UNA LAPIDE di marmo commemorativa del tragico sacco del 1620 di Manfredonia da parte dei Turchi: l’ha predisposta il Rotary club di Manfredonia nella
UNA LAPIDE di marmo commemorativa del tragico sacco del 1620 di Manfredonia da parte dei Turchi: l’ha predisposta il Rotary club di Manfredonia nella ricorrenza del quarto centenario di quei tre cruenti giorni (16,17,18 agosto) che segnarono profondamente la storia di Manfredonia. Una iniziativa meritoria che in qualche modo emenda la città dalla colpevole dimenticanza per quattrocento anni della mancata memoria storica di un misfatto che ha segnato la vita di una città nel suo pieno vigore culturale, economico e sociale.
Ci son voluti dunque quattrocento anni e una sollecitazione della Gazzetta (15 agosto scorso) e di queste pagine, per riparare ad una lacuna storica i cui effetti si sono riverberati nei secoli successivi. A ristabilire un doveroso contatto con la storia millenaria e articolatissima di Manfredonia diretta erede dell’altrettanto gloriosa Siponto, ci hanno pensato Raffaele Fatone e Bruno Rinaldi, presidente e vice presidente del club rotariano di Manfredonia, realizzando la lapide che sarà apposta, d’accordo la Commissione straordinaria al comune, sulla facciata del municipio, ex convento dei domenicani uno degli obiettivi distruttori dall’assalto turchesco, con una cerimonia da definire.
<UN SEMPLICE ma crediamo doveroso ricordo anche se molto postumo – hanno affermato Fatone e Rinaldi – di un evento probabilmente tra i più tragici che la città abbia subito>. Un evento sul quale, ma specialmente sulle conseguenze che si sono determinate, sarebbe opportuno avviare approfondimenti storici per chiarire i tanti aspetti della vicenda sui quali gravano sospetti e intrighi rimasti oscuri, riguardanti vicende locali ma ancor più problematiche della storia quanto meno europea, mai sopite e che pare ritornino alla ribalta. Non a caso nel testo inciso sulla lastra di marmo si fa riferimento a questi aspetti: <Il Rotary club di Manfredonia affida alla memoria e al pensiero delle future generazioni il giudizio storico espresso dall’illustre concittadino professor Cristanziano Serricchio nel libro “l’Islam e la Croce”: “L’odio, la vendetta, la guerra eterna tra due fedi hanno bisogno di tempo perché gli uomini prendano consapevolezza della loro assurdità”>.
IL ROMANZO “L’Islam e la Croce” (Marsilio 2002) di Serricchio (1922-1912) poeta, drammaturgo, saggista, romanziere, senza rifuggire dal racconto degli avvenimenti localistici che esamina con occhio critico (per indagare sul rapimento ad opera dei turchi di Giacometta Beccarini e del suo trasferimento a Malta, si è recato in quell’arcipelago ove ha trovato tracce importanti tra cui l’unica immagine di Giacometta-Shafira), segna, nel pur articolato panorama della specifica letteratura, un passo avanzato nell’analisi della complessa e secolare problematica delle civiltà occidentale-cristiana e orientale-islamica. Il concetto di fondo sostenuto da Serricchio è quello del superamento delle barriere fideistiche a beneficio di convivenze culturali multietniche già sperimentate con successo nei secoli scorsi. E’ questione di tempo, confida Serricchio,
UN ESEMPIO concreto viene proprio da Manfredonia, sviluppatosi sulla traccia dell’economia. I turchi sono presenti da un paio di anni, in veste di imprenditori multinazionali avendo rilevato lo stabilimento vetrario “Sisecam” (ex Sangalli) accolti in amicizia dal governo italiano, e soddisfazione dei duecento dipendenti locali tornati al lavoro dopo una lunga e travagliata pausa.
Michele Apollonio
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