«Noi, sfruttati nei campi sotto il sole a pochi chilometri da chi è in vacanza»

Fuhad (nome di fantasia, come richiesto per tutela) racconta: «Nel Tavoliere di Puglia lavorare nei campi, purtroppo, è ancora un gioco, a caro prez

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«Noi, sfruttati nei campi sotto il sole a pochi chilometri da chi è in vacanza»

Fuhad (nome di fantasia, come richiesto per tutela) racconta: «Nel Tavoliere di Puglia lavorare nei campi, purtroppo, è ancora un gioco, a caro prezzo, con la morte. Si parla tanto di tutele, ma che cosa cambia davvero? Le temperatura che sfiorano i 40 gradi, i controlli spesso carenti nei fatti, mettono a rischio la nostra vita per quattro euro ogni due quintali di pomodori». Eppure la maglia nera per il caporalato, quest’anno, va alla Calabria e alla Sicilia, ma, nonostante questo, i racconti diretti dalla Puglia ci sconvolgono. Possibile che dopo le tante proteste a Latina, nella passate settimane, esiste ancora la schiavitù (quasi intoccabile) alle porte delle nostre città di residenza o nella Puglia dei trulli, del mare e delle masserie, anelata dai turisti di tutto il mondo?

I  dati provenienti dall’ISTAT rivelano, ad oggi, che i lavoratori stranieri rivestono un ruolo significativo all’interno del mercato del lavoro italiano. Nel 2023, rappresentavano il 10,1% degli occupati.  Tuttavia, alcune condizioni di vulnerabilità, come la scarsa conoscenza degli strumenti di tutela, l’inadeguata sistemazione abitativa o la distanza dai luoghi di lavoro, possono rendere questi lavoratori un potenziale bacino d’offerta per impieghi sottopagati.

Aggiunge Fuhad: «La regione Puglia, purtroppo, non fa eccezione rispetto a questi dati e, da Foggia al Salento, si raccolgono pomodori insieme a racconti mortificanti. Non potete mandare in vacanza le coscienze e smettere di indignarvi rispetto alle nostre condizioni, rispetto ai fenomeni di sfruttamento, che – nonostante le varie rivolte– continuano a rappresentare un substrato del vostro Paese! L’Italia è un Paese che da un lato sogniamo, quando lontani, dall’altro temiamo, quando ci avviciniamo alle realtà dei campi». Analizzando l’incidenza percentuale dei lavoratori migranti nei diversi settori di attività, emergono alcune tendenze significative: circa un terzo degli occupati negli altri servizi pubblici e sociali è di cittadinanza straniera (il 21,5% extra UE); rilevante è anche la presenza nel settore ricettivo e della ristorazione, dove il 17,4% degli occupati proviene da un Paese diverso dall’Italia (il 13,5% fuori dall’UE), così come nel primario (18% stranieri, 13,1% extra UE) e in edilizia (16,4% stranieri, 10,3% solo non comunitari)

Ammonta a circa 68 miliardi di euro il volume d’affari annuo riconducibile al lavoro irregolare in Italia: lo afferma uno studio, su dati Istat, della Cgia di Mestre, secondo cui il 35% circa di questo valore aggiunto, prodotto dall’economia sommersa, è ascrivibile alle regioni del Sud e in particolare al settore agricolo. Nel 2018, come noto, fu istituito il tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in  agricoltura,  nato come organismo di coordinamento a livello nazionale, presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, che riunisce tutti gli Enti istituzionali coinvolti a livello nazionale e territoriale, per cercare di sviluppare una strategia di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato. Alle riunioni del Tavolo possono inoltre partecipare rappresentanti delle parti sociali e delle principali organizzazioni del terzo Settore.

E oggi? Continuano i provvedimenti da parte del governo, anche se la CGIL attacca, affermando che i numeri degli ispettori, spesso, sono solo il frutto di annosi annunci senza fatti. Alcuni report indicano, inoltre, come sottopagati perfino gli ispettori del lavoro rispetto ai titoli di studio, ma la risposta non sta in piedi: spesso il loro contratto è di 1700 euro al mese netti, perfettamente nella media di altri lavoratori dipendenti, anche con lauree. Fuhad fa spesso riferimento, parlando, alla cosiddetta «rivolta dei corpi», come quella che accadde dopo la morte del bracciante  Satnam Singh in un’azienda agricola dell’Agro Pontino. Dopo diverse settimane, tuttavia, precisa: «Molti di quei corpi, in seria rivolta in quei giorni, ora sono sotto il sole, senza controlli medici, senza condizioni sanitarie adeguate, senza un vero e proprio rifugio nelle ore di caldo». Tutto questo avviene a pochi chilometri dalle località turistiche. Non si può tollerarlo e, soprattutto, non si ci può assuefare alla disumanità di chi crede di disporre dei corpi altrui.

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