Più consegne, meno negozi. Le vetrine continuano a spostarsi dalla strada alla rete: nei primi tre mesi del 2024 sono scomparse quasi diecimila im
Più consegne, meno negozi. Le vetrine continuano a spostarsi dalla strada alla rete: nei primi tre mesi del 2024 sono scomparse quasi diecimila imprese del commercio al dettaglio per una media di oltre quattro negozi in meno ogni ora. Un crollo cui corrisponde la crescita inarrestabile degli acquisti online. È l’allarme lanciato da Confesercenti, secondo le cui stime le spese online lieviteranno del +13% nel corso del 2024, generando oltre 734 milioni di spedizioni ai clienti, in media quasi 84 mila consegne di pacchi all’ora.
Lo scambio tra vetrine e pacchi, però, non è alla pari per le economie dei territori. Con la migrazione degli acquisti verso le piattaforme internazionali di eCommerce, che spesso pagano le imposte in altri paesi, migra anche il gettito fiscale generato dai negozi. “Secondo le nostre stime – prosegue l’associazione di imprese – la scomparsa di attività commerciali dal territorio ha portato il fisco italiano a perdere, dal 2014 ad oggi, oltre 5,2 miliardi di euro di tasse”.
– CHIUSURE E DENATALITÀ DELLE IMPRESE
Nel dettaglio, nei primi tre mesi del 2024 il comparto del commercio al dettaglio ha registrato la scomparsa di 9.828 imprese, circa mille unità in più dello stesso periodo dello scorso anno. A pesare le chiusure – 17.243 tra gennaio e marzo – ma soprattutto la frenata della natalità delle imprese. Le aperture di nuove attività continuano infatti a diminuire, e nel primo trimestre di quest’anno sono state solo 7.415: dieci anni fa erano più del doppio. A pesare le difficoltà per le neo imprese di affrontare un mercato sempre più dominato da grandi gruppi e giganti dell’online.
– LE REGIONI E DESERTIFICAZIONE COMMERCIALE
La desertificazione delle attività commerciali colpisce tutto il territorio nazionale, anche se a registrare i saldi peggiori sono le regioni con un tessuto commerciale più sviluppato. In termini assoluti, a subire la perdita più rilevante di imprese è la Campania, con un saldo negativo di -1.225 attività commerciali nel trimestre; seguono Lombardia (-1.154) e Lazio (-1.063).
– MENO VETRINE, BOOM DI CONSEGNE
Tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità è calato, rispetto al 2012, del -14,3% circa. In media, ci sono 12 imprese ogni mille abitanti. Se le vetrine scompaiono – e con loro il servizio sul territorio per i cittadini – le consegne di acquisti online, invece, fanno boom. Secondo le nostre stime, infatti, in poco più dieci anni sono cresciute di quasi dieci volte: erano 75milioni circa nel 2013, quest’anno dovrebbero arrivare a 734 milioni a livello nazionale, di cui oltre un terzo nelle tre regioni più interessate: Lombardia (oltre 124 milioni di consegne in tutto), Lazio (71 milioni circa) e Campania (69,6 milioni).
– L’EROSIONE FISCALE
Con la riduzione dei negozi, si riduce anche la base imponibile per il fisco. Secondo le stime di Confesercenti, dal 2014 a oggi il tessuto commerciale italiano ha perso oltre 92 mila imprese. E con loro, l’Irpef, la tari, e gli altri tributi – dall’occupazione suolo pubblico alla pubblicità – solitamente pagati dai negozi. In media, la desertificazione commerciale ha portato ad una perdita cumulata di 5,2 miliardi di euro di tasse negli ultimi dieci anni. A perderci, fisco centrale ed enti locali: del gettito sfumato, infatti, il 17,4% -910 milioni – sarebbe stato di Imu, il 12,6% – o 660 milioni di euro – di Tari, il 42,7% (2,24 miliardi) di Irpef, cui si aggiungono 223 milioni (il 4,3%) di addizionale regionale e comunale Irpef, 700 milioni di euro di Irap (il 13,4%) e infine 510 milioni di euro di altri tributi comunali (9,7% del totale).
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