Questo significa che dobbiamo semplicemente rassegnarci al fatto che molte persone non possono perdere peso? Questo non deve essere necessaria

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Questo significa che dobbiamo semplicemente rassegnarci al fatto che molte persone non possono perdere peso? Questo non deve essere necessariamente vero, anche perché la ricerca recente offre una speranza. La scienza suggerisce che esiste un altro fattore che possiamo controllare, ovvero il cosiddetto microbiota intestinale. Il termine suona familiare, ma cosa c’è dietro?

Microbiota intestinale: di cosa si tratta esattamente?

Il microbiota intestinale corrisponde all’insieme di tutti gli organismi viventi che popolano il nostro intestino. Si tratta principalmente di batteri. Un microbiota intestinale sano contiene fino a 100 ceppi diversi! È importante notare che, affinché l’intestino svolga regolarmente tutte le sue funzioni, è necessario che ci sia un rapporto equilibrato tra i singoli ceppi batterici.

Se un ceppo è contiene troppi batteri o non abbastanza, il microbiota risulta non equilibrato. Tale squilibrio, noto anche come disbiosi, può avere una serie di effetti, non solo sulla digestione, ma anche sul nostro umore, sul nostro sistema immunitario e su molto altro. Ma cosa c’entra tutto questo con il nostro peso?

Microbiota e variazioni di peso: cosa dice la scienza

Attualmente i consigli e suggerimenti su come perdere peso sono molto facili da trovare sui diversi canali di trasmissione delle informazioni come, ad esempio, social media o riviste. Tuttavia, gli studi dimostrano che le diete convenzionali hanno un successo duraturo solo circa nel 20% dei casi per via delle numerose restrizioni.

Ma cosa significa questo per il “restante” 80%? Queste persone dovrebbero semplicemente arrendersi al loro destino? La risposta è no. Nell’ambito della ricerca sul microbiota intestinale sono state fatte da scoperte rivoluzionarie sul legame tra il microbiota intestinale e il modo in cui il nostro corpo gestisce le calorie.

Tra queste figura lo studio dell’ex ricercatore di Harvard P. J. Turnbaugh. Egli ha analizzato il microbiota di un gruppo di gemelli: uno dei quali era in sovrappeso e l’altro no. È emerso che i partecipanti allo studio in sovrappeso (non imparentati) presentavano somiglianze che li distinguevano persino dai loro gemelli non in sovrappeso.

La diversità e la composizione dei batteri intestinali dei partecipanti in sovrappeso era significativamente ridotta e alterata. È quindi possibile che la causa del sovrappeso risieda, almeno in parte, nel microbiota intestinale?

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Per andare a fondo alla questione, il ricercatore ha condotto ulteriori esperimenti ed è riuscito a dimostrare, tra l’altro, che anche il microbiota dei topi sottoposti a un intervento di chirurgia bariatrica era stato alterato. Quando poi ha impiantato questo microbiota alterato in topi che non avevano subito tale intervento, questi hanno comunque perso una quantità significativa di peso, dimostrando che ciò contribuisce in modo significativo alla perdita di peso dei topi sottoposti a tale studio.

Ma come si fa a entrare in possesso del microbiota di un’altra persona? Un famoso medico cinese si era posto questa domanda già nel IV secolo. La sua proposta era relativamente semplice: un trapianto orale di feci. Sfortunatamente, però, questa procedura era, come si può immaginare, poco piacevole, siccome i pazienti dovevano ingerire le feci di un’altra persona. Sebbene questa forma di terapia non sembri particolarmente piacevole (e sebbene nel XVI secolo le fu dato il nome di “sciroppo d’oro”), rimase popolare per molto tempo.

Ancora oggi, il principio del trapianto di feci viene praticato in alcuni casi, ma fortunatamente in modo molto meno spiacevole. Le feci vengono oggi somministrate tramite colonscopia o tramite capsule (fino a 30 al giorno).

Tuttavia, poiché questi metodi non sembrano necessariamente allettanti e il trapianto di feci non è del tutto privo di rischi e, soprattutto, comporta costi elevati, è il metodo da scegliere solo in un numero limitato di casi. Esiste quindi un’alternativa?

Probiotici: il rimedio preferito per i problemi di peso?

È proprio qui che entrano in gioco i cosiddetti probiotici. Si tratta di preparati che contengono microrganismi vivi che si suppone colonizzino l’intestino. L’obiettivo è quello di riequilibrare o “ricostituire” il microbiota nella speranza che, come negli esperimenti descritti sopra, i chili di troppo vengano finalmente eliminati.

Ma è davvero così facile perdere peso? Sembra troppo bello per essere vero, ma oggi ci sono diversi studi che supportano questa teoria. Ad esempio, un gruppo di ricercatori giapponesi ha scoperto che un certo ceppo di batteri influenza l’assorbimento dei grassi nell’intestino e ne favorisce l’eliminazione.

In parole povere: i cibi grassi non finiscono sui fianchi, bensì nel water! Un altro studio è giunto a una conclusione simile: un gruppo di giovani uomini ha seguito per 4 settimane un piano alimentare particolarmente ricco di grassi. Una parte di questo gruppo ha assunto un preparato probiotico, mentre l’altra ha assunto un placebo.

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I partecipanti sono stati esaminati accuratamente sia prima che dopo questo periodo di prova. Inoltre, il loro peso, l’indice di massa corporea e la percentuale di grasso corporeo sono stati registrati. Il risultato è stato sorprendente: i partecipanti al gruppo placebo sono ingrassati significativamente di più rispetto ai partecipanti che hanno ricevuto il probiotico.

I probiotici hanno quindi un grande potenziale nella gestione del peso. Tuttavia, questo solleva un ulteriore problema: l’incredibile varietà di prodotti attualmente in commercio. Come può una persona non esperta distinguere tra prodotti efficaci e non? Il nostro team di esperti si è posto questa domanda.

Qui di seguito vengono illustrati i miti che generalmente ruotano intorno al tema dei probiotici, le caratteristiche qualitative a cui prestare attenzione al momento dell’acquisto e vengono sottoposti a un controllo di qualità 5 prodotti particolarmente popolari al momento.

Miti e dati di fatto sui probiotici

Anche intorno al tema dei probiotici sono emersi rapidamente numerosi miti e affermazioni che rendono ancora più difficile la scelta di un prodotto adeguato. Diamo un’occhiata più da vicino ai miti più diffusi:

Mito 1: un probiotico vale l’altro

Dato di fatto 1: a questa affermazione possiamo rispondere con un chiaro “falso”.

I vari prodotti che abbiamo esaminato si differenziano notevolmente l’uno dall’altro. Ciò è particolarmente evidente, ad esempio, nel numero di ceppi batterici analizzati, nel dosaggio e nella confezione. Tutti questi criteri determinano la qualità di un prodotto.

Mito 2: i probiotici non funzionano perché vengono decomposti dai succhi gastrici e quindi non arrivano vivi nell’intestino

Dato di fatto 2: falso.

Infatti, alcuni batteri, in particolare i fermenti lattici, non sono sensibili ai succhi gastrici. Anche se questo può sorprendere in un primo momento, sembra invece essere logico: dopo tutto, anche i batteri già presenti nel nostro intestino, che abbiamo ingerito, hanno percorso la stessa strada e sono arrivati vivi nel nostro intestino.

Mito 3: i probiotici non forniscono quasi nessun batterio in più rispetto alla normale alimentazione

Dato di fatto 3: anche questo è piuttosto falso.

Da un lato bisogna dire che esistono alimenti con proprietà probiotiche: lo yogurt, ad esempio, ma anche i crauti e il kimchi coreano, attualmente molto diffuso, contengono fermenti lattici. Tuttavia, di solito la varietà batterica è molto bassa. D’altra parte, va considerato che molti prodotti sono pastorizzati, il che uccide i batteri (anche quelli buoni).

Tra l’altro, anche la quantità di batteri varia notevolmente. Un buon prodotto a base di ceppi batterici contiene almeno 20 miliardi di unità formanti colonie (ufc). La stessa quantità è contenuta in circa 25 kg (!) di yogurt, che è ben superiore a quella che consumiamo quotidianamente.

Mito 4: L’influenza del microbiota intestinale è sopravvalutata e quindi i probiotici sono inutili

Dato di fatto 4: falso.

Numerosi studi dimostrano il legame tra il microbiota intestinale e la salute. Ad esempio, un team di ricercatori di Chicago ha dimostrato che i topi con un sistema immunitario indebolito avevano una probabilità di sopravvivenza molto più alta dopo il contatto con agenti patogeni se venivano nutriti con il microbiota di topi sani (Kim, 2020).

Esistono studi simili, ad esempio, anche sulle allergie (Hua, 2015) e sulla stanchezza (Fremont, 2013).

Mito 5: Un buon probiotico funziona immediatamente!

Dato di fatto 5: no.

L’idea alla base dei probiotici è quella di sostenere il microbiota intestinale a lungo termine. Considerando quanti batteri contiene il nostro intestino è improbabile che si ottengano risultati significativi da un giorno all’altro.

Anche se alcune persone notano lievi cambiamenti dopo la prima settimana (soprattutto per quanto concerne la digestione), i gastroenterologi, come il dottor Gschwender di Monaco di Baviera, raccomandano di assumere i probiotici per un periodo di almeno 2 o 3 mesi.

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Cosa definisce un prodotto a base di ceppi batterici?

A seguito di una ricerca approfondita, Consulente della Salute ha lavorato con esperti per identificare le 5 caratteristiche qualitative più importanti e ha poi testato 5 prodotti attualmente molto noti proprio per tali caratteristiche.

Caratteristica 1: il numero di ceppi batterici contenuti

Un buon prodotto a base di batteri cerca di avvicinarsi il più possibile alla composizione di un microbiota intestinale umano sano e bilanciato. Tuttavia, l’intestino umano non ospita solo da 3 a 10 ceppi batterici diversi, bensì molti di più. Di conseguenza, dovrebbero essere contenuti almeno 40 ceppi diversi.

 

Caratteristica 2: il dosaggio delle unità formanti colonie

Sebbene cifre come 2, 4 o 10 miliardi di UFC sembrino inizialmente molto impressionanti, le ricerche attuali dimostrano che un intestino sano contiene da 10 a 100 miliardi di batteri. I preparati con un dosaggio troppo basso non sono quindi sufficienti ad apportare un effettivo cambiamento. Attualmente gli esperti raccomandano prodotti con almeno 20 miliardi di CFU.

 

Caratteristica 3: il prezzo

Tutti sono felici quando possono risparmiare. I prodotti che devono essere assunti quotidianamente e a lungo termine possono rivelarsi veramente una spesa enorme. Se fate una piccola ricerca sui vari fornitori di probiotici, noterete che la gamma di prezzi è variegata.

Si sceglie, quindi, l’offerta più economica. Pur non volendo svalutare i prodotti economici e molto economici in generale, vorremmo sottolineare che una buona ricerca, un’attenta selezione dei ceppi, un dosaggio elevato e una confezione adeguata hanno il loro prezzo.

Generalmente bisogna considerare che i prodotti da buoni a molto buoni sono disponibili anche a poco meno di 1 euro al giorno.

 

Caratteriatica 4: sostegno alla mucosa intestinale

Affinché i batteri colonizzino l’intestino e svolgano il loro lavoro, hanno bisogno di un terreno di adeguato, ovvero una mucosa intestinale intatta. Il problema è che la mucosa intestinale è spesso danneggiata, soprattutto in caso di problemi intestinali, il che rende difficile la colonizzazione dei batteri buoni.

Oltre ai batteri, i prodotti contenenti batteri dovrebbero quindi contenere anche sostanze che supportano la mucosa intestinale, come la vitamina B. Nel nostro test, i prodotti che contengono almeno uno di questi ingredienti ricevono 75 punti. Se il prodotto contiene due o più di questi ingredienti, riceve il massimo dei punti.

 

Caratteristica 5: La resistenza della confezione

I batteri vengono messi in una sorta di ibernazione durante la produzione mediante liofilizzazione. Quando entrano in contatto con l’umidità, si “risvegliano”. Se sono disponibili fonti di cibo adeguate, come nel caso dell’intestino, i batteri prosperano.

Il problema è che molte forme di confezionamento non proteggono adeguatamente i preparati dall’umidità. Ad esempio, se le capsule non sono confezionate singolarmente ma insieme in un contenitore di plastica o in un barattolo, i prodotti entrano in contatto con l’aria o l’umidità ogni volta che vengono aperti. Il risultato è che i batteri possono risvegliarsi troppo presto, ma poi non trovano cibo nella capsula e muoiono di fame.

Nel caso delle confezioni in plastica, il problema è aggravato dal fatto che il materiale non sigilla completamente l’umidità. Piccole quantità di umidità possono passare attraverso la confezione. In questi casi, non è raro che tutti i batteri contenuti nella capsula siano già morti quando questa viene ingerita.

I blister in alluminio, in cui ogni capsula è inserita singolarmente in una camera di alluminio ed è quindi protetta in modo ottimale, sono considerati il gold standard del packaging

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