SCONTRINI/ I CONTROLLI DEL FISCO SU BANCOMAT E CARTE: IL PIANO PER LE VERIFICHE SUI PAGAMENTI (ANCHE ONLINE)

Ancora manca lo scontrino fiscale elettronico che trasmette direttamente il dato all’Agenzia delle Entrate. E sono anni che questo collegamento no

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Ancora manca lo scontrino fiscale elettronico che trasmette direttamente il dato all’Agenzia delle Entrate. E sono anni che questo collegamento non viene fatto, diversi esecutivi si sono succeduti ma è cambiato poco. Come non ricordare i tempi del Cashback, in cui il governo Conte aveva inserito un incentivo a pagare con mezzi tracciabili con lo scopo di impedire il «nero».

Ma oggi ci si affida ancora alla dichiarazione dei redditi del ristoratore o commerciante: siamo sicuri che contabilizzino tutti gli scontrini emessi? Se incassa 100 ma dichiara 10 l’Agenzia non ha possibilità di verificarlo.

Lo scontrino elettronico risolve a monte la questione, come ha fatto la fatturazione elettronica per le transazioni con le partite Iva. Perché il dato viene trasmesso immediatamente all’Agenzia delle Entrate nel cassetto fiscale del contribuente.

Così ora il governo, in testa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, l’ha messo nero su bianco nel Psb, il Piano strutturale di bilancio esaminato venerdì scorso in Consiglio dei ministri. Una proposta per la verità già inserita dall’esecutivo Draghi nel disegno di legge delega sul Fisco poi sabotata dal Parlamento con la caduta di quel governo.

«L’amministrazione», si legge nel documento, «si impegna ad effettuare un pieno collegamento delle informazioni derivanti dai pagamenti elettronici e dal registro dei corrispettivi. Tale misura», prosegue il Piano, «consentirà per le operazioni al consumo finale (business to consumer, B2C) di potenziare la tracciabilità, tempestività e capillarità delle informazioni trasmesse dagli operatori all’amministrazione e, in modo strutturale, di contrastare l’evasione fiscale derivante da omessa dichiarazione».

Così potranno emergere anomalie dalla mancata trasmissione di scontrini rispetto agli importi incassati con moneta elettronica. Non c’è solo l’evasione fiscale nel mirino, perché l’analisi di rischio che ha fatto più volte la Guardia di Finanza ed Entrate consente anche di far emergere altri fenomeni criminali: prima di tutto il riciclaggio.

Basti pensare all’incongruenza di pochi scontrini battuti a fronte di importi eccessivamente rilevanti. Il tutto dovrebbe avvenire nel rispetto della privacy. Non saranno indicati gli estremi degli utenti, in un’ottica di non rendere visibili preferenze e tipologie di spese.

 Da un lato della filiera c’è l’esercente che si dota di un dispositivo Pos contrattandolo con una banca che ne ricava un margine per ogni transazione effettuata. Dall’altro c’è l’utente che si dota di una carta e ne paga l’uso con una commissione annuale che gira alla banca emittente.

Per far dialogare il Pos e la carta ci sono altri due attori. I circuiti, come Visa, Mastercard e Pagobancomat che ne ricavano un ulteriore margine. E gli operatori di processo, come Sia-Nexi e Wordline, che garantiscono l’operatività della transazione.

Ebbene l’Italia fa registrare un paradosso. Ha il più elevato numero di Pos: 3,2 milioni, a testimonianza della concorrenza tra le banche. Ma ha il numero più basse di operazioni pro-capite annue alternative al contante. In mezzo c’è l’evasione.

corrieredellasera

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