In Puglia l’aborto non così è libero e sicuro: negli ospedali foggiani è obiettore il 90% dei ginecologi

Il 28 settembre durante la Giornata Internazionale dell'Aborto libero e sicuro, la Cgil Puglia ha inviato una lettera al Presidente della Regione

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Il 28 settembre durante la Giornata Internazionale dell’Aborto libero e sicuro, la Cgil Puglia ha inviato una lettera al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per chiedere “la piena esigibilità di un diritto conquistato grazie alle lotte delle donne e oggi fortissimamente messo in discussione, sia da scelte politiche che dalle criticità in cui versa il Sistema sanitario nazionale” spiega il sindacato.

“La situazione dei presidi ospedalieri della nostra Regione, dove si effettuano le Ivg, non garantiscono un’adeguata copertura nel territorio, minando così il pieno rispetto del diritto a una scelta libera e consapevole, da parte delle donne”, afferma la segretaria regionale Filomena Principale.

I dati, che il dipartimento Salute ha fornito in seguito su specifica richiesta del sindacato, evidenziano infatti la drammatica situazione determinata dall’obiezione di coscienza che si aggira, nelle strutture pubbliche e private. Su 738 ginecologi in organico in Puglia, 593 sono obiettori, per una percentuale dell’80%.

I numeri del 2022 in Puglia

Al Policlinico di Bari il numero di ginecologi obiettori è del 96%; al Policlinico Riuniti di Foggia il 92%; si sale al 100% all’ospedale di Andria, così come al Miulli, a Casa Sollievo di San Giovanni Rotondo, all’ospedale Civile di Martina Franca. Sono il 96% al Santissima Annunziata di Taranto, il 73% al Perrino di Brindisi.

A livello provinciale tra strutture pubbliche e private l’obiezione interessa il 93% dei ginecologi nel Tarantino, il 90% in provincia di Foggia.

Al San Camillo De Lellis di Manfredonia è obiettore il solo ginecologo presente. Presso l’ospedale Tatarella di Cerignola, dove ci sono state 334 interruzioni volontarie di gravidanza, di cui l’87,1% (chirurgiche) e il restante farmacologiche, sono obiettori sette su nove ginecologi. Al Teresa Masselli Mascia di San Severo sono obiettori sei su otto dottori. Il 100% dei sedici professionisti a Casa Sollievo della Sofferenza. Al Policlinico Riuniti – dove ci sono state 356 interruzioni volontarie di gravidanza (93,5% chirurgiche) – solo due ginecologi su 26 non sono obiettori. 

Rapporto interruzioni gravidanza e obiettori

L’analisi dei dati del 2022 riguardanti il numero di interruzioni volontarie di gravidanza praticate in Regione e il numero di obiettori di coscienza censiti tra il personale medico e sanitario, forniti dalla Regione Puglia, rileva un significativo fenomeno di obiezione di coscienza che coinvolge un’ampia porzione delle province. La Regione Puglia presenta un’elevata percentuale, pari all’80%, di ginecologi che si rifiutano di eseguire le pratiche di Ivg con un numero significativo di anestesisti e altro personale sanitario che adotta una posizione analoga, seppur in percentuale inferiore.

Questo fenomeno assume un’importanza critica nelle province di Taranto e Foggia, già storicamente caratterizzate da un contesto sociale più vulnerabile, dove la percentuale di obiettori di coscienza supera il 90%. È degno di nota osservare che, in queste province, l’uso dell’interruzione volontaria di gravidanza di tipo farmacologico è estremamente basso, inferiore al 10%, mentre nella regione nel suo complesso, oltre la metà degli aborti avviene mediante questa tecnica, considerata più sicura per la salute fisica e mentale della donna. Preoccupante è il fatto che in 9 delle 32 strutture sanitarie non è possibile praticare l’Ivg a causa della mancanza di medici non obiettori, impedendo di fatto l’accesso ai servizi sanitari per le donne che desiderano interrompere la gravidanza.

Le donne sono costrette a spostarsi dai luoghi di residenza, per poter ricorrere alla Ivg chirurgica. Le percentuali cambiano dove è possibile ricorrere alla Ivg farmacologica, anche se non c’è una omogeneità dei dati nelle sei province pugliesi, sicuramente per le difficoltà legate all’attuazione della procedura che, con i nuovi protocolli, dovrebbe essere concordata dalla donna con il personale medico: se effettuarla in ambulatorio o in day hospital o, come prima, con un ricovero ospedaliero ordinario”.

I consultori familiari, inoltre, sempre analizzando i dati parziali forniti dal Dipartimento Salute “risultano in numero nettamente inferiore rispetto a quanto stabilito dalla normativa, che prevede il target di uno ogni 20mila abitanti, e fanno i conti con la generalizzata carenza di personale, la mancata valorizzazione di tutte le professionalità sanitarie, sociosanitarie e sociali, preposte alla tutela della salute delle donne e delle nuove generazioni”.

La posizione della Cgil Puglia

L’accesso all’aborto libero e sicuro è così reso sempre più difficile, in Puglia come nel resto del paese, anche per la scelta di alcune regioni di rendere accessibili i consultori e i presidi ospedalieri dove si effettua la Ivg – riservando spazi dedicati – alle associazioni antiabortiste, come accaduto all’ospedale S. Anna di Torino.

“Siamo impegnati come Cgil a combattere in tutti i luoghi questa cultura punitiva e ostativa nei confronti delle donne e del loro corpo. La visione strategica dell’Agenda di Genere, che la Regione Puglia integra con la Strategia regionale di Sviluppo Sostenibile, pone la sua attenzione sul miglioramento e il benessere della vita delle donne – e anche degli uomini – di Puglia”.

Affinché questa visione, riconosciuta ormai come riferimento nazionale, possa sostenere sempre più gli interventi di garanzia e tutela dei diritti delle donne, la Cgil chiede al Presidente della Regione di garantire in tutto il territorio pugliese “l’accesso a un aborto libero e sicuro attraverso strutture e personale non obiettore in numero adeguato alle esigenze e alle caratteristiche geografiche dei diversi territori; tempistiche certe di pieno rispetto della volontà e della salute delle donne; il ricorso alle pratiche di IVG più sicure e meno invasive, per il corpo delle donne, attraverso l’adempimento della Circolare del Ministero della Salute dell’agosto del 2020 sull’Aborto farmacologico e il recepimento delle linee guida; il rispetto del target minimo di un consultorio pubblico ogni 20 mila abitanti; assunzioni del personale necessario per garantire i servizi di prossimità e la multidisciplinarietà; il divieto per le associazioni antiabortiste di entrare nelle strutture pubbliche dove si effettua la prima visita e l’accesso all’IVG per garantire la libera scelta delle donne”.

La Cgil chiede in ultimo un tavolo di confronto “per poter analizzare le criticità legate alla Ivg e alla situazione dei Consultori, alla luce anche del confronto avviato sul Piano Nazionale Equità nella Salute, presso il Dipartimento Salute, che tra le quattro linee di azione affronta proprio gli interventi legati al consolidamento dei consultori. Nel frattempo la Cgil Puglia continuerà a monitorare i dati, l’incidenza del fenomeno dell’obiezione di coscienza e l’operatività dei consultori e delle strutture sanitarie, a partire dai territori, affinché le donne possano continuare il proprio percorso di autodeterminazione in piena libertà e tutela dei propri diritti”.

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