Massimo Troisi, 30 anni fa l’addio

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“Il comico dei sentimenti” ci lasciava il 4 giugno 1994, io ero nata solo da qualche giorno ma l’avrei incontrato più tardi, alcuni anni dopo. E fu un incontro – ricordo – che avvenne con estrema naturalezza, alla stessa maniera di come Massimo Troisi va in contro a ciascuno, ogni volta che lo si guarda in tv per la prima volta.Massimo Troisi è uno dei figli prediletti di Napoli ed è stato inevitabile che restasse impresso nei vicoli, nelle pellicole, nelle pagine dei libri e in quell’inconfondibile sensazione di leggerezza e “appocundria resa da lui – come attore, comico, sceneggiatore e regista – con grande grazia.

È la grazia che nominano tutti quando pensano a Troisi; la semplicità, la gentilezza, la curiosità, l’empatia spontanea. E Donatella Schisa ne ha raccolte un po’ di voci su di lui, voci di chi gli era intorno ogni giorno (come Renato Scarpa, Rosaria Troisi, Lello Arena, Alessandro Bencivenga, Anna Pavignano e altri), inserendole nel volume “A Napoli con Massimo Troisi. Il napoletano di San Giorgio a Cremano”.

Il calcio, la musica, la poesia, la sua terra: un viaggio per i luoghi e le passioni di Massimo Troisi

Pubblicato dalla casa editrice romana Giulio Perrone editore, “A Napoli con Massimo Troisi. Il napoletano di San Giorgio a Cremano” è il libro scritto da Donatella Schisa attraverso cui, oggi, passiamo idealmente per i luoghi della vita di colui che è considerato il più grande esponente della nuova comicità napoletana degli anni 70.

L’autrice ha avuto l’intenzione di raccontare di un rapporto autentico, spontaneo, così semplice, quello di Massimo Troisi e della terra in cui è nato: del “Pulcinella senza maschera” e Napoli, del “Comico dei sentimenti” e le pendici del Vesuvio.

Si tratta di un percorso per ricordi e luoghi fisici (fatto di specificazioni storiche, geografiche e di altro tipo), ma che passa anche attraverso le molteplici passioni di Troisi, come il calcio, il teatro, la buona tavola, il cinema, la musica, la poesia, la politica, la fede; interessi vissuti tutti in modo libero e autentico, e portati perciò (implicitamente ed esplicitamente) tutti nei suoi film.

“Uomo d’amore e di innumerevoli passioni”, con Troisi non si poteva che partire dalla passione del calcio e quindi, fisicamente, dallo Stadio Diego Armando Maradona, o meglio dal San Paolo, e si parte proprio da qui visto che colui che è poi diventato uno dei maggiori interpreti del teatro e del cinema italiano voleva fare il calciatore.

Nato nel febbraio del 1953 alle pendici del Vesuvio, a San Giorgio a Cremano, il viaggio/racconto di “A Napoli con Massimo Troisi. Il napoletano di San Giorgio a Cremano” arriva necessariamente fino alla sua casa natale a Villa Bruno, dove adesso c’è un museo che conserva sceneggiature, copioni, foto con Maradona e una sfilza di oggetti cari e personali.

Il percorso narrativo si alterna tra Napoli e San Giorgio, seguendo i passi della stessa vita dell’attore, e in questa alternanza si arriva fino a Roma. L’attore napoletano si spinse infatti verso la capitale quando il successo si stava affermando, “ma le radici di Massimo […] erano e restavano a Napoli, a San Giorgio. Non erano luoghi da cui scappare, questi, ma luoghi da cui partire per cominciare e ricominciare, appunto” (come racconta Anna Pavignano a Donatella Schisa).

Luogo in cui tornare per ricominciare, per rifocillarsi nel silenzio, per riprendersi il suo tempo, Napoli aspettava e aspetta Massimo Troisi che, dal canto suo, nell’intero lavoro di regista e attore, portava continuamente la sua passione più grande, quella verso le sue radici, in una maniera personalissima e indimenticata.

Gli amici, la famiglia, le donne e la lingua napoletana

Più che passione, è un vero e proprio valore – per Troisi – quello dell’amicizia, ed è costante nel suo lavoro. Perciò così leggiamo in “A Napoli con Massimo Troisi”:

«Dal primo all’ultimo film c’è sempre un amico tra i coprotagonisti delle sue pellicole, da Raffaele in “Ricomincio da tre”, a Tonino di “Scusate il ritardo”, da Orlando di “Le vie del signore sono finite” ad Amedeo di “Pensavo fosse amore…”, fino a Neruda de “Il postino”. Esiste sempre insomma nella scrittura filmica di Troisi un amico da aiutare o su cui fare affidamento in un momento di difficoltà, in uno scambio reciproco».

Come il senso dell’amicizia, anche il senso di famiglia è fortemente sentito e diviene in Troisi altra fondamentale “fonte di ispirazione” per l’opera cinematografica. Piccole vicende familiari e lo stesso attaccamento al focolare si riversano in modo genuino nei film, eppure, come racconta l’autrice del libro che ci ha accompagnato per i luoghi di vita del comico napoletano, “tema centrale dell’intera sua opera e, forse cardine assoluto della sua esistenza, è sicuramente l’universo femminile”.

L’universo femminile ha riguardato in maniera imprescindibile la vita e la cinematografia di Troisi, che nei suoi film si è, sempre, attentamente soffermato sulle dinamiche relazionali e, di conseguenza, sulle sensazioni e le insicurezze di tutta la sua generazione.

Si tratta, però (e, forse, per fortuna), di insicurezze e sensazioni che restano immutate nel tempo, che appartengono a tutti noi, allora come ora, e che quel “poeta senza saperlo” di Massimo Troisi ha – in definitiva – tradotto con una spontaneità d’animo che (come lui stesso si accorgeva) solo attraverso la lingua napoletana potevano essere espresse, potevano essere sognate.

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