Associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali e al riciclaggio aggravata dal metodo mafioso. Sono le accuse rivolte agli indagati
Associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali e al riciclaggio aggravata dal metodo mafioso.
Sono le accuse rivolte agli indagati della mega operazione ribattezzata ‘Moby dick’ della polizia e della guardia di finanza, sotto il coordinamento della procura europea, che ha portato all’arresto di 43 persone (di cui 34 in carcere e nove ai domiciliari, a cui si aggiungono altre quattro misure interdittive).
E’ stato eseguito un sequestro di beni per un totale di circa 520 milioni in relazione a una maxi truffa con false fatturazioni per 1,3 miliardi.Nel provvedimento di sequestro ci sono complessi residenziali e immobiliari, per un valore di circa 10 milioni di euro in varie parti d’Italia, mentre alcune misure sono state eseguite all’estero.
Sono quattro gli indagati della provincia di Foggia: di questi Pasquale Rinaldi classe 1971 di Manfredonia è stato raggiunto dalla misura cautelare in carcere, mentre Vito e Gianfranco Colamussi, classe 1977 e 1981 di Orta Nova, sono finiti gli arresti domiciliari
L’indagine ha riguardato la ‘frode carosello’ sull’Iva intracomunitaria nel settore del commercio dei prodotti elettronici e informatici tra Lussemburgo, Spagna, Olanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania, coinvolgendo anche una ventina di società estere e alcuni “esponenti della criminalità organizzata siciliana e campana, i quali, intravedendo gli ingenti profitti del business, ne sono entrati a far parte fornendo provviste finanziarie, così riciclando altresì i proventi di altre attività criminali”.
La frode sarebbe stata realizzata sfruttando il regime di non imponibilità ai fini Iva previsto per le operazioni commerciali intracomunitarie, interponendo in un’operazione tra imprese di Paesi diversi un soggetto economico fittizio, cosiddetta ‘cartiera’ (o società fantasma o missing trader), che acquista la merce dal fornitore comunitario senza l’applicazione dell’Iva per poi rivenderla a un’impresa nazionale (anch’essa coinvolta nella frode) con l’applicazione dell’Iva ordinaria italiana.
Condotta fraudolenta in quanto la società “cartiera”, invece di vendere la merce maggiorata del proprio utile e versare l’Iva incassata dalla sua cessione, la venderebbe sottocosto senza versare all’erario l’imposta indicata sulla relativa fattura emessa.
Lo schema fraudolento avrebbe consentito agli indagati di immettere sul mercato nazionale beni a prezzi molto concorrenziali e prevede, di norma, ulteriori passaggi in cui la merce viene venduta, sempre sottocosto, a favore di altre imprese italiane (cosiddette ‘filtro’ o ‘buffer’), inserite nel circuito con l’esclusiva finalità di rendere più difficile l’identificazione dello schema e dei suoi beneficiari finali, rappresentati dalle società cosiddette broker, ovvero le imprese effettivamente operative che, acquistando il prodotto dalla buffer con applicazione dell’Iva, vantano nei confronti dell’Erario il credito Iva corrispondente.
L’effetto finale è quello di rivendere la merce sul mercato interno, approfittando del prezzo d’acquisto artificiosamente concorrenziale, oppure rivenderla all’estero spesso alle stesse aziende comunitarie (denominate ‘conduit’ ) che hanno originato la catena commerciale vendendo originariamente alla missing trader, per far sì che il carosello ricominci.
Il danno per l’Unione Europea è costituito dall’Iva indicata nelle fatture emesse dalle missing trader o “cartiere”, che hanno acquistato la merce senza applicare l’imposta e che la collocano sul mercato nazionale applicandola invece al compratore, senza però versarla all’Erario, ma ripartendola tra i complici della frode.
“Imponenti i numeri delle imprese coinvolte nella frode scoperta: 269 missing trader, 55 buffer, 28 società broker e 52 conduit estere, per un volume complessivo di fatture soggettivamene false pari a 1,3 miliardi di euro nel quadriennio 2020-2023”.
–
COMMENTI