Dei 45 imputati di reati mafiosi rinviati a giudizio l’11 novembre prossimo, 26 sono di Manfredonia Non è esplicitamente menzionata come uno de
Dei 45 imputati di reati mafiosi rinviati a giudizio l’11 novembre prossimo, 26 sono di Manfredonia
Non è esplicitamente menzionata come uno dei trenta e passa “clan” della mafia Garganica come registrati dalla Dia, ma a guardare gli elenchi dei rinviati a giudizio per reati di mafia, c’è da prendere atto che la città del golfo entra a pieno titolo in quel novero non certo gratificante. Solo nell’ultimo elenco diffuso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, a seguito dalla operazione “Omnia nostra”, su 45 imputati di reati vari, ben 26 (ventisei) sono di Manfredonia. E i crimini loro contestati (l’udienza preliminare è fissata all’undici novembre prossimo) hanno una solida radice mafiosa: trasferimento fraudolento di fondi; estorsioni; rapina; tentato omicidio; armi; incendio; violenza privata; spaccio; autoriciclaggio.
L’augurio è che in giudizio venga fuori un’altra realtà anche perché tra gli imputati c’è pure un consigliere comunale, ma la rappresentazione che la DDA fa di questa parte di Manfredonia è raccapricciante. E desta preoccupazione. Fino ad ora non era mai stato reso esplicito quello che si presenta come un sottofondo di una comunità che esprime ben altri valori e cultura. Un sottofondo che è stato sempre accomunato alla cosiddetta “mafia garganica” all’ombra della quale ha evidentemente agito e prosperato. Non è infatti dato sapere se quei ventisei costituiscono una massa operativa autonoma, o è solo un nucleo le cui diramazioni affondano nei mille rivoli di una città godereccia, che si accontenta di un modesto carpe diem.
Eppure in un recente passato sono risuonati tanti campanelli d’allarme. Il più eclatante anche perché ha coinvolto l’intera immagine della città, è stato certamente lo scioglimento per intervento del Ministero dell’Interno, dell’amministrazione comunale in carica, per infiltrazioni mafiose con conseguente dichiarazione di ineleggibilità di sindaco, vice sindaco e un consigliere (la Cassazione ha confermato il provvedimento per il consigliere, mentre per i primi due si attende la decisione). Ci sono state anche alcune interdizioni da parte del Prefetto di Foggia, di attività legate essenzialmente al mondo della pesca. E tante dicerie, illazioni, sussurri. Il dato di fatto è che nonostante lo scioglimento e le interdizioni non ci sono stati atti giudiziari penali. Almeno fino ad ora: la città è sotto osservazione, come dimostra l’iniziativa della DDA nei confronti di cittadini manfredoniani.
Gli interrogativi che si avanzano non solo da parte di semplici cittadini, sono tanti e grevi di incognite. La situazione complessiva non è certamente delle migliori. Ci sono tante, forse troppe zone d’ombra impenetrabili. L’economia locale in affanno ben oltre le difficoltà oggettive generali nazionali. Manfredonia e territorio, nonostante abbiano risorse eccellenti spendibili (porti, aree industriali, beni culturali, mare) non è riuscita a metterle a frutto. La disoccupazione è paurosa, l’esodo specie di giovani rilevante. Mancano input di governo realistici che determinino non un cambiamento, ma un rinnovamento totale. Manfredonia rimane una città sospesa nel nulla velata di mafia. La condizione ottimale, l’humus ideale nel quale prosperano le situazioni denunciate dalla DDA.
Michele Apollonio
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