Caro spesa, 4 su 10 portano via gli avanzi dal ristorante con la “doggy bag”. “Fenomeno in aumento”

Con il caro spesa determinato dai rincari energetici e la necessità di ridurre gli sprechi salgono a quasi 4 su 10 (39%) i consumatori che portano a c

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Con il caro spesa determinato dai rincari energetici e la necessità di ridurre gli sprechi salgono a quasi 4 su 10 (39%) i consumatori che portano a casa gli avanzi del ristorante con la cosiddetta “doggy bag”, il contenitore per recuperare il cibo non consumato ed evitare così che venga buttato. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe’ che fotografa come la crisi causata dai rincari energetici stia cambiando le abitudini dei cittadini. Una svolta evidente con il numero delle persone che non lascia gli avanzi nel piatto quando va a mangiare fuori è, infatti, praticamente raddoppiato nel giro di meno di dieci anni.

Con l’inflazione che ad agosto 2022 ha raggiunto il record dal 1985 e i beni alimentari in aumento del 10,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente – rileva Coldiretti -, per molte famiglie è diventato indispensabile ridurre al massimo gli sprechi. Una situazione che spinge così sempre più persone a superare l’imbarazzo e chiedere di portare via quanto rimasto sul piatto per consumarlo successivamente tra le mura domestiche.

Dall’analisi Coldiretti/Ixè si evidenzia però che il 17% la richiede solo raramente mentre il 12% degli italiani ritiene che sia da maleducati, da poveracci e volgare o si vergogna comunque a richiederla. Infine c’è anche un 22% degli italiani non lascia alcun avanzo quando va a mangiare fuori mentre il resto non li chiede perché non sa che farsene.

La doggy bag è spinta anche da una nuova sensibilità verso la riduzione degli sprechi alimentari, oggi resa tanto più necessaria dalla crisi economica, adottando strategie che vanno dal ritorno in cucina degli avanzi ad una maggiore attenzione alla data di scadenza, fino alla spesa a chilometri zero dal campo alla tavola con prodotti più freschi che durano di piu’ secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’.

Di fronte a questa nuova esigenza – riferisce la Coldiretti – la ristorazione si attrezza e in un numero crescente di esercizi, per evitare imbarazzi, si chiede riservatamente al cliente se desidera portare a casa il cibo o anche le bottiglie di vino non finite e si mettono a disposizione confezioni o vaschette ad hoc.  Un servizio nei confronti del cliente che ha un costo per ristoranti e agriturismi considerato i rincari che devono affrontare dall’energia alla carta da asporto con le buste per il confezionamento e la conservazione degli alimenti che cominciano addirittura a mancare.

Con oltre 1/3 della spesa alimentare degli italiani destinato ai consumi fuori casa le difficoltà della ristorazione si trasferiscono a cascata sull’intera filiera. A rischio secondo la Coldiretti c’è un sistema che dai campi alla tavola vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila imprese agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.

Si stima secondo la Coldiretti che oltre il 10% delle imprese siano a rischio di chiusura per rincari  diretti e indiretti determinati dall’energia che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio nelle campagne mentre il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti

Come per il gas anche e soprattutto nell’alimentare l’Italia deve intervenire sui costi energetici – conclude Coldiretti – per difendere la propria sovranità alimentare tagliando i costi energetici per salvare aziende e stalle e scongiurare il rischio concreto di un crack nazionale.

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