Il Mediterraneo ha sete e ne avrà sempre irrimediabilmente di più. C’è una scadenza, il 2050, e c’è una prospettiva non proprio confortante. I Pae
Il Mediterraneo ha sete e ne avrà sempre irrimediabilmente di più. C’è una scadenza, il 2050, e c’è una prospettiva non proprio confortante. I Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum, entro questa data, saranno stritolati tra la crescente domanda di acqua e la diminuita disponibilità di risorse idriche. Sul banco degli imputati c’è il cambiamento climatico che determina eventi climatici scomposti: lunghi periodi di siccità alternati a bombe d’acqua sempre più distruttive che mandano in tilt sistemi progettati per un altro contesto climatico.
Per affrontare il tema cruciale dell’impoverimento idrico, la parola d’ordine è cooperazione soprattutto su consumi, efficientamento, interconnessione, riuso e fonti alternative.
Regione Puglia, Acquedotto Pugliese e «The European House – Ambrosetti» hanno indicato nel percorso dell’integrazione una via per fronteggiare le emergenze in materia di carenza idrica. E lo hanno fatto sfruttando la cassa di risonanza di Ecomondo, evento di riferimento in Europa e nel bacino del Mediterraneo per la transizione ecologica e i nuovi modelli di economia circolare che si chiude oggi a Rimini. Ne è nato un paper «Water for the Mediterranean: quale Agenda per i prossimi anni», in cui si scatta la prima fotografia unitaria dell’area. Criticità, ma soprattutto best practice da mettere a sistema a beneficio di tutti. In particolare di Paesi come l’Italia la cui economia è fortemente condizionata dalla disponibilità idrica. Il report racconta che l’Italia è primo nell’area per valore aggiunto attivato dalla filiera dell’acqua e raccoglie numeri chiave, competenze strategiche e infrastrutture rilevanti nel Mediterraneo allargato, un’area da 1,3 miliardi di abitanti e 12,5 trilioni di dollari di Pil, che si estende dall’Atlantico al Golfo Persico e include 45 Paesi (di cui 22 con affaccio diretto sul mar Mediterraneo) e zone collegate, tutte densamente popolate e ricche di biodiversità, ma oggi accomunate dagli impatti del cambiamento climatico. Una filiera cruciale e tuttavia ancora troppo poco centrale nell’agenda politica.
In questo scenario la Puglia rappresenta un hub strategico, per la posizione geografica e come modello per la gestione dell’acqua in situazioni estreme: mancanza di fonti primarie e scarse precipitazioni. Queste sfide sono state storicamente affrontate con un’infrastruttura unica, eccezionalmente complessa e interconnessa, e proseguono oggi con un imponente piano di investimenti mirati alla tutela dell’acqua, all’economia circolare, alla transizione energetica e alla digitalizzazione. «La straordinaria interconnessione del sistema idrico pugliese – ha sottolineato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano – rende la Puglia un osservatorio particolarmente efficace. Tra l’altro gli importanti investimenti di Aqp, che con 127 euro pro capite superano sia la media italiana di 70 euro sia quella europea di 82, vanno sempre più nella direzione tracciata dall’Agenda per il Mediterraneo e pongono la regione come hub qualificato e strategico per lo scambio di competenze».
Per la Regione Puglia a Ecomondo è intervenuto Rocco De Franchi, direttore della Comunicazione istituzionale. «Questo è un tema etico e politico. La grande sfida del presente, oltre all’inverno demografico dell’Europa, è la gestione della risorsa acqua nel Mediterraneo. Due dati eclatanti provengono dall’autorevole studio di Ambrosetti: il 15% del Pil dell’area mediterranea è collegato alla gestione delle acque; l’area geografica di riferimento della ricerca vedrà un aumento della popolazione del 37% al 2050, soprattutto nel nord Africa, con ogni conseguenza in tema di utilizzo della risorsa idrica. In questi giorni di Ecomondo abbiamo mostrato ad una comunità qualificata, quanto la Puglia, a guida Emiliano, con Acquedotto pugliese e l’Autorità idrica, sia pronta a segnare la traccia di un percorso virtuoso – ha concluso De Franchi – e sia già un riferimento europeo per competenze, energie tecniche ed umane nel governo pubblico della risorsa più preziosa».
Alla presentazione del paper ha partecipato anche il commissario nazionale per l’emergenza idrica, Nicola Dell’Acqua: «Noi – ha commentato – diciamo sempre che ci sono Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come la Spagna e Israele, che possono essere d’esempio. Ma anche in Italia abbiamo delle eccellenze, come ad esempio il sistema Acque del Sud o come Acquedotto Pugliese, che sta dimostrando a tutto il Mediterraneo come si può gestire l’acqua, come si può risparmiare la risorsa e quali sono tutti gli effetti positivi sul Pil che questo comporta. Gli studi comunitari ci dicono che nei prossimi anni il cambiamento climatico comporterà una perdita di Pil per tutta l’Europa. Tutti i Paesi che si infrastruttureranno per combattere la crisi idrica saranno quelli che avranno meno perdita di Pil. Ci sono ovviamente tante criticità in Italia e laddove c’è il sistema idrico integrato che funziona, riusciamo a combatterle».
Sullo studio è intervenuto anche Toni Matarrelli, presiedente dell’Autorità idrica pugliese. «La Puglia rappresenta un modello di buon governo dell’acqua: il sistema di gestione in Puglia è totalmente e questo sta producendo risultati importanti. Basti pensare che, nonostante il 90% delle risorse idriche immesse in rete non appartengano alla Regione Puglia ma vengano da fuori, il costo dell’acqua è di gran lunga inferiore al costo medio dell’acqua in Italia. Un altro dato che ci conforta molto è che negli ultimi 10 anni abbiamo ridotto del 12% le perdite. Infine, dato di cui vado orgoglioso, la qualità delle acque del mare. Dati Ispra dicono che è di gran lunga la migliore in assoluto: il 99,8% delle acque del mare pugliese risulta essere eccellente e questo grazie a un sistema di depurazione in cui il sistema dell’acqua pubblico ha investito moltissimo».
Acquedotto Pugliese ha spiegato che è da tempo impegnato nel know-how transfer e nella cooperazione sia con l’attività della Aqp Water Academy International sia come componente dell’Institut Méditerranée de l’Eau (IME) e del World Water Council, di cui è l’unico rappresentante italiano. L’azienda ha inoltre aderito al Global Compact delle Nazioni Unite. «L’interconnessione, non solo infrastrutturale ma anche delle competenze, è la nostra cifra ed è per noi una priorità – ha sottolineato il presidente di Aqp, Domenico Laforgia -. Questo ci consente, anche in una congiuntura di crisi idrica come quella che stiamo vivendo, di sviluppare una resilienza impraticabile per chi opera su scala più piccola. È importante che tutti accelerino sulla strada di una maggiore integrazione».
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