Era di domenica, proprio come oggi, quel 2 giugno del 1946 quando circa 25 milioni di italiani e, per la prima volta, di italiane si recarono
Era di domenica, proprio come oggi, quel 2 giugno del 1946 quando circa 25 milioni di italiani e, per la prima volta, di italiane si recarono alle urne per il primo confronto elettorale che divise l’Italia. REPUBBLICA O MONARCHIA? A Manfredonia, seppur per una manciata di voti, prevalse la Repubblica.
Gli italiani che votarono per la Repubblica furono 12.717.923, mentre per la Monarchia 10.719.923 (le schede nulle furono 1.498.136). I risultati evidenziarono una netta divisione nel Paese: il Nord e le regioni dell’Italia centrale votarono per la Repubblica; il Mezzogiorno confermò la fedeltà all’istituto monarchico, in particolar modo in Puglia con tutti i capoluoghi di provincia a favore della corona.
A Manfredonia i votanti furono 12.256 su 13.713, ovvero l’89,38% degli aventi diritto, e per la prima volta c’erano anche le donne. I voti validi in città per il Referendum Istituzionale furono 11.881, di cui 6.001 a favore della Repubblica, mentre 5.880 per la Monarchia. Fu quindi con uno scarto di soli 121 voti che Manfredonia si trovò in linea con quanto la maggioranza degli italiani, pari al 54,3%, aveva scelto.
Nello stesso giorno si votò anche per eleggere i membri dell’Assemblea Costituente che doveva dare all’Italia un testo con una nuova Costituzione.
A Manfredonia i tre partiti più votati furono:
Democrazia Cristiana con 2.851 voti (25,26%), Partito Comunista Italiano con 2.673 voti (23,68%) e Fronte dell’Uomo Qualunque con 2.464 voti (21,83%).
Il partito del Fronte dell’Uomo Qualunque mi ha incuriosita e così ho approfondito la ricerca. Venne ideato nel 1944 da un giornalista, tale Guglielmo Giannini, che faceva satira politica. Il Fronte dell’Uomo Qualunque faceva presa sugli scontenti (che nel dopoguerra erano milioni) e concepiva uno Stato non di natura politica, ma semplicemente amministrativa, senza alcuna base ideologica. Secondo Giannini per governare: “basta un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E non sia rieleggibile per nessuna ragione”.
Un partito che oggi accende un déjà vu e che all’epoca, dopo un exploit iniziale, ebbe vita breve, probabilmente schiacciato da quel qualunquismo che esso stesso aveva creato.
Da quel 2 giugno 1946 sono passati tanti anni, tanti uomini e, politicamente parlando, poche donne. Cosa rimanga delle grandi emozioni di allora, dell’importanza di poter esprimere il proprio voto per cercare di migliorare la propria nazione, forse oggi lo si avverte poco. Ma quella domenica del 1946, quando l’Italia chiamò, Manfredonia urlò a gran voce presente, compiendo una scelta matura e niente affatto scontata.
Maria Teresa Valente
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