MANFREDONIA/ LA FLOTTA PESCHERECCIA DIMEZZATA DI OLTRE IL 50%. DA 500 A 200 BATTELLI, IL MERCATO ITTICO IN AFFANNO E SUI NATANTI MANCA ADDIRITTURA IL PERSONALE

“I pesci ci sono, mancano i pesca­tori”: in estrema sintesi è la situazione che il mondo della pesca sipontina si ritrova ad affrontare alla ripre

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“I pesci ci sono, mancano i pesca­tori”: in estrema sintesi è la situazione che il mondo della pesca sipontina si ritrova ad affrontare alla ripresa dell’at­tività lavorativa dopo l’ul­timo fermo biologico obbli­gatorio di 45 giorni.

Quello della mancanza di manodo­pera è uno degli aspetti di un settore in crisi. In linea pe­raltro con una situazione di difficoltà nazionale che sta minando dalle fondamenta ima risorsa tradizionalmente di grande rilievo, alle prese con fondate preoccupazioni. Tutti gli indicatori di settore (numero di battelli, consi­stenza degli addetti, giornate lavorative produzione com­plessiva, ricavi) esposti dall’Associazione generale cooperative italiane, sono in deciso e progressivo ribasso.

Manfredonia vocata tradi­zionalmente alla pesca, è lo specchio lampante di tale si­tuazione di depressione che non è congiunturale bensì strutturale. Alla base vi è infatti l’orientamento della Comunità europea di ridi­mensionare il settore, di ri­durre lo sforzo di pesca at­traverso l’emanazione di re­golamenti e direttive che im­brigliano ima attività che per natura è improntata alla massima indipendenza. Gli effetti di tale indirizzo si ve­dono in maniera eclatante a Manfredonia un tempo tra le maggiori flotte non solo della Puglia. Una ricchezza anda­tasi gradualmente assotti­gliando. Lo si rileva anche visivamente guardando i vuoti nel porto peschereccio.

Dagli oltre 500 battelli si è scesi a circa duecento com­prese le barche della piccola pesca. E il dimagrimento del­la flotta continua: più di venti barche sono in lista di de­molizione. Altre sono in ven­dita. Mentre alcune altre ri­schiano di fermarsi per man­canza di personale. Non c’è un cambio generazionale: i giovani, quelli rimasti, aspi­rano ad altro, emigrano. È il futuro che viene meno.

Di tale situazione è sin­tomaticamente inquietante la mancata riapertura del mercato ittico, uno dei più grandi e articolati, costruito quando la flotta peschereccia riempiva il porto storico, gli addetti superavano il paio di migliaia, girava un comples­so indotto, dai cantieri navali aUe officine meccaniche, e il settore costituiva un accre­ditato pilastro dell’economia manfredoniana. Un centro nevralgico del settore ora ne­glettamente deserto.

Il Co­mune se ne è disfatto nel 2018 cedendo all’Autorità di sistema portuale che lo ha dato in fìtto ad una cordata di pescatori che lo hanno ammodernato introducendo an­che l’asta elettronica. Ma i pescatori locali lo disertano preferendo conferire il pe­scato ad altre organizzazioni. Ma qui subentra anche una certa riluttanza all’emancipazione.

Le prospettive sono niente affatto rosee. Anzi si aspetta il peggio. C’è una levata di fronda nei confronti delle in­novazioni imposte dalla Unione europea sui pesche­recci come il tablet dove annotare i movimenti del pe­scato, il blue box un sistema di controllo satellitare del pe­schereccio, ed ora è in arrivo, nonostante la generale levata di scudi, anche la telecamera a bordo.

«Non ci manca che met­terci il braccialetto elettro­nico alla caviglia» ha com­mentato un pescatore. La pe­sca sempre più all’angolo. La UE ha deliberato di vietare la pesca sul 10 per cento delle aree di mare e su quelle restanti si potrà lavorare solo tre giorni alla settimana.

gazzetta capitanata

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