Boom di infezioni con i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici ci stanno rendendo più vulnerabili alle infezioni o sono destinati a farlo nel prossimo futuro. L'impatto del 58% delle mal

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I cambiamenti climatici ci stanno rendendo più vulnerabili alle infezioni o sono destinati a farlo nel prossimo futuro.

Boom di infezioni con i cambiamenti climatici (archivio) (ANSA)

L’impatto del 58% delle malattie infettive note, infatti, sarà aggravato dalle nuove condizioni climatiche a cui sta andando incontro la Terra.

È l’allarme contenuto in uno studio della University of Hawaii di Honolulu e pubblicato su Nature Climate Change. E dalla Cina arriva la notizia di un nuovo virus che ha infettato 35 persone. Denominato Langya (LayV) appartiene alla famiglia degli Henipavirus, la stessa a cui fanno capo il virus Hendra e quello Nipah, entrambi con elevata letalità. I primi dati suggeriscono che il nuovo virus non abbia la capacità di diffondersi efficacemente nell’uomo e che è meno aggressivo dei suoi parenti stretti.

I ricercatori che hanno pubblicato su Nature Climate Change hanno scoperto oltre mille dinamiche attraverso cui i cambiamenti climatici possono favorire la diffusione nell’uomo degli agenti patogeni. Il riscaldamento e i cambiamenti nelle precipitazioni, per esempio, possono fare espandere vettori come le zanzare, le zecche, le pulci e quindi le infezioni da essi trasmesse; il riscaldamento a latitudini elevate consente sia ai vettori sia agli agenti patogeni di sopravvivere all’inverno, aggravando le epidemie nelle stagioni calde; temperature elevate, siccità, incendi possono distruggere l’habitat di diverse specie o renderlo inospitale e portare i patogeni più vicini all’uomo. Fenomeni di questo tipo sono stati lamentati quest’anno: come conseguenza della siccità di portata straordinaria, le zanzare sono state attratte dalle zone popolate dall’uomo dove era garantita la disponibilità di acqua.

Non va meglio con le precipitazioni eccezionali: questi eventi possono portare al trabocco di acque reflue e alla trasmissione di agenti infettivi che si trovano in esse. I ricercatori, poi, sottolineano un’ipotesi estrema, ma non remota: lo scongelamento del permafrost potrebbe rimettere in circolo patogeni congelati da tempo. Quest’ultima circostanza, scrivono i ricercatori, “potrebbe essere considerata un vaso di Pandora”, visto il numero potenzialmente elevato di agenti patogeni intrappolati nel ghiaccio nel corso dei millenni e il fatto che molti di essi possono essere sconosciuti al sistema immunitario dell’uomo.

I cambiamenti climatici potrebbero inoltre indurre cambiamenti nei microbi: le ondate di calore, per esempio, potrebbero selezionare agenti resistenti al calore. Questi potrebbero essere molto pericolosi perché capaci di far fronte a una delle principali difese del corpo umano: la febbre. “L’enorme numero di malattie e vie di trasmissione che sono aggravati dai rischi climatici rivela l’entità della minaccia per la salute umana rappresentata dai cambiamenti climatici e l’urgente necessità di azioni aggressive per mitigare le emissioni di gas a effetto serra”, concludono i ricercatori.

La notizia del nuovo virus cinese è stata invece riportata da ricercatori afferenti a diverse istituzioni cinesi sul New England Journal of Medicine. L’indagine che ha portato all’identificazione del nuovo virus è partita da una paziente 53enne ricoverata a fine 2018 per febbre e altri sintomi simil-influenzali in un ospedale cinese in cui era attiva la sorveglianza per infezioni potenzialmente di origine animale. Tutti avevano febbre, circa la metà soffriva di stanchezza, tosse, anoressia, dolori muscolari, carenza di globuli bianchi; circa un terzo aveva nausea, mal di testa, vomito, carenza di piastrine, alterazioni della funzionalità epatica; meno di 1 su 10 problemi ai reni. Non sono stati riportati decessi tra i 26 pazienti.

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