraio erano circa 33.000, un valore rilevante in quanto equivalente a circa un quarto delle denunce dei primi due mesi del 2022.
Nella graduatoria del nuovo anno per settore, il maggior numero di denunce arriva dalle Attività manifatturiere (9.359), seguita dalla Sanità (4.184), dai Trasporti (3.926), dal Commercio (3.805) e dalle Costruzioni (3.804). Le denunce di infortunio delle lavoratrici italiane nel primo bimestre dell’anno sono state 31.867, quelle dei colleghi uomini 54.616.
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