SCEMPIO CONTINUO DELLE ANTICHE MURA DELLA CITTA’

IL COMANDANTE Civilis ed ora consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Giuseppe Marasco, fra una operazione di bonifica di fiumi e di campagne inva

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IL COMANDANTE Civilis ed ora consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Giuseppe Marasco, fra una operazione di bonifica di fiumi e di campagne invase da carcasse di automobili, e denunce per abbandoni di rifiuti, si occupa e preoccupa del decoro della città. Sono tanti gli aspetti che garbatamente ma decisamente segnala alle civiche autorità perché intervengano opportunamente. L’Ultima in odine di tempo è la segnalazione della frana di un tratto di mura antiche della città. Una comunicazione corredata da foto e filmati che mostrano il grave pericolo che corre uno degli ultimi tratti delle mura erette a difesa della nascente città. Esteso per alcune decine di metri è rimasto nascosto da un caseggiato che si affaccia su via Palatella, poco distante da Piazza Marconi, abbandonato da tempo e ridotto in uno stato fatiscente, mentre dalla parte opposta è coperto da condomini.
EBBENE Marasco ha riscontrato e denunciato il cedimento alla base del muro alto un cinque metri, che lascia facilmente prevedere che l’intera parete è destinata a crollare da un momento all’altro. «Si perderà pertanto – rileva sconfortato – anche quel sia pure breve pezzo di cinta ultima impronta della costruzione di Manfredonia». Se si eccettua il torrione Santa Maria e un breve tratto di mura restaurati diversi anni addietro, tutto il sistema di difesa intorno alla città, è sparito. «Delle possenti mura che cingevano Manfredonia – rileva – non rimane che un pallido e indifferente ricordo. Quasi fossero un impiccio, un rudere da destinare all’oblio».
PRIMA Manfredi di Svevia e poi Carlo D’Angiò e infine gli Aragonesi, li eressero a protezione della nascente città erede dell’antica Siponto. Una fortificazione monumentale costituita da bastioni continui che correvano lungo il perimetro della città interrotti a intervalli da possenti torrioni che facevano capo al castello fortunosamente salvato. Un’opera di ingegneria di rilievo ormai pressoché sparita, non tanto per effetto dello scorrere del tempo (risalgono al 1256), quanto per una riprovevole mal considerazione dei popoli che hanno abitato la città che ha dato il nome al golfo adriatico sulle cui sponde è stata eretta. «Non solo non hanno avuto nessuna considerazione di quelle testimonianze di antichi fasti – annota Marasco – ma se ne sono serviti per finalità utilitaristiche le più diverse ma tutte con propositi distruttivi. Addirittura usate come sostegno alle abitazioni o inglobate nelle stesse».
UNA DISTRUZIONE continuata, fino ai giorni correnti. E nonostante nel frattempo ci siano stati richiami di studiosi ma anche di privati cittadini, per una opportuna attenzione per quel poco che è rimasto, mai nessuno, nessuno, è intervenuto per porre fine allo scempio e salvare qualche frammento di memoria prestigiosa e preziosa. Si è colpevolmente lasciato distruggere un patrimonio storico e culturale ineguagliabile, utile anche ai fini turistici. Dopo la autorevole denuncia di Marasco si muoverà qualcosa?
Michele Apollonio

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