«Negò di aver pagato i clan foggiani»: rinviata al 18 ottobre la decisione su D’Alba

Il gup Susanna De Felice ha rinviato al 18 ottobre la discussione sulla richiesta di rinvio a giudizio per l’imprenditore Michele D’Alba accusato

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Il gup Susanna De Felice ha rinviato al 18 ottobre la discussione sulla richiesta di rinvio a giudizio per l’imprenditore Michele D’Alba accusato di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa per aver negato le estorsioni cui sarebbe stato sottoposto dai clan foggiani. L’inchiesta della Dda di Bari, delegata alla pm Bruna Manganelli, è partita nel 2020 ed è stata chiusa ad aprile e riguarda le attività gestite all’epoca dal 64enne di Manfredonia: le coop Tre Fiammelle (global service) e Lavit (lavanderia industriale negli ospedali pugliesi) che sarebbero (o sarebbero state) nel mirino della mafia.

Nei confronti di D’Alba (presente in aula con l’avvocato Michele Laforgia) si sono costituiti il Comune di Foggia e i ministeri di Interno e Giustizia. Il giudice ha accolto le richieste di costituzione rinviando poi la discussione al 18.

D’Alba pagava «2.500 euro ma poi si è lamentato perché gli affari andavano male e gli hanno abbassato la tangente», ha messo a verbale il pentito Giuseppe Francavilla, ritenuto il cassiere dell’omonimo clan foggiano. Secondo la Dda l’imprenditore ha negato di aver pagato il pizzo al clan Moretti nonostante il suo nome sia stato trovato nella «lista delle estorsioni» della criminalità organizzata foggiana e nonostante alcune intercettazioni in cui si parla esplicitamente delle richieste estorsive ai suoi danni.

A fine ottobre 2017 l’imprenditore ha denunciato genericamente «richieste estorsive», ma ha detto di non aver mai pagato e ha omesso di riferire dei contatti con Francesco Tizzano, un presunto affiliato del clan Moretti che nelle intercettazioni parlava appunto dei soldi chiesti a D’Alba. Interrogato nel 2020 (dopo che le intercettazioni di Tizzano erano andate in discovery nel processo Decima Azione) D’Alba ha leggermente cambiato la sua versione: ha ammesso l’incontro con Tizzano, che sarebbe avvenuto un mese prima della denuncia del 2017, ma ha ribadito di non aver mai pagato.

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