Manf TV Logo
MENU

LA PESCA IN ALTO MARE

L’APERTURA a Manfredonia di una sede della “Uila Pesca Puglia”, sindacato di settore, ha riacceso i riflettori sul «cuore della marineria pugliese e

Riparte da Manfredonia la lotta contro le truffe agli anziani
Monte Sant´Angelo, Manfredonia e Bovino nella Top 10 delle città più visitate in Puglia
Il Meteo a Manfredonia e le temperature
L’APERTURA a Manfredonia di una sede della “Uila Pesca Puglia”, sindacato di settore, ha riacceso i riflettori sul «cuore della marineria pugliese e tra le realtà più rilevanti dell’intero Adriatico» ha sancito il neo responsabile che ha così proseguito «una scelta non casuale, in un momento in cui il settolre ittico attraversa una fase complessa, tra normative stringenti, carenza di manodopera e concorrenza sleale».
DIAGNOSI fotografica ma solo parziale di una situazione che a Manfredonia da tempo naviga in un tempestoso alto mare. Sono molto eloquenti, in sintesi, due riferimenti emblematici della situazione: la circostanza che per la sede di Manfredonia, «non abbiamo trovato un bravissimo operatore da mettere qua» ha dichiarato il segretario provinciale delle Uila, Antonio Castriotta annunciando che la sede di Manfredonia sarà tenuta da personale proveniente dalla sede di Foggia; la chiusura ormai congenita del mercato ittico, una moderna articolata struttura che dovrebbe costituire il cuore delle attività ittiche, è invece abbandonata a sé stessa.
UN SETTORE dalle fondamentali risorse lasciato alla deriva, privo di una governance che sappia tenere la barra ben salda e indirizzata verso una valorizzazione del vasto e variegato mondo, diretto e indotto, che gira affannosamente intorno al settore ittico. E tanto da anni ormai.
LA SCELTA della Uila Pesca di approdare a Manfredonia è da apprezzare e l’augurio è che riesca a «dare dignità e centralità a un comparto che soffre» come è stato detto alla inaugurazione. Va ad aggiungersi ad altre organizzazioni del settore presenti sulle rive del golfo adriatico: la Coldiretti Pesca, l’Unci (Unione delle cooperative italiane), l’Agci (Associazione delle cooperative italiane). Tutte con le medesime attività operative. Che, stando a quanto appena accennato, non pare abbiano realizzato granché.
DA QUESTI riferimenti, sia pure schematici, si evince chiaramente che la situazione è ben lontana da quella che fondatamente dovrebbe essere e che pure in qualche modo è stata. Terribilmente eloquente è la contrazione subita dalla flotta peschereccia passata da circa cinquecento barche a meno di duecento. Con tutto quel che si trascina appresso. E l’orizzonte è buio. Tanti armatori (pare una sessantina) aspettano gli esiti dell’ultimo bando ministeriale per la rottamazione dei pescherecci emesso il 19 luglio scorso, per valutare se demolire o meno il proprio peschereccio.
LA CRISI è profonda, le cause tante, interdipendenti fra loro. Oggettive come il sovrasfruttamento delle risorse ittiche, le normative sempre più restrittive, l’inquinamento marino, l’aggiornamento delle tecniche operative; soggettive come l’accentuata autonomia e indipendenza dei pescatori, la resistenza al cambiamento. Manca quella transizione culturale essenziale per ogni adeguamento ai tempi che corrono e si trasformano. Il che vuol dire educazione e sensibilizzazione all’aggiornamento di mentalità che generi una identità condivisa, il senso della comunità. Un discorso rivolto essenzialmente ai giovani alquanto restii, va anche detto, a dedicarsi ai mestieri del mare.
UN OBIETTIVO di cui dovrebbero farsi carico le varie organizzazioni presenti sul territorio che si occupano di questo settore. I trascorsi tentati sono stati una sequela di fallimenti. Nel marzo del 2011, il Comune di Manfredonia definì un “Regolamento di costituzione e funzionamento dell’osservatorio della pesca” col quale ci si proponeva di «monitorare, analizzare, approfondire le attività legate al settore ittico, in modo da acquisire elementi utili per la propria attività, nonché di costituire uno strumento di coordinamento fra i diversi operatori del settore in modo da favorire la diversificazione e razionalizzazione delle attività, la valorizzazione del prodotto, l’accorciamento della filiera, l’adeguamento alla evoluzione normativa, l’aggregazione e l’internazionalizzazione delle imprese». Inutile rilevare che sono state delle belle intenzioni finite al vento. Il Comune si disimpegnò completamente del settore.
IL FULCRO del discorso doveva essere la gestione del mercato ittico oggi in concessione dall’Autorità di sistema portuale ad una associazione di pescatori. Nel tempo si sono susseguite diverse gestioni tutte perse nel nulla. Qualcuna è addirittura finita in Tribunale. Dovrebbe essere la “Casa del pescatore”, è invece il luogo da evitare. I produttori di pesce, i pescatori, preferiscono fare da sé, affidarsi ai cinque/sei “grossisti” attrezzati che fungono da mercati di smistamento del pescato la gran parte spedita via autofurgone, verso i grandi mercati nazionali dove è molto apprezzato e dove “si guadagna di più”.
UNA STRAORDINARIA risorsa ormai marginale che non riesce a valorizzare il suo grande business economico metodicamente regredito ad una sfera di operatori sempre meno motivati e incapaci di mettere a frutto gli anticorpi che pure il settore ha in sé. Manfredonia rimane con l’aureola di città marinara dagli orizzonti vacillanti.
Michele Apollonio