“I PESCI ci sono, mancano i pescatori”: in estrema sintesi è la situazione che il mondo della pesca sipontina si ritrova ad affrontare alla ripres
“I PESCI ci sono, mancano i pescatori”: in estrema sintesi è la situazione che il mondo della pesca sipontina si ritrova ad affrontare alla ripresa dell’attività lavorativa dopo il fermo biologico obbligatorio di 45 giorni. Quello della mancanza di manodopera è uno degli aspetti di un settore in crisi. In linea peraltro con una situazione di difficoltà nazionale che sta minando dalle fondamenta una risorsa tradizionalmente di grande rilievo, alle prese con fondate preoccupazioni. Tutti gli indicatori di settore (numero di battelli, consistenza degli addetti, giornate lavorative produzione complessiva, ricavi) esposti dall’Associazione generale cooperative italiane, sono in deciso e progressivo ribasso. Un campanello d’allarme che preoccupa e che investe altri settori.
MANFREDONIA vocata tradizionalmente alla pesca, è lo specchio lampante di tale situazione di depressione che non è congiunturale bensì strutturale. Alla base vi è infatti l’orientamento della Comunità europea di ridimensionare il settore, di ridurre lo sforzo di pesca attraverso l’emanazione di regolamenti e direttive che imbrigliano una attività che per natura è improntata alla massima indipendenza. Gli effetti di tale indirizzo si vedono in maniera eclatante a Manfredonia un tempo tra le maggiori flotte non solo della Puglia. Una ricchezza andatasi gradualmente assottigliando. Lo si rileva anche visivamente guardando i vuoti nel porto peschereccio.
DAGLI oltre 500 battelli si è scesi a circa duecento comprese le barche della piccola pesca. E il dimagrimento della flotta continua: più di venti barche sono in lista di demolizione. Altre sono in vendita. Mentre alcune altre rischiano di fermarsi per mancanza di personale. Non c’è un cambio generazionale: i giovani, quelli rimasti, aspirano ad altro, emigrano. È il futuro che viene meno.
DI TALE situazione è sintomaticamente inquietante la mancata riapertura del mercato ittico, uno dei più grandi e articolati, costruito quando la flotta peschereccia riempiva il porto storico, gli addetti superavano il paio di migliaia, girava un complesso indotto, dai cantieri navali alle officine meccaniche, e il settore costituiva un accreditato pilastro dell’economia manfredoniana. Un centro nevralgico del settore ora neglettamente deserto.
IL COMUNE se ne è disfatto nel 2018 cedendolo all’Autorità di sistema portuale che lo ha dato in fitto ad una cordata di pescatori che lo hanno ammodernato introducendo anche l’asta elettronica. Ma i pescatori locali lo disertano preferendo conferire il pescato ad altre organizzazioni. Il sistema pesca sipontino è rimasto quello degli albori quando si usciva in mare si gettava la rete, la si ritirava e via a terra a vendere il pescato a chi si trovava in banchina. Il passaggio dalla barca a vela triangolare alle motopesche non ha mutato quella tradizionale routine.
LA CATEGORIA del pescatore è sostanzialmente rimasta quella primordiale. Fortemente restia ai grandi cambiamenti intervenuti manovrati dalla Comunità europea preoccupata di introdurre una attività di pesca sostenibili. Il pescatore dell’Adriatico, del Mediterraneo, si è trovato ad avere a che fare con il “tablet” dove annotare i movimenti del pescato, il “blue box” un sistema di controllo satellitare del peschereccio, ed ora è in arrivo, nonostante la generale levata di scudi, anche la telecamera a bordo.
«NON ci manca che metterci il braccialetto elettronico alla caviglia» ha commentato un pescatore. La pesca sempre più all’angolo. Le prospettive sono niente affatto rosee. Anzi si aspetta il peggio. La UE ha deliberato di vietare la pesca sul 10 per cento delle aree di mare e su quelle restanti si potrà lavorare solo tre giorni alla settimana.
Michele Apollonio
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