Una generazione sfortunata. Sono quelli che il lavoro se lo sono inventato

Ci sono ferite e si avvertono sofferenze che stanno lasciando il segno. E nel Sud sta emergendo in modo drammatico la fragilità del sistema soci

DIRITTI, DOVERI e RESPONSABILITA'
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Ci sono ferite e si avvertono sofferenze che stanno lasciando il segno. E nel Sud sta emergendo in modo drammatico la fragilità del sistema socioeconomico: lavoro nero, rendite improduttive, evasione… precari, migranti che tornano…

Sfumano le aspettative per gli stagionali che in estate trovano lavoro sulle spiagge, nei chioschi, in montagna e nelle città d’arte. Pino l’ho incontrato a novembre dello scorso anno, partiva per Cortina. Da molti anni è pendolare, si fa tutta la stagione invernale, torna ad aprile e subito dopo sulla riviera romagnola. Mantiene una famiglia. Era contento. E’ tornato a marzo, ed è senza reddito.

Una generazione sfortunata. Nell’ultimo ventennio, migliaia di diplomati e laureati sono andati all’estero. Quelli rimasti hanno frequentato corsi, aspettato, accettato lavori precari… Tommaso, laurea in economia, lavorava da un anno nel Lazio: gestione aziendale, organizzazione, contabilità… diverse mansioni e non gli dispiaceva. Giulia educatrice di sostegno, finalmente con una lunga supplenza in Lombardia. Mario era partito a febbraio verso il Trentino per le colonie estive. Il primo incarico importante. Era fiducioso, conosce l’inglese, la musica… Una di quelle figure factotum. Poi Luca tornato da Londra dove insegnava musica, Federica da Barcellona… Sono “rimpatriati” a maggio e sono in attesa. Con la sensazione di dover ricominciare tutto daccapo.

Per qualcuno è stata una generazione sfortunata quella della prima guerra mondiale, per altri quella della crisi del ’29 o della seconda guerra mondiale. Le persone di cui stiamo parlando avevano tra 20 e 30 anni all’inizio della crisi del 2008, è stato detto loro di inventarsi il lavoro, hanno resistito, si stavano riprendendo…

Mia figlia ha perso il lavoro e io ho perso le speranze, ha 45 anni, ha fatto varie cose, promesse… l’altra sta in Germania da molti anni e lo scorso anno ha preso la cittadinanza tedesca e sono contento… E poi quelli che vanno fuori devono subire anche le critiche perché non stanno qui a lottare!” Così un anziano giornalista di Foggia, ancora attivo nel campo dell’informazione.

Sulle spiagge non si sa ancora quante persone potranno trovare occupazione. Erano in due, li ho incontrati mentre si recavano a compiere un piccolo trasloco. “Abbiamo lavorato ai lidi di Siponto per togliere le alghe, poi gli ombrelloni… Forse quest’anno non facciamo niente”. Sono quelli dei lavoretti. La crisi dell’ultimo decennio aveva già ridotto le opportunità provenienti da un’economia informale, che permetteva piccole entrate in nero: guardiania al pesce sbarcato di notte, caricare mercanzie sui furgoni… manovalanza generica insomma. Ora sembra che tutto sia cancellato. Non hanno completato l’obbligo scolastico, solo esperienze di lavoro precario, non hanno competenze, né forse autostima. Sono i Neet. Senza istruzione e lavoro. Sono tanti e non se ne parla più.

Situazioni difficili in un contesto abituato alla dipendenza, una provincia (Foggia) periferica e lacerata dalla criminalità. Dove si pensa all’aeroporto e non alle strade. Dove si è perso la capacità di pensare e progettare. Dove, come in altre aree del Sud, la rendita derivante da patrimonio e capitale acquisito supera quella proveniente dal lavoro; sono i ricchi. Un territorio dove estese situazioni marginali sono ignorate dalla politica, e dalla sinistra, che ha dimenticato il radicamento, le origini, il valore della cultura, delle conoscenze.

Il reddito di cittadinanza in Capitanata ha interessato 13.000 persone. A Manfredonia 1500. Opportunità di lavoro zero. Meno male che c’è stato, si dice, almeno molti hanno resistito alla crisi del Coronavirus. Ed è vero. Ma ora? Il buon senso richiederebbe di azzerare tutti gli interventi, nazionali. regionali, comunali, mettere da parte i bonus di vario genere e dubbia efficacia e offrire un reddito decoroso a tutti quelli che l’hanno perso o non l’hanno mai avuto. Un reddito perequativo per 6 mesi o un anno. Mettere tutti sullo stesso piano, aprire nuove prospettive. Con una attenzione particolare alle donne, ai giovani, alle famiglie con minori…. Permettere a tutti (anche a chi governa) di guardarsi attorno e pensare a cosa fare.

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A cura di Paolo Cascavilla, fonte futuriparalleli.it

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