Un ominide camminava su due gambe già 7 milioni anni fa

Camminava già su due gambe, pur mantenendo la capacità di arrampicarsi e muoversi a quattro zampe sugli alberi, l'antico ominide Sahelanthropus tchade

Nuove offerte di lavoro nel Foggiano: si cercano 37 nuovi profili professionali
Estate in crisi, Ferragosto a rischio maltempo: previsioni meteo
A Ferragosto in 150mila nei musei, oltre 500mila nel ponte

Camminava già su due gambe, pur mantenendo la capacità di arrampicarsi e muoversi a quattro zampe sugli alberi, l’antico ominide Sahelanthropus tchadensis vissuto 7 milioni di anni fa nell’Africa centrale.

I diversi modi di locomozione di Sahelanthropus (fonte: S. Riffaut, G. Daver, F. Guy/PALEVOPRIM/CNRS – Università di Poitiers) © Ansa

Lo dimostra l’analisi di tre ossa degli arti superiori e inferiori ritrovate nel 2001 in Ciad, nel sito di Toros-Menalla situato nel deserto del Djurab. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature da un team guidato dal Centro nazionale di ricerca scientifica (Cnrs) francese, suggerisce dunque che il bipedalismo – cruciale per l’evoluzione umana – sarebbe stato acquisito subito dopo la separazione tra l’antenato delle attuali scimmie antropomorfe e l’antenato degli uomini moderni.

L’ipotesi era già stata avanzata in passato, alla luce della morfologia del cranio di Sahelanthropus tchadensis, rinvenuto quasi completo e soprannominato Toumai (‘speranza di vita’ nella lingua locale).

L’orientamento e la posizione anteriore del foro occipitale (l’apertura che mette in comunicazione la base della scatola cranica con il canale vertebrale) indicava infatti una modalità di locomozione bipede. Uno studio pubblicato nel 2020 su Journal of Human Evolution, con la partecipazione dell’antropologo Damiano Marchi dell’Università di Pisa, aveva invece contestato questa possibilità sulla base di un’analisi di morfologia funzionale di un femore fossile parziale, ritrovato sempre a Toros-Menalla.

Lo stesso reperto è ora al centro del nuovo studio francese, insieme a due ulne di S. tchadensis. I reperti sono stati esaminati per quanto riguarda la morfologia e la struttura interna secondo una ventina di parametri diversi. I dati così ottenuti sono stati poi messi a confronto con quelli relativi a ossa di scimmie fossili ed esistenti (come scimpanzé, gorilla, oranghi, scimmie del Miocene e anche Homo sapiens).

Secondo i ricercatori, la struttura del femore indicherebbe che Sahelanthropus era solito muoversi su due gambe a terra e probabilmente anche sugli alberi. Le caratteristiche degli avambracci, però, suggeriscono che l’ominide era in grado di arrampicarsi sugli alberi e muoversi su quattro zampe grazie a una forte presa, molto diversa da quella di gorilla e scimpanzé che invece si appoggiano sul dorso delle falangi.

Secondo il paleoantropologo Daniel E. Lieberman dell’Università di Harvard, il femore di Sahelanthropus non può essere considerato come la pistola fumante del bipedalismo, ma comunque assomiglia più al femore di un antenato bipede dell’uomo che a quello di una scimmia quadrupede. “Se considerato insieme all’orientamento del foro occipitale, che è compatibile solo con il bipedalismo, sembra ragionevole dedurre che Sahelanthropus fosse in un certo senso bipede e che fosse anche ben adattato ad arrampicarsi sugli alberi”, scrive l’esperto in un articolo di commento su Nature.

“Alcuni milioni di anni dopo, pure Australopithecus si è evoluto per essere un efficiente camminatore pur mantenendo vari adattamenti necessari ad arrampicarsi sugli alberi. E’ solo nel genere umano, Homo, che si sono persi gli adattamenti necessari per muoversi tra gli alberi mentre diventavano abili corridori. Detto questo – aggiunge l’esperto – sappiamo poco altro dell’andatura di Sahelanthropus. Un mix di camminata e arrampicata ha senso, considerato che Sahelanthropus viveva vicino a un lago con una foresta adiacente”.

COMMENTI

WORDPRESS: 0