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LA DOMANDA di queste ore che precedono il summit politico del centro destra di martedì sera a Roma, è: riuscirà a fare chiarezza in una situazione divenuta assurda e che ha già compromesso la consultazione elettorale in Capitanata?
LA RIUNIONE è stata convocata in fretta e furia dai Segretari/Coordinatori regionali di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, UDC, Noi Moderati, Liberali e riformisti, a seguito dell’ondata di contestazioni levatasi a Manfredonia alla notizia della candidatura da parte dei partiti di centrodestra provinciali, dell’imprenditore Gianni Rotice. Una indicazione decisa nel conclave di quei partiti senza nessun coinvolgimento di coloro ai quali quei signori si dovranno rivolgere per votarlo, vale a dire l’elettorato, i cittadini. Quali accordi innominabili si celano?
FORZA Italia e la parte degli elettori di Fratelli d’Italia Manfredonia si sono affrettati a respingere quella scelta del tutto verticistica senza alcuna motivazione. I due partiti, FI e FdI, che concentrano i voti del centrodestra (gli altri non hanno rappresentanze di rilievo in loco) hanno apertamente dichiarato che quel candidato mai l’avrebbero votato non solo ma avrebbero rivisto tutte le alleanze nei centri in cui si vota, vale a dire San Severo, San Giovanni Rotondo, Torremaggiore. In buona sostanza saltava l’intero assetto del centrodestra. Di qui la corsa ai ripari dei responsabili regionali di quei partiti per cercare una soluzione ad un problema reale incombente.
PUNTO fermo della questione è la candidatura dell’imprenditore Rotice reduce da una esperienza di governo cittadino tormentata, inconcludente, fallimentare, troncata dopo neanche due anni dagli stessi consiglieri e costellata di episodi attinenti all’attività amministrativa dei quali si è occupata la Procura delle Repubblica di Foggia che attraverso la Guardia di Finanza, ha proceduto ad emettere provvedimenti restrittivi che hanno colpito amministratori, funzionari, dipendenti di azienda partecipata. Un inquietante tracollo generale.
UNA VERA clamorosa retata che ha un antecedente nello scioglimento del 2019 dell’amministrazione comunale dell’epoca per infiltrazioni mafiose. Una matrice tutt’altro che debellata ma che a quanto gli inquirenti vanno svelando, pare serpeggi tra le attività economiche in riva al golfo garganico. E che pare trovino conferme clamorose nella inchiesta condotta dalla Magistratura che ha evidenziato un sordido intreccio tra politica e affari. Non si esclude che la Commissione parlamentare antimafia che ha annunciato di dover tornare a Foggia per «procedere ad ulteriori audizioni», si occupi anche della situazione di Manfredonia giunta ad una condizione delicatissima che mette in discussione valori fondanti della democrazia stessa.
LA SITUAZIONE è che tutto è fermo. Anche sugli altri fronti si registrano baruffe di parte e furbizie di scaltri marpioni. Ci sono anche delle rinunce. Insomma di tutto e di più per l’arrembaggio ad un Comune che geme per le ferite infertegli da concittadini niente affatto pensosi della situazione. La Politica quella sana e fruttuosa di iniziative edificanti, latita, ha ceduto il passo alle beghe, alle pretese personali, ai capricci di qualche capoccione. Tutto, fuorché pensare a come e cosa fare per far uscire Manfredonia da una situazione che definirla preoccupante è dire poco. E le elezioni sono alle porte…
Michele Apollonio
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