Sanda Cungette… tradizioni & Ricordi

Le tradizioni sono una risorsa, culturale e anche economica, ma anche uno strumento importante e utile nel comprendere il presente partendo dal passat

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Le tradizioni sono una risorsa, culturale e anche economica, ma anche uno strumento importante e utile nel comprendere il presente partendo dal passato. Perpetuandole si può valorizzare il territorio, nel recupero di queste ricchezze, conoscendo le proprie radici nei riti e nei modi di vivere di un tempo. Conoscenze e sapere: risorse indispensabili per scoprire chi siamo e, magari, anche per farci conoscere al di fuori dei propri confini territoriali.

Franco Rinaldi è un appassionato di storia e delle tradizioni prettamente sipontine e, qui di seguito, potete leggere un suo scritto dove ci racconta di una delle usanze tipicamente manfredoniane che si svolge nel mese di dicembre: i falò alla vigilia dell’Immacolata Concezione.
Ogni commento o ulteriore nota di presentazione è superflua, chi desidera spendere pochi minuti del suo tempo nel leggere cosa scrive Franco Rinaldi non risulterà affatto pentito.

Mi ricordo da ragazzo, che qualche giorno prima della Festa dell’Immacolata Concezione, si andava di casa in casa a far la cerca della legna: “a legna pa fanoje a Sanda Cungètte” o “a legne pa fanoje alla Cungètte” per il falò alla vigilia di Santa Concetta.

Per la questua della legna, si faceva prima il giro delle case di tutto il mio quartiere (abitavo vicino la chiesa di S.Michele); poi si andava presso “i frabbeche”  presso i cantieri edili dove erano in costruzione nuove abitazioni, per reperire “i sbadacchje avanzande” pezzi di legno che i carpentieri lasciavano a terra inutilizzati dopo la costruzione delle strutture per le abitazioni.

La raccolta della legna continuava presso le botteghe dei carradori “i maste carrire” (per la verità in quei giorni il capomastro si faceva trovare fuori della bottega ”pu staiule mmene” per paura di essere derubato del legname accatastato fuori della bottega); poi ci si recava presso le botteghe dei falegnami “i putoje i falegneme”: da “maste Dumeneche i Moneche”, da “maste Luigge a iatte”, da “maste Marcòcce veciune u lavandjine”, a raccattare “i vambogghje” (i trucioli) e pezzetti di legno che servivano per accendere “a fanoje”; infine, si andava “a mere u purte” (zona Molo di Levante) presso i cantieri navali, a chiedere (si fa per dire) i pezzi di legno di scarto sparsi nel cantiere vicino le barche in costruzione. Per la verità, il più delle volte venivamo inseguiti e presi a mal parole dai calafati, che erano gelosissimi del loro legname.

Man mano che la legna veniva portata nel punto stabilito per il falò, solitamente “ammizze i quatte candùne” veniva accatastata a mò di piramide.
I falò in tutti quartieri della Città venivano accesi verso le 20,30 alla vigilia dell’Immacolata Concezione.

La sera dell’accensione del falò la maggior parte delle persone del vicinato dove aveva luogo l’antico rito uscivano di casa e si riunivano intorno al fuoco. Ci si scaldava e nel contempo si scherzava, con il crepitio della legna che ardeva velocemente; dalle fiamme, che si innalzavano verso il cielo, fuoriuscivano “i sfaille” che scoppiettavano “pericolosamente” sulle teste dei convenuti. Quando la fiamma si abbassava, i ragazzi più coraggiosi si divertivano a saltare sul fuoco entrando in competizione tra loro e dicendo “’Nzi bbune a zumbè sopu fuche”, redarguiti continuamente dalle mamme e dalle nonne. Man mano che il fuoco si consumava, consuetudine voleva che sotto la cenere si mettevano a cuocere patate e cipolle e si arrostivano le sponsali  “sopa a radichele misse sope a nu trepide de firre”.Prima di rientrare nelle proprie abitazioni, le donne riempivano con una paletta il proprio braciere di tizzoni ardenti e cenere  per riscaldarsi durante la notte. Ci si lasciava intonando una antica cantilena: ”…Tezzone e carevone ognune ognune ai chese lore, se tò n’ji ‘nde ne vè, passa a morte e te vone a pegghjè” (ripetuta per  tre volte).

In tutte le chiese si teneva e si tiene tuttora la Novena “a Nuoje” all’Immacolata Concezione.

Il giorno di Santa Concetta (Festa dell’Immacolata Concezione) tradizione vuole che si friggono le pettole, un’antica usanza tuttora in auge a Manfredonia, che si gustano calde e bagnate nel vin cotto prodotto artigianalmente tuttora in campagna o in casa con fichi d’India maturi.

La conta dei giorni che precede il Natale nel giorno di Santa Concetta viene pronunciata con il detto: ”Sanda Cungette e Natele a diciassette” (Santa Concetta e Natale a diciassette).

L’8 dicembre 1854, Papa Pio IX proclamava la “Donna Vestita di Sole” esente dal peccato originale, tutta pura e Immacolata. Ma la storia della devozione per Maria Immacolata è molto più antica. La proclamazione del dogma non ha introdotto una novità, ma semplicemente coronato una lunghissima tradizione. E’ dalla devozione per l’Immacolata che ottenne immediata diffusione, in Italia, il nome femminile di Concetta, mentre in Spagna quello di Concepcion: un nome che ripete l’attributo più alto di Maria “sine labe originali concepta”, cioè concepita senza macchia di peccato e, perciò Immacolata.

Il rito dei falò alla vigilia dell’Immacolata Concezione continua tuttora  a Manfredonia presso la chiesa di S.Giuseppe a Monticchio, presso il quartiere “Croce” e presso il quartiere della case popolari della parrocchia di S.Carlo, dove grossi falò vengono accesi in onore dell’Immacolata.

Matteo Fidanza

Pettolata a Rionero in Vulture

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