Puglia, ben 10mila donne hanno chiesto aiuto ai centri antiviolenza. Con il Covid-19 impennata di casi: “Maltrattamenti per gran parte in famiglia”

È con questo slogan #non sei sola che la Regione Puglia intende celebrare quest’anno il 25 novembre, la giornata internazionale della lotta alla viole

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È con questo slogan #non sei sola che la Regione Puglia intende celebrare quest’anno il 25 novembre, la giornata internazionale della lotta alla violenza sulle donne. Il 2020 è stato ed è tuttora un anno particolarmente duro, insidioso, difficile, ancor più duro per le donne vittime di violenza, e per i loro figli, doppiamente chiuse e isolate nel loro dolore. Il Covid-19 non ha fermato la violenza, come dimostrano i dati sugli accessi ai Centri anti violenza. Dopo il calo delle richieste di aiuto registrato a marzo rispetto a febbraio 2020 (-37% di accessi – 47% di prese in carico – 14% di allontanamenti di urgenza), nei mesi successivi è stato registrato un significativo cambio di passo con incrementi elevatissimi rispetto a marzo ma anche ai mesi precedenti.

La Regione Puglia è impegnata fin dall’approvazione della legge regionale 29/2014 e del suo primo piano operativo, nell’opera di sostenere, anche economicamente, le reti antiviolenza.  Oltre alle risorse indistinte trasferite ai Comuni pugliesi per il sistema integrato dei servizi sociali, tra cui anche le risorse per interventi di tutela e protezione, nel periodo compreso tra il 2014 e il 2019, sono state destinate ai servizi antiviolenza e ai percorsi di autonomia delle donne, circa 16 milioni di euro, tra fondi regionali, nazionali e comunitari.  A questi interventi, si aggiunge la corsia di accesso preferenziale per le donne vittime di violenza, quale target speciale, alla misura regionale di contrasto alla povertà e di inclusione sociale del Reddito di Dignità.  Nel corso del 2020 sono stati già erogati ai Comuni euro 900.000 per la continuità dei programmi antiviolenza, gestiti dai CAV convenzionati, e per il sostegno ai percorsi di autonomia delle donne, resi ancora più complicati dall’emergenza pandemica.  Saranno erogati a inizio 2021 1,8 milioni di euro su risorse regionali da destinare ai nuovi programmi antiviolenza e circa 2 milioni di euro su risorse statali (DPCM 2019), sempre in favore dei centri antiviolenza e delle case rifugio di prima e seconda accoglienza e a copertura degli interventi diretti alle donne da realizzarsi nel 2021. 

Dai dati raccolti dall’Osservatorio regionale, dal 2014 al 2019, emerge che sono state circa 10.000 le donne entrate in contatto con i centri antiviolenza, con una media di percorsi avviati del 60% (spesso le donne si avvicinano solo per una richiesta di informazioni prima di maturare la decisione di chiedere aiuto per uscire dalla situazione di violenza). 

Con riferimento, invece, ai dati relativi agli accessi delle donne ai centri antiviolenza nel 2019 emerge che:

  • Per il 90% dei casi, le donne sono di nazionalità italiana: di queste il 65% si è rivolto spontaneamente al centro antiviolenza anche se cresce la percentuale in invii fatti dagli altri soggetti della rete antiviolenza;
  • Nel 95% dei casi, la violenza si consuma in famiglia: infatti, nell’86% dei casi gli autori della violenza sono il partner e l’ex partner, nel 9% “parenti”;
  • le donne più “esposte” alla violenza sono le coniugate (42%), seguono le donne nubili (23%) e le donne separate/divorziate (21%);
  • la violenza è trasversale alle fasce di età, ai titoli di studio, alla condizione lavorativa anche se la percentuale più alta viene registrata tra donne che hanno età compresa tra i 30 e i 49 anni (62%); 
  • le tipologie di violenza denunciate confermano l’ordine di prevalenza dell’anno precedente: violenza prevalente è quella fisica (49%), seguita da quella psicologica (38%), dallo stalking (6%); anche se la violenza psicologica accompagna tutte le forme di violenza; 
  • il 56% delle donne si era già rivolto ad altri servizi prima di contattate il centro antiviolenza e, in diversi 
  • il 52 delle donne che si sono rivolte ai CAV ha denunciato (6% in più rispetto al 2018). Solo il 2% dei casi ha ritirato la denuncia. La percentuale così alta evidenzia che le donne si sentono più “pronte” a denunciare quando adeguatamente sostenute, come nel caso dell’accompagnamento fornito dai cav;
  • la mancanza di lavoro è un problema per molte delle donne che subiscono violenza: Il 45% delle donne non ha occupazione mentre il 17,5% delle donne ha un’occupazione precaria. Il dato mette  in evidenza l’importanza delle misure messe in campo dalla regione Puglia per sostenere l’autonomia delle donne, compresa quella abitativa e il reinserimento socio lavorativo: oltre alle specifiche risorse trasferite ai Comuni e ai centri antiviolenza per il sostegno ai percorsi di autonomia, anche abitativa, i servizi sociali dei comuni possono richiedere direttamente l’accesso al reddito di dignità, misura regionale di contrasto alla povertà e all’esclusione,  al fine di sostenere in maniera tempestiva le donne che affrontano il percorso di liberazione dalla violenza;
  • sono più di 100 le donne, quasi sempre seguite da figli minori, allontanate dalle loro abitazioni a causa della violenza intrafamiliare e inserite nelle case rifugio ad indirizzo segreto.  

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