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Una croce e una data incisa su una targhetta poggiata sul cumulo di terra o, anche, un semplice cartellino appeso all’alluce del corpo privo di vita che attende ancora un nome. Null’altro.
Sono 60 in tutto in Puglia (990 in campo nazionale) i cadaveri, scheletri o semplici brandelli di corpi senza identità. Sono i morti sconosciuti, i fantasmi senza nome delle province pugliesi. Sono i cadaveri che nessuno più reclama.
Nei giorni scorsi il tema è stato affrontato in Prefettura a Bari dove, alla presenza dei Prefetti, dei Procuratori generali e dei Procuratori della Regione, dell’Anci, dei rappresentanti dell’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia e degli Istituti e dei servizi di Medicina legale, è stato siglato un Protocollo d’intesa finalizzato all’adozione e condivisione di procedure specifiche per l’identificazione dei cadaveri senza nome. L’evento ha visto la partecipazione del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, prefetto Maria Luisa Pellizzari.
Questo protocollo, già in fase di sperimentazione nel Lazio e in Lombardia, mira a semplificare e velocizzare l’iter autorizzativo per comparare il Dna dei corpi non identificati con quello dei familiari di persone scomparse. Le nuove procedure saranno utilizzate per migliorare ed incrementare ulteriormente l’utilizzo dell’attuale banca dati del Dna, contribuendo così a informare e sensibilizzare l’opinione pubblica e gli operatori di settore sulla sua fondamentale importanza.
«La raccolta del patrimonio genetico consentirà in maniera sistematica – ha spiegato il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, Maria Luisa Pellizzari – di identificare anche dei cadaveri non necessariamente collegati ad una ipotesi di reato di competenza della Procura della Repubblica. Anche quei cadaveri abbandonati per strada o negli ospedali, infatti, hanno diritto di essere identificati».
Il protocolli prevedono che, nei casi di decesso in ospedale di persone senza identità, di rinvenimento di cadaveri senza identità, o di resti umani non identificati, un apposito gruppo di lavoro dovrà procedere all’accertamento delle cause e all’epoca della morte, nonché alla raccolta di tutti i dati utili per l’identificazione e al loro successivo inserimento nella banca data Afis (il sistema automatizzato di Identificazione delle Impronte), nella scheda Risc (dei cadaveri non identificati) e nella scheda post mortem dell’Interpol.
L’esigenza etica, ancor prima che giuridica, di permettere l’identificazione dei corpi di persone, attraverso l’approfondimento di tutte le tecniche investigative e scientifiche, è motivo di soddisfazione per i familiari delle persone scomparse e, naturalmente, per le istituzioni.
In Puglia, come detto, sono 60 le vite finite tragicamente, senza che nessuno abbia mai potuto piangerle.
Non è certo se si tratti di vittime di disgrazie o delitti mai risolti o di persone scomparse, andate incontro alla morte e all’oblio senza lasciare traccia di sé. Di loro restano pochi riferimenti certi: la data, il luogo del ritrovamento e, per i più «fortunati», poche notizie circa la nazionalità se è nota, l’abbigliamento indossato o segni particolari.
I loro resti mortali, trovati in Puglia, solo in parte (25 in tutto) sono stati sepolti nei vari cimiteri in una tomba senza nome. Gli altri, così come i 990 casi in tutta Italia, sono custoditi in una cella frigorifera di qualche istituto di medicina legale o di qualche cimitero comunale.
I più «anziani» si trovano in terra brindisina. Sono i cadaveri di due uomini, sepolti entrambi senza un nome da 47 anni. Di loro non si ha alcuna notizia. Sulle loro lapidi ci sono soltanto due date: 28 agosto 1977 e 29 ottobre 1977, i giorni in cui furono trovati.
È la Capitanata la provincia pugliese che detiene il macabro «record» pugliese di corpi rinvenuti senza vita e senza identità (ben 19) mentre solo qualche giorno fa è stato trovato nella BAT (a Margherita di Savoia per la precisione) l’ennesimo cadavere senza nome. È quello più «recente» della Puglia: si tratta del corpo senza vita probabilmente di un uomo, di età tra i 20 e i 40 anni, in avanzato stato di decomposizione e con uno strano foro nel cranio. Nel caso in cui la lesione possa essere compatibile con un proiettile esploso da un’arma da fuoco è probabile che si sia trattato di un omicidio; diversamente, invece, è possibile che sia ascrivibile ad un urto contro un corpo contundente, forse proprio uno scoglio. In ogni caso, gli investigatori non sono ancora riusciti a risalire all’identità del corpo.
La lista dei cadaveri senza nome è lunga in Puglia (è la 5ª regione italiana dopo il Lazio, la Lombardia, la Campania e la Sicilia per numero di corpi ritrovati senza vita e senza nome) e nasconde, siamo certi, storie di emarginazione, malattia, tragedie della disperazione (molti sono infatti i cadaveri recuperati in mare) e familiari.
Dei 60 cadaveri senza identità, 41 sono maschi, 16 donne e 3 non riconosciuti: si tratta, in quest’ultimo caso, soprattutto di resti scheletrici umani di cui è difficile stabilire il sesso. È il caso, per esempio delle ossa rinvenute a Corato nel Barese nel 2003 tra le macerie di una vetusta palazzina abbandonata del centro storico.
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