Non un atto mafioso, ma una lite tra giovani rampolli che gravitano nell’orbita dei clan baresi. Un litigio a mano armata che ha causato una vitti
Non un atto mafioso, ma una lite tra giovani rampolli che gravitano nell’orbita dei clan baresi. Un litigio a mano armata che ha causato una vittima presumibilmente estranea ai fatti. Michele Lavopa, 21 anni, del quartiere San Paolo, soprannominato Tupac, ha ammesso di aver sparato a seguito di una lite avvenuta con un gruppo di giovani all’interno di una discoteca a Molfetta, come reazione al fatto che Eugenio Palermiti, nipote del boss di Japigia, avrebbe a sua volta tentato di estrarre un’arma. Ha spiegato dunque che si è sentito minacciato e ha reagito utilizzando una pistola 7,65, ferendo mortalmente Antonella Lopez e colpendo altri quattro ragazzi, tra cui Eugenio Palermiti, con cui aveva avuto un alterco. Dopo la sparatoria, ha dichiarato di aver gettato l’arma: prima in mare, poi in campagna a Bitonto, ma i carabinieri non sono riusciti a ritrovarla.
Lavopa è stato portato nella caserma del Nucleo operativo in via Tanzi nel pomeriggio di ieri 22 settembre. I militari sono andato a cercarlo a casa della madre, al quartiere San Paolo, dove il 21enne si è presentato dopo circa mezz’ora a seguito delle insistenze della donna. L’interrogatorio è cominciato alle 20, dopo che la Dda aveva già ascoltato uno degli amici di Lavopa ed era riuscita a ricostruire l’episodio anche attraverso le telecamere di videosorveglianza installate nel locale di Molfetta. Il fermo di Lavopa è scattato mezz’ora dopo la mezzanotte di lunedì 23 settembre, dopo che i carabinieri hanno interrotto le ricerche della pistola.
GLI SCREZI NEL LOCALE DI MOLFETTA
Lavopa, insieme alla fidanzata e ad alcuni amici, aveva deciso di trascorrere la serata nella discoteca Bahia di Molfetta. “Nel corso della nottata – riassume il verbale di fermo -, avendo notato con i suoi amici, la presenza del gruppo” di Palermiti” con cui c’erano “pregressi trascorsi, per non essere infastiditi, decidevano di spostarsi in altra zona del locale; quindi guadagnava il passaggio dal luogo in cui persistevano subendo offese e minacce dalla comitiva del Palermiti” che – secondo Lavopa” con quest’ultimo che secondo Lavopa “nel corso dell’alterco, tentava di estrarre un arma scatenando la sua reazione di fuoco”.
Secondo la ricostruzione dei fatti fornita da Michele Lavopa, la lite all’interno del Bahia sarebbe legata a presunte minacce subite da Palermiti e dal suo amico Ceglie. Il 21enne non ha spiegato chiaramente perché portava con sé l’arma, ma il fatto che fosse armato suggerisce che si aspettasse una situazione potenzialmente pericolosa o che avesse motivi per avercela con qualcuno. Ha detto di essere uscito armato “per difendersi da eventuali aggressioni, come spesso accade oramai nei locali notturni baresi”.
Dopo la sparatoria il 21enne ha detto di essere “fuggito a piedi da locale”, venendo poi recuperato “da alcune ragazze della sua compagnia”. Con loro sarebbe rientrato al quartiere San Paolo, da dove un suo amico (pure lui interrogato dai carabinieri) e con una terza persona “si recavano dapprima in agro di Bitonto dove occultavano l’arma del delitto”. Rientrando al San Paolo si sarebbe disfatto degli abiti indossati in discoteca.
«DALLE VITTIME NESSUN AIUTO ALLE INDAGINI»
Le vittime della sparatoria, ovvero i quattro amici del gruppo capeggiato dal 20enne Eugenio Palermiti, avrebbero “dichiarazioni di circostanza e palesemente omertose, nonostante la giovane loro amica fosse deceduta”. Lo annotano nel verbale di fermo i carabinieri. I quattro sono stati sentiti come testimoni al Policlinico di Bari, mentre i medici disponevano le prime cure, e hanno raccontato in sostanza di non aver riconosciuto gli aggressori (che invece conoscevano) e di non sapere perché avessero sparato.
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