Manfredonia, ovvero il cielo che si confonde con il mare all’orizzonte; il sole che all’alba fa capolino dalle onde; quella luce particolare che i
Manfredonia, ovvero il cielo che si confonde con il mare all’orizzonte; il sole che all’alba fa capolino dalle onde; quella luce particolare che illumina i vicoli del centro storico; i portoni antichi con i cortili che profumano di storia; e quei difetti, sì, anche quei tanti difetti che comunque la rendono unica.
Ma è davvero ‘unica’? Curiosando nella storia si scopre che esisteva in passato anche un’altra città con lo stesso identico nome.
Adagiata nel cuore dell’entroterra siciliano ad oltre 750 metri sul livello del mare tra le province di Caltanissetta e Agrigento, Manfredonia (l’altra) fu fondata nel secolo XIV da Manfredi III Chiaramonte da cui appunto prese il nome.
Manfredi di Chiaramonte, come il nostro Manfredi di Svevia, fu un valoroso guerriero e nella ‘sua’ Manfredonia fece erigere una fortezza divenuta col tempo simbolo della città. Anche lì, però, il castello non fu terminato da Manfredi ma, ironia del destino, da angioini ed aragonesi.
Ad un certo punto, però, la Manfredonia siciliana divenne un feudo dei Lanza Principi di Trabia e mutò il suo nome nell’attuale Mussomeli, nome che probabilmente richiama gli antichi insediamenti arabi del luogo.
Le due Manfredonia convissero nella storia per un arco di tempo relativamente breve, all’incirca un secolo, a cavallo tra Trecento e Quattrocento, ma nel paese siciliano che conta oggi poco più di 10mila abitanti, tanti sono i richiami ed i rimandi al periodo ‘manfredonico’.
In Italia sono otto i comuni dal nome perfettamente identico, per Manfredonia non sarebbe quindi stata una circostanza eccezionale. Noi, però, preferiamo ‘l’esclusiva’, non tanto e non solo per una sana gelosia, quanto per quel sentimento che si accende in noi manfredoniani già solo pronunciando il nome di ‘Manfredonia’, mentre un mix di emozioni ci pervade per quel legame indissolubile con la nostra città, che sembra accoglierci e proteggerci quasi come una madre e che sentiamo, appunto, ‘unica’.
Maria Teresa Valente
(articolo del 25 maggio 2019)
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