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I MODERN mezzi di comunicazione affidati al digitale con la sua vasta gamma di strumenti sempre più universalmente utilizzati, hanno relegato in soffitta la cara vecchia scrittura a mano. La classica penna con l’abbinato calamaio sono ormai un ricordo soppiantati dai sempre più sofisticati dispositivi tecnologici. La posta elettronica trasmessa via etere, ha spodestato quella tradizionale portata a mano dal postino.
IN QUESTO contesto del tutto (giustamente) innovativo, parlare di “epistolario”, vale a dire di raccolta di lettere scritte a mano, pare come voler scoprire il sesso degli Angeli. Non che di lettere non se ne scrivano e inviino più, ma è cosa diversa della corrente e-mail. Un esempio pregevole per il valore delle lettere e per il personaggio di riferimento, lo offre Giuseppe Trincucci, medico di Lucera, scrittore e studioso di storia, con il suo volume dedicato all’epistolario di Cristanziano Serricchio. Riprendendo un verso dell’immensa produzione del poeta garganico-sipontino, “Uliveti miei d’argento”, Trincucci raccoglie in un volume “Lettere e note di Amici e corrispondenti di Cristanziano Serricchio” (Andrea Pacilli editore Manfredonia, pag. 160, Euro 15).
«UN GENERE letterario che ha avuto una nobile tradizione e che mantiene un altissimo valore di fonte» ha affermato Saverio Russo, ordinario di storia moderna all’Università di Foggia, nella presentazione del volume a cura del Centro studi “Cristanziano Serricchio” di Manfredonia. «Trincucci è riuscito a ricostruire – ha annotato Russo – un sessantennio di un carteggio sicuramente più ricco, dal quale possiamo trarne indizi per ricostruire la fortuna letteraria di Serricchio, la difficile tessitura di una rete intellettuale che lo comprendesse, oltre che rievocare momenti importanti della storia culturale della Capitanata».
LA PUBBLICAZIONE della ricerca patrocinata dalla famiglia Serricchio, «costituisce un prezioso momento di riflessione sull’opera di profonda promozione culturale in tutte le sue scansioni attivata da Serricchio» ha rilevato Raffaela La Torre, presidente del Centro Serricchio. «Ogni lettera – evidenzia Trincucci – permette di conoscere cose che altrimenti non sapremmo mai e dà il piacere a chi legge di poter condurre una immaginaria conversazione con un interlocutore altrimenti muto».
LE LETTERE catalogate coprono un arco di tempo che va dall’agosto 1946 al dicembre 1978 e si riferiscono a ventiquattro interlocutori il cui valore culturale, annotato da Trincucci, dicono della preziosità dell’uomo e del poeta Serricchio: Girolamo Comi, Maria Luisa Spaziani, Mario Luzi, Giorgio Caproni, Carlo Betocchi, Joseph Tusiani, Mario Simone, Pasquale Soccio, Alfredo Petrucci, Tommaso Fiore, Maria Corti, Ermanno Bellucci, Sebastiano Rendina, Donato Apollonio, Renzo Frattarolo, Giovanni Gilardi, Giacinto Spagnoletti, Mario Marti, Emerico Giachery, Giorgio Barberi Squarotti, Donato Valli, Matteo Lauriola, Carlo Leone, Silvio Ferri. «Hai accumulato – scriveva Donato Valli a Serricchio – un’eredità destinata a rimanere nel tempo come esempio di bellezza e di moralità umana e letteraria».
Michele Apollonio
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