Marasco:Se il comune non risponde ad un atto protocollato è un reato

' #VISTO le nostre richieste come al vostro protocollo n.20775 del 13.05.2022; prot. n.41524 del 06.10.2022; prot. n.22970 del 26.05.

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#VISTO le nostre richieste come al vostro protocollo n.20775 del 13.05.2022; prot. n.41524 del 06.10.2022; prot. n.22970 del 26.05.2022; non avendo ricevuto a tutt’oggi nessuna risposta in merito, con urgenza si invita le Ill.me Autorità a dare qualsiasi risposta scritta, tramite pec o mail, onde evitare da parte nostra azioni legali nei confronti dei responsabili.
IL CONSIGLIERE COMUNALE CAPOGRUPPO F.d.I. Giuseppe Marasco
#Rifiuto di atti d’ufficio. #Omissione (art. 328 c.p.)
La fattispecie delittuosa del Rifiuto ed omissione di atti d’ufficio distingue due diverse ipotesi. I due commi sono accomunati dal costituire ipotesi di reati di pericolo e di reato omissivo improprio, visto che censurano una condotta consistente in un semplice non fare, prescindendo dalla causazione di un evento di danno. Testualmente la norma in commento recita che: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.
Il rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 co. 1 c.p.):
Il primo comma dell’articolo in commento ha ad oggetto il rifiuto, indebito, di un atto qualificato. Il rifiuto attorno al quale verte la condotta censurata deve riguardare il compimento di un atto che è necessario adottare senza ritardo “…per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità…” Si tratta di una elencazione tassativa. Il diniego può essere scritto o orale e allo stesso tempo deve risultare indebito (ovvero non devono sussistere cause di giustificazione). Il pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio deve sottrarsi alla valutazione d’urgenza dell’atto proprio del suo ufficio, senza aver posto in essere una valutazione tecnica. Quindi, l’oggetto del rifiuto non può essere integrato dal mancato compimento di una generica attività amministrativa generica bensì deve essere riferito al compimento di un atto dell’ufficio. A tal proposito la Cassazione così statuisce: “Ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico del delitto di rifiuto di atti d’ufficio, è necessario che il pubblico ufficiale abbia consapevolezza del proprio contegno omissivo, dovendo egli rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento “contra ius”, senza che il diniego di adempimento trovi alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione”. (Cass. n. 36674/2015). Nei casi in cui la condotta del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio risulti reiterata, a seguito di sollecitazioni, il reato potrà manifestarsi in forma continuata, così sul punto la Cassazione: “Il rifiuto di un atto dell’ufficio, previsto dall’art. 328, comma primo, cod. pen., ha natura di reato istantaneo e può manifestarsi in forma continuata quando, a fronte di formali sollecitazioni ad agire rivolte al pubblico ufficiale rimaste senza esito, la situazione potenzialmente pericolosa continui a esplicare i propri effetti negativi e l’adozione dell’atto dovuto sia suscettibile di farla cessare”. (Cass. 1657/2020).

In ambito sanitario è bene evidenziare il seguente arresto giurisprudenziale: “Integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del medico preposto al servizio “118” che non eserciti la propria valutazione discrezionale del requisito dell’urgenza dell’atto, omettendo di formulare la diagnosi mediante i parametri informatici previsti dal protocollo dell’azienda ospedaliera (cd.”Triage”) e di inviare la richiesta autoambulanza, secondo quanto stabilito nelle procedure operative previste per il relativo servizio”. (Cass. n. 19759/2013). Ed ancora: “Integra il reato di rifiuto di atti di ufficio, la condotta del medico di guardia in servizio presso una casa di cura che, richiesto di prestare il proprio intervento da personale infermieristico in relazione alla progressiva ingravescenza delle condizioni di salute di un paziente ivi ricoverato, ometta di procedere alla visita ed alla diretta valutazione della situazione, a nulla rilevando che il paziente sia comunque assistito dal suddetto personale, incaricato di monitorarne le condizioni fisiche e i parametri vitali, e che, in tal caso, la valutazione del sanitario si fondi soltanto su dati clinici e strumentali”. (Cass. n. 21631/2017).
Omissione del compimento dell’atto dovuto o mancata giustificazione delle ragioni del ritardo (art. 328 co. 2 c.p.)
Il secondo comma dell’articolo 328 c.p. disciplina una doppia condotta omissiva riferita, alternativamente, al mancato compimento dell’atto dovuto, o alla mancata esposizione delle ragioni del ritardo. L’omissione di un atto d’ufficio deve essere conseguente ad una formale messa in mora, ovvero una richiesta scritta proveniente dal privato dalla quale decorre il termine per l’adozione dell’atto, ovvero per formulare una risposta negativa che renda note le motivazioni del diniego. È necessario, comunque, che sussista un obbligo di avvio del procedimento.
L’interesse del privato deve, inoltre, essere qualificato ovvero deve trattarsi di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata dall’ordinamento giuridico. Giova ricordare che il reato viene a configurarsi soltanto se il privato abbia messo in mora la P.A. con la richiesta scritta una volta spirato il termine previsto dalle singole norme amministrative. A tal proposito, dottrina maggioritaria definisce questo reato come “delitto di messa in mora” Inizio modulo evidenziando la scelta del legislatore di ancorare l’omissione compiuta alla messa in mora da parte dell’interessato, previa assegnazione di un termine perentorio di adempimento. Fine modulo A tal proposito la Cassazione ha statuito che: “In tema di rifiuto di atti d’ufficio, la richiesta scritta di cui all’art. 328, secondo comma, cod. pen., assume la natura e la funzione tipica della diffida ad adempiere, dovendo la stessa essere rivolta a sollecitare il compimento dell’atto o l’esposizione delle ragioni che lo impediscono. Ne consegue che il reato si consuma quando, in presenza di tale presupposto, sia decorso il termine di trenta giorni senza che l’atto richiesto sia stato compiuto, o senza che il mancato compimento sia stato giustificato”. (Cass. n. 2331/2014).
La diffida ad adempiere deve essere espressa e comunicata direttamente e personalmente al pubblico ufficiale titolare del potere/dovere di compiere l’atto. La diffida, infatti, assolve alla funzione di spostare sul piano della rilevanza penale l’omissione o il ritardo nel provvedere rispetto all’originaria istanza. Essa, quindi, può essere formalizzata soltanto dopo che sia decorso, inutilmente, il termine previsto per provvedere sull’istanza stessa e, dunque, con atto diverso e separato da essa. Sicché non rileva ai fini previsti dall’art. 328 c.p. la c.d. diffida in prevenzione. Una formale costituzione in mora ha senso soltanto dopo la scadenza del termine.

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