Capitaneria, assolti il comandante e il vice di motovedetta accusati di furto: “Orrore giudiziario”

Comandante e vice di motovedetta della Capitaneria assolti dall’accusa di furto per insussistenza dei fatti. Lo ha deciso il Tribunale militare di

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Comandante e vice di motovedetta della Capitaneria assolti dall’accusa di furto per insussistenza dei fatti. Lo ha deciso il Tribunale militare di Napoli (competente per la materia per tutto il Meridione) al termine di un processo articolato e serrato, con udienze a cadenza settimanale, con più di cinquanta testimoni e combattuto a suon di consulenze tecniche e indagini difensive, con un primo risultato sorprendete nella sua fase conclusiva: la richiesta di assoluzione formulata dal pubblico ministero.

A riassumerla in poche righe la vicenda giudiziaria che ha riguardato il comandante e il suo vice della più importante motovedetta della Capitaneria di Porto di Manfredonia, la CP 281, parrebbe impresa consueta eppure quanto sofferto dai predetti militari ha dell’incredibile se solo si pensi che l’indagine preliminare del proprio procedimento è durata più di cinque anni oltre gli altri segmenti processuali conseguenti.

In tali lunghissimi frangenti i due imputati, entrambi sipontini, sono stati destinati ad altro, relegati ai margini e in fine trasferiti di autorità in Sardegna ad oltre 1.000 Km dalle loro famiglie. Una storia agghiacciante che prende le mosse dai sistemi elettronici della unità navale, sempre segnalati da tutti come non funzionanti, con innumerevoli richieste di riparazioni e soprattutto sostituzioni, e che facevano risultare l’imbarcazione in posizioni diverse da quelle dichiarate nei giornali di bordo, ma che qualcuno delle superiori gerarchie aveva incredibilmente dimenticato che tali apparecchiature fossero in avaria e così cagionando ipotesi delittuose atte a sottrarre carburante che mai nessuno – compreso un equipaggio di oltre dieci addetti – aveva visto né trasbordare né effettivamente mancare.

E dunque una attività investigativa piena di pareri tecnici, osservazioni e intercettazioni ambientali che hanno comportato ingenti esborsi economici all’amministrazione giudiziaria ma al contempo non hanno fruttato nulla in termini risolutivi. Soddisfatto il legale dei militari, l’avv. Pierpaolo Fischetti (nella foto in basso): “Sono orgoglioso per il giusto giudizio conseguito e per l’estenuante lavoro che ci ha impegnati in una istruttoria dibattimentale dura e complessa; di contro vedere in udienza personalmente il procuratore capo, il cui confronto con questi ci ha dato una spinta motivazionale maggiore, ci ha permesso di poter dimostrare a pieno l’incredibile orrore posto in danno dei miei assistiti”.

“Basti solo dire, e lo abbiamo dimostrato documenti alla mano, che questo procedimento penale nasceva dalle lettere anonime del personale militare della Capitaneria di Manfredonia arrestato nell’operazione ‘Nettuno’, per tentare di gettare discredito su chi effettivamente e quotidianamente conseguiva risultati encomiabili. Adesso, anche chi ha fatto finta di non sapere ne risponderà”, conclude il legale che ringrazia l’ing. Cosimo Olivieri “per tutto l’aiuto dato  nella scienza navale”.

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